mercoledì 15 settembre 2010

Scorci critici di F.Ruinetti su Maurizio Rapiti


sull'opera di

MAURIZIO RAPITI

La dimensione della mente è più grande di quella del reale, così viene da credere quando si considerano i dipinti di Maurizio Rapiti, il quale spazia, nel corso della produzione, con la coerenza del figurativo, dalle latitudini dell’esperienza quotidiana alle proiezioni nel mondo surreale. Siamo di fronte ad un artista che, almeno nelle opere, rivela una forte tempra con il lampeggiare dell’originalità.
Il mattino è colmo di luce, colori, di dolce giovinezza in un quadro nel quale la vita è leggera come la musica. Due giovani, lui e lei, nella beatitudine della bellezza, loro e del creato, sono seduti in un’imbarcazione che sembra sospinta dalle note della musica. Si assiste alla primavera sempre nuova della natura e dello spirito, melodia di colori. Il suonatore della chitarra è l’artista stesso, che troviamo sulle scene anche di altre tele. La qual cosa sorprende un po’ e però convince. Il direttore d’orchestra non è mai altrove, ma partecipa all’evento in prima persona. Poi, con una certa frequenza, i colori si spogliano degli slanci luminosi, sostano nella concentrazione dei silenzi, nelle cui radure appaiono delle figure derivanti dal desiderio piuttosto che dal sogno perché sono sempre seducenti e dolci. Tali presenze femminili, forse, raccontano vari momenti di una stessa storia vissuta, che torna alla mente nei sommovimenti emozionali su un’isola di cielo fra le nuvole, in uno scorcio del paese natale oppure nell’orizzonte della solitudine.
Sovente le pitture di altri artisti del genere surreale propongono motivi desolati. Invece Rapiti, anche al di là del tempo e della realtà, va incontro al piacere di vivere.
(Franco Ruinetti)