giovedì 30 maggio 2019

La campana della monaca (by Franco Ruinetti)

 



LA CAMPANA DELLA MONACA



La memoria possiede uno specchio speciale che ripete le cose, non solo quelle esteriori, fisiche, ma anche quelle interiori, come i pensieri. Questa facoltà, talvolta, mi fa fare grandi salti per riportarmi all'età in cui ero pervaso da una curiosità senza freni. Non so quanti anni avessi, ma era l'epoca del mio primo mattino quando mi rivedo in quella casa grande. La mamma era giovane e si faceva i boccoli con una particolare pinza che scaldava sui carboni ardenti del fornello. Mi rivedo in un alone di luce immerso nella solitudine volta all'attesa. Volli provare quel ferro, non so, forse per essere più grande, più bello o soltanto per colmare un po' di spazio del tempo, fatto sta che mi abbrustolii una ciocca di capelli causando cattivo odore, ma questo episodio passò quasi liscio con una sola sgridata che fu come una nuvola veloce e non si ripeté anche per il motivo che la pinza sparì dal suo solito posto.

Lo specchio delle rimembranze mi ripropone fanciullo, come sospeso nel tempo, senza amici eppure non volevo andare all'asilo dove, quando mia sorella mi aveva portato, avevo preso a calci negli stinchi la maestra. Comunque il periodo del mio confino in casa penso non fosse durato molto, però la lancetta corta della sveglia mi pareva sempre inchiodata nel mezzo del mattino. Il mio problema era bruciare la pena dell'attesa e quella volta, in parte, ci riuscii sfregando e consumando uno ad uno tutti i fulminanti di una scatola. Altre volte davo sfogo alla curiosità di vedere cosa c'era dentro alle cose. Sventrai un bambolotto spelacchiato e, quando lo vide, la mamma disse: “Hai fatto bene.” Un'altra volta aprii, con un coltello in funzione di cacciavite la grossa sveglia sepolta in un cassetto del canterano, le cui rotelle dentate si sparsero sul pavimento a mattoni e il ricciolo di una molla schizzò chissà dove rasentandomi un orecchio. La mamma disse: “Era vecchia.” C'era poi il salvadanaio di coccio sulla vetrina, alto quanto il boccale dell'acqua. Era un ometto panciuto, dalle belle gote rubiconde, con la feritoia sulla gobba per l'introduzione delle monete. Aveva gli occhi grandi che mi guardavano provocatori. Volli vedere com'era fatto dentro. Lo mandai in tanti pezzi e quegli occhi continuarono a fissarmi separatamente.

Io non mi giustificai, la mamma volle pensare che mi fosse caduto e disse: ”Pazienza.”

Quando la mamma veniva per preparare il pranzo, mia sorella tornava dalla scuola e spesso arrivava anche il gatto, per me finiva la prigionia nel silenzio. Episodi lontani, sempre più, non felici eppure velati di nostalgia. Ogni tanto mi viene spontaneo ripassarli tutti, ma quello che m'ha a lungo lasciato un senso di pentimento mi porta sulla ribalta la suora. Il fatto è questo: una mattina mia madre era rimasta a casa e la religiosa, che doveva farle una puntura, era in piedi lì in mezzo alla cucina, solenne, con la grande campana della gonna che la copriva fino quasi a terra. Allora, d'improvviso, fui rapito dal desiderio incontenibile di sapere cosa ci fosse sotto quella cupola scura. Cominciai a gattonare, sollevai il sipario e guardai in alto. La monaca si divincolò, incespicò, quasi cadde. Vidi o ebbi l'impressione di vedere, nel buio, il pallore di un petalo lunare. Successe un gran trambusto e io feci a tempo a scappare a gambe levate. Mia madre mi rincorse con le grida anche quando ero al largo, nella strada. Di seguito mi nascosi nel sottoscala per un paio di ore. Capii d'averla fatta grossa.

Da quella volta non ho più rotto gli oggetti per guardarli dentro. Mentre non m'è mai passata la voglia di vedere cosa nascondono certe campane.


Franco Ruinetti
Illustrazioni di Man

lunedì 27 maggio 2019

venerdì 24 maggio 2019

Appuntamento da non perdere con Melisciano Arte a San Giustino Umbro



 
Appuntamento da non perdere a San Giustino Umbro con l'evento organizzato da Melisciano Arte. 
Nell’ambito di Percorsi d’Arte 2019 prende avvio la II° edizione della BIENNALE MELISCIANO, mostra d’arte contemporanea (pittura, scultura, fotografia, video e installazioni), che si terrà dal 25 Maggio al 23 giugno 2019 presso Villa Magherini Graziani in località Celalba di San Giustino (PG). 
Nell’edizione del 2019 si affiancheranno due manifestazioni artistiche; il salone centrale sarà destinato alle opere degli artisti Frammentalisti, le altre sale, saranno destinate alla Biennale per ospitare 9 artisti.
La Biennale vuole essere la giusta evoluzione di un lungo percorso espositivo che ha portato a San Giustino innumerevoli artisti di fama Nazionale ed Internazionale. MeliscianoArte vuole con questo evento dare uno spazio di qualità a tutti quegli artisti che intendono realizzare le loro mostre personali; gli artisti individuati potranno scegliere uno dei 9 spazi in base all’ordine di adesione; spazi che gestiranno a loro piacimento con il supporto dei membri dell’Associazione. Il TEMA di quest’anno è: SEGNO#SOGNO#SIMBOLO

martedì 21 maggio 2019

Il concorso di pittura (by Franco Ruinetti)

 


IL CONCORSO DI PITTURA

Fighille, tutto l'anno addormentata nel seno della valle, si sveglia d'improvviso in occasione della festa patronale quando si svolge anche il concorso di pittura da me frequentato non certo come autore, che mi piacerebbe esserlo, però non ne ho la stoffa, ma perché membro della commissione giudicatrice. In quei due giorni all'inizio di ottobre arriva gente da tutte le latitudini. Questo villaggio, che non è neanche un puntino nelle carte geografiche, da qualche decennio è diventato una capitale dell'arte militante. La rassegna, che si svolge nelle sale dell'edificio scolastico e all'esterno di esso, attira una folla formicolante, che certamente fa piacere perché è la misura del gradimento, ma ostacola le operazioni degli organizzatori e della giuria, che si svolgono frenetiche soprattutto la domenica mattina quando tutto deve essere sistemato e definito.

“Franco, dov'è Franco? È tanto che lo cerco.”

“E' al gabinetto, deve pensare.”

“Non è vero, sono qui.”

“Ah, eccolo, non l'avevo visto perché mi mancano gli occhi di dietro.”

Sandro o Alessandro, l'ingegnere che si trasforma in uomo ragno, è visibile da lontano perché in alto, traballante sulla scala a libretto per appendere i quadri ai chiodi vicini al soffitto.

Sabia passa facendosi largo a fatica con un gran quadro della sezione estemporanea.

“Attenzione, la vernice è fresca.”

Ha ragione a vociare l'allarme perché io, anni or sono, non prestai attenzione così feci col lembo della giacca una bandiera bianca rossa gialla e causai altri pastrocchi.

Michele è in fondo all'ampio corridoio. Intrattiene quelle persone che vogliono vedere i quadri di dimensioni contenute. “Nelle botti piccole c'è il vino buono”. Ne ha delle cataste e le sfoglia come fossero libri. “I gioielli non sono patate”. Lui pure è un pittore, che ha fatto mostre e vinto concorsi. Però dice che non dipinge più, ma non ci credo.

“Gino, o Gino!”

“Scusa, ci vediamo dopo, sennò mi scappa un'idea.”

“Se ne va, sembra che scivoli, sarà mica incontinente?”


Non si ferma, frulla come una girandola, è il motore del concorso, ce l'ha tutto nella testa, non ha neanche fatto colazione.

Marcello è seduto all'ingresso per registrare nel computer i concorrenti. Davanti a lui staziona una fila di persone come alla cassa del supermercato nell'ora di punta. Ogni tanto anche lui scompare e l'organizzazione sembra che scricchioli, invece, tutto fila liscio.

Anche io passo da una stanza all'altra, mi fermo un po' davanti a quei quadri che pare mi chiamino, salgo al piano di sopra, scrivo qualche appunto par non dimenticare le impressioni. E c'è chi mi parla, mi rompe il pensiero.

“Chi vince quest'anno?”

“Quello che arriva primo.”

Anche gli altri componenti della giuria fanno come me, prendono visione delle opere per fare una loro personale graduatoria. Quando ci incontriamo ci scambiamo occhiate, pareri, ma più a cenni che a parole per non farci capire dai visitatori, soprattutto dai concorrenti.

Un pittore mi ferma:

“Io sono anni che vengo e non vinco mai.”

“L'importante è partecipare.”

“Bravo! Sarebbe come dire che l'importante è di avere appetito, non di mangiare!”

Non so cosa rispondere, faccio finta di avere fretta.

Ad un tratto Gino mi chiama, vuol sapere sottovoce, in segreto, cosa penso io e mi riferisce le opinioni degli altri che compongono la giuria. La graduatoria definitiva dovrà essere concordata, però c'è già convergenza sulla rosa degli aspiranti al podio. Nel frattempo spetta a me cercare argomenti per poi stilare le motivazioni e, per ordinare gli appunti in solitudine, in una piccola oasi di tranquillità, mi ritiro in camera di consiglio, al gabinetto. Il lavoro lo definirò quando la gente sfollerà l'edificio, verso le sei del pomeriggio. A quell'ora scenderà nel piazzale per la premiazione, sotto un sole garbato che ha fatto un patto con gli organizzatori perché l'atto finale dell'evento si è sempre svolto assistito dal bel tempo. E io mi siederò ad un tavolo sicuro finalmente che nessuno mi farà gli sgambetti ai pensieri.

Il concorso è ricco di premi acquisto, ma anche di altri premi gustosi, mai visti in altre rassegne culturali. Si tratta di confezioni di vino e di prosciutti. Che sono graditi e se ne spacciano molti.

Il concorso di Fighille, forse il più longevo, è la festa nazionale dell'arte. Il giorno successivo questo villaggio riposa di nuovo nel silenzio antico, che sembra di essere lontano dal mondo.

Franco Ruinetti
Illustrazioni di Man

domenica 19 maggio 2019

sabato 18 maggio 2019

Visti al museo (179) - Bardeggia

   


Il grande artista Gabiccese Guerrino Bardeggia (1937-2004), il primo artista fondatore del piccolomuseo di Fighille da febbraio 2019 è presente al MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza) con un bellissimo vaso a forma (antropomorfo) in terracotta policroma. Un grande riconoscimento nel quindicesimo anno dalla morte di una Prestigiosa Istituzione che fa onore all'opera di Bardeggia. (foto della consegna): Direttrice Claudia Casali, Marzi Alberta Bardeggia, Emanuele Gaudenzi critico d'arte della Ceramica.

giovedì 16 maggio 2019

A Gianni Gueggia il primo premio al Nuovo Ezzelino 2019

Domenica 12 maggio si è concluso con la premiazione il 41° Concorso Nazionale di Pittura "IL NUOVO EZZELINO" che, nonostante il tempo non sia stato dei migliori, ha ottenuto una buona partecipazione di artisti e di pubblico.
La giuria si è cosi' espressa:
Al primo posto è stato premiato Gianni Gueggia con l'opera "Melodia notturna"
Al secondo posto l'artista Lucio Trabucco con "Mercato a Bassano"
Al terzo posto l'artista Gianfranco Zenerato con "Tyme is only an illusion" 
Di seguito alcune immagini della premiazione:

martedì 14 maggio 2019

I viaggi d'istruzione....(by Franco Ruinetti)

 



I VIAGGI D'ISTRUZIONE



Non sono gite scolastiche, come a dire soltanto divertimento vacanzaiolo, perdita di tempo, queste uscite sono soprattutto istruttive e, ancor di più, educative. Io ho spesso dato la mia disponibilità per il ruolo di accompagnatore o primo responsabile ben sapendo che di notte avrei dormito poco e i rischi che correvo. Nei molti anni del mio servizio ho svolto questa attività scolastica dalle Alpi alla Puglia, dalla Spagna all'Ungheria. Talvolta gli alunni partecipanti erano così tanti da impegnare tre pullman. I viaggi, per gli iscritti alla scuola media, si limitavano al campo nazionale e la durata era al massimo di tre giorni. Gli alunni non davano grossi problemi anche se spesso qualche maschio si comportava come se fosse rapito dal vento della libertà e della contentezza. Le ragazze dimostravano maggiore equilibrio, procedevano a gruppetti, le amiche si tenevano per mano.

Ricordo diversi episodi carichi di un'ingenuità paradossale. Come quando uno studente mi disse sottovoce:

“La Luana non mi vuole, mi dica come posso fare.”

“Ancora è troppo presto, aspetta tre o quattro anni, vedrai che il tempo sarà tuo alleato.”

Mi guardò serio, poi deragliò senza scomporsi.

“Anche le pollastre invecchiano.”

Un altro studentello, eravamo a Bussolengo in visita allo zoo, mi confidò in gran segreto:

“Le ho dato un bacio, sarà incinta?”

“Sì, risposi, tra una decina di anni.”

Piccoli episodi spesso strampalati che sorprendono anche nel ricordo e recano sempre le luci del sorriso e della tenerezza.

Per alcuni di questi ragazzi era la prima uscita dal paese, la prima volta che si affrancavano dalle briglie dei genitori, i quali li avevano accompagnati alla partenza per affidarli agli insegnanti nascondendo nel silenzio la loro preoccupazione.

Anche le notti erano animate. Fino a tarda ora c'era chiasso sia nelle camere o nei bungalow dei maschi, come nei reparti delle femmine. Poi, quando i ragazzi si accorgevano che il professore di turno non sostava più nei corridoi c'era un fuggi fuggi da una stanza all'altra, sbattere di porte, chiasso, quindi il portiere notturno si lamentava con qualche insegnante e così via fino a quando la stanchezza, verso le prime luci dell'alba, finalmente, calava a tutti le palpebre, sipari del sonno. Al mattino l'appello era verso le sette. Qualcuno, renitente al risveglio, saltava la colazione.

Poi passai ad insegnare nella scuola superiore, all'Alberghiero di Rimini, dove per anni ebbi l'incarico di direttore. I giovani delle ultime classi, essendo già maggiorenni, avevano diritto ad una maggiore libertà e fiducia. Spesso, però, ritardavano agli appuntamenti e facevano stare in pensiero. Una volta, un alunno, a Budapest, mi chiese il permesso di andare a trovare una zia. Glielo accordai. Andò a giocare al casinò, tornò tardi e l'aspettai sulla porta fino a notte fonda. Al ritorno mi chiese di perdonarlo e m'abbracciò. Era stato fortunato, aveva vinto una discreta somma. Offrì a tutti tartine con caviale e vino.

Qualche tempo dopo raccontai l'episodio e quanto ero stato sulle spine al mio vicino di casa, vigile urbano, il quale scosse la testa lentamente e disse:

“Quando rinasco faccio il professore.”

La programmazione scolastica degli Istituti alberghieri prevede oltre alle visite di interesse storico e artistico anche quelle a rinomate strutture ricettive e della ristorazione sia in Italia che all'estero. I libri sono importanti, l'esperienza lo è altrettanto.

A Parigi, previo accordo telefonico, andammo nel famoso ristorante Chez Maxim's. Il direttore ci ospitò accogliendoci a braccia aperte. Era originario di Napoli.

“Sono contento che siate italiani come me. Se eravate napoletani sarebbe stato ancora meglio.”

Ci fece accomodare ai tavoli, chiese a due ragazzi e ad una ragazza di seguirlo. Quando tornarono i tre giovani indossavano la divisa della casa. Mi sembravano belli come il sole. Servirono, con serietà professionale, gli antipasti e l'aperitivo gentilmente offerti.

Quattro volte, per quattro anni consecutivi, accompagnai alcuni alunni ai campi di sterminio, dove mi premeva l'angoscia, sempre più: al peggio non ci si abitua. Uno dei custodi, Pablo, di origine spagnola, quando mi rivedeva, mi abbracciava. Era stato lì internato, a Mauthausen e vi era rimasto anche dopo la liberazione. Lo salutavo con un fiasco di Sangiovese. Spesso rivedo quella biondina. Somigliava a “La ragazza con l'orecchino” di Verneer. Era nella piazzola sopra il muro dei paracadutisti, dove dei prigionieri, quasi scheletri, con quella specie di pigiama a righe, nel mezzo dell'inverno, puniti per avere salito la scala della morte con una pietra giudicata piccola, irrisi, venivano spinti nel precipizio di una settantina di metri per finire a sfracellarsi sugli scogli.

Non riusciva a nascondere i rivoli delle lacrime che le solcavano le guance.

Memorabile anche il viaggio a nord est della Francia. Sostammo a Strasburgo, dove senza prenotazione, non fummo ricevuti al Parlamento. Ma fu interessante l'incontro con un prete che parlava italiano e ci presentò la cattedrale dentro e fuori. Non volle neanche un caffè, disse che quello era un giorno felice per averci conosciuti.

A Reims fui io a spiegare la famosa cattedrale gotica. Mi ero preparato la lezione a puntino.

Poi andammo alle cantine dello Champagne, dove eravamo attesi e fummo ricevuti con cordialità. Ci fece da guida una signora che mescolava l'italiano e il francese come un mazzo di carte. Ci parlò a lungo del vino che è forse il più nobile del mondo. Impressionante la cantina, enorme budello lungo una ventina di chilometri, scavato al tempo dei Romani a 25 metri sottoterra, dove c'è sempre la stessa temperatura.

In uno slargo la presentatrice andò a parlare con un gruppetto di persone e tornò tenendo sottobraccio un uomo sulla trentina, forse più. Quando lo presentò i ragazzi esplosero in un applauso. Era un attore la cui fotografia compariva sui tabelloni di tutto l'occidente, Fu simpatico, ci rivolse un saluto quasi in italiano. Poi tutte le ragazze lo assalirono per l'autografo. Meno una.

“Perché non ci vai?”

“Che ne faccio di un scarabocchio?”

Prima di partire un cantiniere regalò un cestello di sei bottiglie al nostro istituto scolastico. Non arrivò in Italia. Una sera brindammo con lo Champagne.

Una mattina io, altri due accompagnatori e una quarantina di studenti si fece sosta a Innsbruck. Mi sfugge quale fosse la meta finale. S'era nel mezzo della primavera. In un lato della piazza si svolgeva il mercato, in quello opposto sorgeva una chiesa grande con due guglie e davanti al portale, profondamente strombato, stazionava un gruppetto di persone. Ci avvicinammo. C'erano gli sposi che posavano per le ultime fotografie. Mi parevano ancora ragazzi. Indossavano vestiti tirolesi tradizionali dai colori vivaci che il sole esaltava. Li guardavamo ammirati, in rispettoso silenzio. Poi i parenti e gli amici, ad uno ad uno si avvicinarono a loro per abbracciarli e baciarli. Lo stesso fecero gli studenti che animarono la scena intonando o meglio berciando: “Branca Branca Branca – leon leon leon.” Pensai che anche il mio collega accompagnatore provasse il desiderio di mettersi in fila per lo sposo, ma non lo fece. I tempi non erano maturi. Invece lo sentii dire: “I soliti italiani, ci facciamo riconoscere!” Io fui rapito da tanta bellezza, dalla festa, dall'occasione. Mi girai, vidi a portata di mano l'insegnante di ginnastica, luminosa ad alto voltaggio, l'abbracciai e le stampai due baci. Scoppiò un applauso. Quella ci rimase come un baccalà, ma stirò le labbra in un mezzo sorriso.

La verità è che, stando con i giovani, si resta giovani fino alla pensione. Pertanto condivido il desiderio del vigile Claudio mio vicino di casa: quando rinasco faccio il professore.



Franco Ruinetti