giovedì 16 settembre 2010

Scorci critici di F.Ruinetti su Gianni Gueggia


sull'opera di

GIANNI GUEGGIA

Una diversa e strana armonia, una mai pensata e recondita bellezza, così come figure improbabili e comunque perfettamente in linea con quelle solite di tutti i giorni vengono incontro allorché si considerano le opere pittoriche di Gianni Gueggia. Si vedono nei campi delle tele, in genere, delle presenze femminili corali, due, tre o più giovani dalle grandi mani con le lunghe dita che danzano su alcuni strumenti musicali veri o ipotetici, quasi interamente descritti o quasi interamente da immaginare. Che facce quelle facce! Pare siano collegialmente uscite da una unica idea ricorrente. Si somigliano. Perché sono così? Vengono dal sogno, dalle lontananze della fantasia o escono tutte realmente dalla porta accanto? Ma forse questi interrogativi non hanno senso. L’importante è che queste immagini coinvolgono, chiamano dentro, perché in esse insiste una forza quieta che attrae, conduce altrove.
Il lettore vuole capire, sosta, tende l’attenzione. Avverte l’insistenza e la magia dell’equilibrio, un ritmo di forme e luci che veleggiano sulle note musicali della tavolozza.
Ogni dipinto rappresenta  un capitolo a sé stante e compiuto, ma può anche essere considerato come parte di un grande racconto. I colori variano in continuazione, mutano quasi sfumando senza mai raggiungere il chiasso delle massime luci, si addensano ora, poi si sbriciolano fino al pulviscolo del rosso, alle dissolvenze del marrone.
Ma ecco ancora quelle facce. Hanno zigomi forti e, spesso, hanno il mento esasperato. Forse non interpretano l’avvenenza femminile, di certo recano i segreti dell’arte.
(Franco Ruinetti)