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mercoledì 19 gennaio 2011

Marzelli Pasquale


PASQUALE MARZELLI è nato ad Arezzo dove vive e lavora.
Dagli anni Settanta si dedica attivamente alla pittura esponendo in mostre personali e collettive.
Ha partecipato ai piu’ importanti concorsi nazionali ottenendo riconoscimenti e premi fra cui il Premio Nazionale di Fighille ove è piu' volte premiato.
Nel 2001 realizza il bozzetto per la lancia d’oro della 'Giostra del Saracino' di Arezzo.

Importanti, nella sua carriera artistica anche questi eventi: 
Personale Palazzo Pretorio di Poggibonsi (1980); Rassegna 'Diario Ottantasette' ex Chiesa di S.Ignazio, Galleria d’arte contemporanea – Arezzo (1987); Rassegna 'Omaggio a Maria' – Arezzo (1988); Personale 'Il mito dell’arte' - Castiglion Fiorentino (1989); ETRURIARTE 2 - Venturina – Livorno (1989); Quattro artisti per: Libertè, Egalitè, Fraternità Casa degli artisti – TENNO – TN (1989); Personale 'SENTIMENTI' Galleria Centro lavoro Arte – Milano (1990);  Collettiva 'Arte una rivoluzione permanente' Galleria saepta Claudia – Foligno (1990); Collettiva Pinacoteca Comunale ex Chiesa di S. Floriano – Jesi (1992); Personale 'Il Colle degli ulivi' Rigomagno – Siena (1996); Personale Biblioteca comunale Torrita di Siena (1999); Collettiva 'Il paesaggio nella pittura toscana contemporanea' Biblioteca comunale Torrita di Siena – SI (2000); 'Identità allo specchio' artisti contemporanei ex convento del Carmine – Firenze (2000); Collettiva Regensburg (Germania) (2002); Personale 'Paesaggi toscani tra sogno e realtà' Montefollonico — SI (2004); Personale Castiglion Fiorentino (Maggio Castiglionese) (2004); Collettiva castello di Donnenlohe-Germania (2005).

È presente la prima domenica di ogni mese nel Chiostro della Bicchieraia con il '"Cenacolo degli artisti aretini'.



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Enzo Maneglia


Enzo Maneglia è originario di Zonguldak nella lontana Turchia ma vive ormai da molti anni  a Rimini.
E' da sempre un disegnatore. Pubblicò le prime vignette sul giornale cagliaritano Pepe e sale, poi, dal 1956, sul Travaso di Guasta di cui ben presto diventerà collabo­ratore fisso per "meriti speciali": Mane­glia aveva infatti ideato la "plastivignetta", una composizione plastica, scenogra­fica, ambientata, in cui cercava di unire il reale all'artificiale. Gli valse la medaglia d'oro alle Olim­piadi dell'Umorismo di Parma, nel 1960.
Ormai affermato, Maneglia vi­de pubblicate le sue vignette anche su periodici come Calandrino, Ber­toldo, Candido (il settimanale umoristico fondato nel 1945 da Giovanni Guareschi), e su numerosi quotidiani. Uno di questi, "L'avvenire d'Italia", pubblicò vi­gnette e caricature di personaggi della politica e del mondo dello spettacolo. 
Numerose e di successo le sue mostre personali  (ricordiamo quelle di Tolentino e Pescara) e le partecipazioni a vari concorsi  (Lanciano, An­cona, Pescara). 


Oltre che come disegnatore diventa celebre per le sue riproduzioni in polistirolo. Cosi' ne parla  Luigi Morgione:
"....il suo spirito estroso di­venta efficace e corrosivo nell'uso che fa del polistirolo per riprodurre i personaggi più importanti del nostro tempo
Si tratta di una serie di busti che costituiscono una straordinaria galleria di passioni e di vanità. Qui la disposizione umoristica di Maneglia resta ugualmente estranea ad ogni cattiveria, ma la sua capacità di co­gliere i momenti più individuanti dei nostri miti quotidiani è di una sotti­gliezza impareggiabile. Il materiale fragile e duttile sembra ancora in mo­vimento, e i tagli e gli scarti comuni­cano vitalità ai minimi spazi. 

Andreotti plasmato nel polistirolo da Enzo Maneglia
Cosic­ché alla fine ti accorgi che Maneglia è riuscito a rubare ai modelli la loro ve­rità e a perfezionarla, ingigantendola senza deformarla: un gioco di mobili­tà e di ombre che prolunga la vita dei personaggi in una sfera d'arte nella quale non c'è posto più per le mistifi­cazioni e l'uomo è solo con la sua umanità, ridicola o meschina ma sempre vicina alle sue normalità. Si vedano i busti di La Malfa e di Carter in particolare: la se­rietà un po' altezzosa del primo, l'aria disorientata e stupita da improvvisatore dell'altro restano evi­denti all'occhio ma non hanno ne freddezza ne fissità, intenti come so­no essi a continuare un discorso a una platea che li ha già giudicati."

Nella serie dei polistiroli è celebre il busto di Federico Fellini che fu donato direttamente al Maestro al Gran Hotel di Rimini il 25 settembre 1983 in occasione della presentazione del film “E la nave va” e che  attualmente è conservato  presso il Museo Fellini di Rimini.
Il Fellini in polistirolo di Enzo Maneglia
Altro busto celebre è quello dedicato al presidente Mao Tse-tung (1893-1976) visto all’apice del suo “culto della personalità”. Noto in Cina come il “Quattro volte grande”: “Grande Maestro, Grande Capo, Grande Comandante Supremo, Grande Timoniere”, fu riprodotto in polistirolo da Maneglia ed esposto per la prima volta alla Biennale Internazionale dell’Umorismo nell’Arte di Tolentino nel 1979.

Il Mao Tse-tung in polistirolo
Nel 2011 dona il busto di Enzo Bearzot al piccolomuseo di Fighille. Nelle pagine seguenti potete trovare ulteriori informazioni: 1 / 2 /3 / 4
Altre informazioni possono essere trovate qui e qui.

Di Enzo Maneglia parla Franco Ruinetti nella nota di presentazione dell'opera riprodotta qui sotto:  

"Quelli di Maneglia sono paesaggi della mente, ma i protagonisti non sono lontani, perché abitano i nostri giorni, la strada, le piazze. 
Si assiste al gioco di un uomo, col carretto e i suoi scatoloni, che non lacera e pressa, al contrario li rispetta come qualcosa di estremamente importante. 
Hanno spesso un equilibrio incerto, il fiato sospeso su un incantesimo che potrebbe anche rompersi. 
Siamo sulle scene di un disegnatore sottile, dal linguaggio scaltrito, che sa condurre l'interesse all'analisi del dettaglio, che distilla l'illusione al microscopio, che subito induce al sorriso, non fine a se stesso, perché può trasformarsi in piega storta, bocca gualcita. 
E' l'umorista che fa lo sgambetto, così ognuno intrampola sui propri scatoloni e resta sorpreso perché pensava di evadere in una vacanza dell'impegno, invece si trova impigliato in questi cartoni che non si possono più buttar via perché ci siamo maledettamente dentro".


Clicca qui per visualizzare un suo lavoro dedicato a Fighille
Altre informazioni sull'autore qui.

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mercoledì 13 ottobre 2010

Cavedon Giampietro



Giampietro Cavedon vive e lavora a Marano Vicentino (VI).
Avendo iniziato a dipingere e ad esporre giovanissimo, da anni partecipa ai piu' importanti concorsi nazionali ove ottiene vittorie e riconoscimenti. Vince, fra gli altri, la Biennale di Civitella della Chiana e i concorsi di Arco, Asolo, Schio, Zugliano, Fratta Polesine.
Ottiene premi importanti al Premio Agazzi di Mapello, alla Biennale di Soliera, alla Biennale di Osio di Sotto, al Premio G.B.Cromer di Agna, al Premio di Cordignano, al Premio Chimera di Arezzo e alla Biennale di Fiume Veneto. 
Premiato piu' volte anche al Premio Nazionale di Pittura di Fighille. 
Ha partecipato ad esposizioni italiane, europee ed internazionali.
Molte opere fanno parte di collezioni pubbliche e private, in Italia e all'estero. In particolare sue opere sono esposte a Bruxelles, Roma, San Francisco, New York e Barcellona.

Ecco alcune immagini di sue opere recenti:



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lunedì 4 ottobre 2010

Lydia Brolli


Lydia Brolli Maneglia nasce, vive e lavora a Rimini. 
Frequenta l'Accademia d'Arte di Urbino. Espone in Italia e all'estero ottenendo numerosi riconoscimenti e consensi di critica. Insegnante di Educazione Artistica nelle Scuole Medie Statali di Rimini. 

Cosi' ne parla il prof. Franco Ruinetti: "Iniziò a dipingere quando era giovanissima, andava ancora a scuola. Frutta, fiori, panni stesi ad asciugare avevano tutte le voci e le modulazioni dei colori, ma erano esercitazioni, canzoni intonate con i timbri dispiegati della tavolozza. Questi lavori incontravano consensi e incoraggiamenti, ma la Lydia non era soddisfatta. Lei, così estroversa, che trova piacere nel coltivare le amicizie, apprese il piacere di immergersi nel gorgo del silenzio per sfrondare i soggetti, gli argomenti da dipingere per enucleare i motivi essenziali come ad esempio le risonanze delle luci e delle ombre in un bosco, in una composizione floreale o anche in qualche paia di scarpe e ciabatte apparse alla rinfusa in un angolo della fantasia.


Nella produzione s'incontrano con frequenza delle persone che non hanno valore di ritratti perché l'opera di sintesi scava, rappresenta l'interiorità, i sentimenti. Si possono vedere lui e lei, due anziani seduti su un gradino, senza gli aloni della venustà, perché è certo, così testimonia anche kandinskij, che la bellezza del soggetto non equivale a quella del quadro. Le loro mani sono grandi. Vestono gli indumenti da lavoro. Le teste un po' abbassate non lasciano vedere i volti, che non hanno importanza perché i veri protagonisti dell'opera d'arte sono la dolcezza, l'affetto che i sacrifici, spesso le privazioni, hanno temperato.
I quadri di Lydia, quelli della maturità, riescono a stabilire un rapporto di confidenza con chi presta loro attenzione.  


Talvolta si vedono dei lavoratori, come contadini o pescatori e si capisce che l'autrice rappresenta sulla ribalta delle tele la vita dura, la fatica che non ritiene di declamare con la grancassa dei colori. 
Mette conto soffermarsi sull'aspetto cromatico caratteristico delle sue tele, che non sono certamente monocromatiche. In esse si evidenzia un sicuro rapporto di continuità tra lo spazio vuoto e gli argomenti protagonisti, uomini o cose. Ecco, tanto per stare nella concretezza, che in un dipinto s'accende diffusa, uniforme, una tinta ocra che poi s'addensa, increspa, si muove sfibrandosi verso il bianco, cede altrove ai chiarori del giallo, per dare vita, in modo consequenziario, ad un personaggio immerso nel suo lavoro quotidiano. Pochi colori, ma che parlano, suonano la musica del tempo che scivola simile all'acqua del fiume, aprono miraggi imprendibili come la poesia.


L'artista lavora di getto, non cede ai ripensamenti. Il disegno è sicuro e non si attarda a cesellare i dettagli. Le immagini, che, come sopra detto, traggono vita dallo spazio, vengono da distante nelle tregue di proficue meditazioni. Levitano tra realtà e sogno. Ecco: incontriamo un'adolescente, che ha trovato rifugio nella solitudine per riposarsi e raccogliere i propri pensieri. Sembra detta sotto voce. Si presenta con la consueta chiarezza del linguaggio figurativo, ma è anche labile, quasi una visione.
Il passato è depositario della giovinezza e Lydia lo recupera con pennellate rapide e volanti che lasciano strisce , segni, macchie più o meno diffuse e leggere. Talvolta alcune opere, a prima vista, possono sorprendere e apparire strane, ma poi chiedono partecipazione e parlano di immagini complete quanto suggestive. Al proposito vale ricordare, tra vari altri, un quadro con i candelabri, dove il verde prevalente ora ha echi che sfumano nel grigio, ora lentamente svanisce nel bianco. Lo stesso dicasi a proposito di certi dipinti con scorci silvani. Ad un primo impatto non si comprendono, poi è come se s'illuminassero e quei movimenti cromatici diventano erba, sottobosco, piante. Sono interessanti e piacevoli.


Le pitture di Lydia Brolli Maneglia, che per il giusto equilibrio tra contenuto-forma rifiutano ogni esultanza cromatica e si distinguono invece per discrezione, garbo, restano in mente perché nei termini dell'originalità e con l'impronta dell'arte, di volta in volta, rappresentano e trasmettono un sentimento che è di tutti. Quello della nostalgia.

 

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http://fighillearte.blogspot.it/2010/10/opere-di-lydia-brolli-nel-museo.html

Tristano Casarotto



Tristano Casarotto è nato a Rosà, in provincia di Vicenza, nel 1946. Vive e lavora a Bassano del Grappa. Dopo l'insegnamento si dedica esclusivamente all’arte. 
Fa parte del Gruppo Artisti Comunità Montana del Brenta ed è promotore ed organizzatore da vari decenni di numerosi concorsi a carattere nazionale. Ha partecipato e partecipa attivamente a rassegne e concorsi nazionali ed internazionali conseguendo notevoli premi e riconoscimenti dalla critica, dalla giuria e dal pubblico. Conosciuto ormai in campo nazionale ed internazionale ha allestito personali in varie località italiane ed europee. Sue opere figurano in California, in Venezuela, in Sud Africa, in Australia, in Bangkok ed in diversi stati europei.
Della sua attività artistica si sono occupati i critici: Abis, Andreose, Bertacchini, Bertamini, Casagranda, Demattè De Minico, Domestici, Fazia, Jacobelli, Magnolato, Maugeri, Morales, Niboldi, Pone, Portalupi, Rigoni, Pizzetto, Rizzi, Romiti, Semenzato, Stefani, Tassan, Tavella, Tessari. Ecco alcune sue opere:



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http://fighillearte.blogspot.it/2010/10/opere-di-tristano-casarotto-nel-museo.html

domenica 3 ottobre 2010

Carmelini Fabiola

 

Fabiola Carmelini, vive e lavora a Verona. E' molto attiva sulla scena artistica nazionale dove partecipa alle piu' importanti rassegne di pittura nelle quali ottiene l'apprezzamento del pubblico e della critica, riconoscimenti e premi.
Intensa la sua attività espositiva che, soprattutto in collettive, la porta ad esporre in molte città italiane.Dal 2015 una sua opera è conservata presso il Piccolomuseo di Fighille (Pg).  


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http://fighillearte.blogspot.it/2010/10/opere-di-roberto-vettoretti-nel-museo.html

sabato 2 ottobre 2010

De Benedictis Nicola


Nicola De Benedictis nasce a Bari ma vive da molti anni in Lombardia. Inizia la sua attività artistica nel 1968, prima come autodidatta e poi come allievo del pittore R.Catani. Successivamente si diploma a Como presso il Corso Superiore di Disegno tenutosi presso la Fondazione Ratti.
Partecipa da sempre ai piu' importanti concorsi nazionali riscutendo importanti affermazioni. E' stato piu' volte premiato al Premio Agazzi di Mapello, alla Biennale di Soliera, al premio Antonello da Messina di Legnano, alla Biennale di Civitella della Chiana, alla Biennale di Osio di Sotto e al Premio Nazionale di Pittura di Fighille che vince, nella sezione extempore, nel 2015.
Fa parte del gruppo nazionale di artisti "En Plein Air" con cui ha esposto in collettiva in varie parti d'Italia fra cui a Bormio, a Troina e a Fiumefreddo.


Intensa è anche la sua attività espositiva in mostre personali e collettive in Italia e all'estero. Le sue opere sono state recentemente esposte in Spagna, nella città di Lleida e negli Stati Uniti presso la Galleria RE Welch Gallery di Seattle Washington.
Nel 2011 è fra gli artisti selezionati per la Via Crucis Fighille-Santuario di Petriolo. Realizza la V° stazione oggi conservata presso la Chiesa di San Michele Arcangelo in Fighille. Dal 2015 una sua opera è esposta in permanenza presso il Piccolomuseo di Fighille (Pg).  
Ecco alcune immagini di sue opere: 



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Tosi Mario

 

Mario Tosi è nato a Cavriana, in provincia di Mantova. Vive e lavora a Peschiera del Garda. Diplomato all’Istituto d’arte di Guidizzolo sotto l’egida di Alessandro Dal Prato, ha preso parte a numerose rassegne e concorsi d’arte ottenendo ampi consensi di critica e pubblico. Oltre un centinaio sono, fra l’altro, i primi premi conseguiti in varie manifestazioni artistiche, segno della duttilità del suo comporre creativo. Ha tenuto personali a Verona, Lonato, Soncino, Salsomaggiore Terme, Bussolengo, Vicenza, Udine, Thiene, Carpi, Bartinoro e in altri importanti centri. Dei suoi lavori si occupa spesso la stampa periodica e specializzata.


Ha allestito numerose personali e ha partecipato alle maggiori rassegne collettive d'arte nazionali ottenendo citazioni e riconoscimenti, fra cui il Premio FighilleArte dove è stato piu' volte premiato. Sue opere figurano in molte raccolte pubbliche e private. E' presente, dal 2015, nella collezione permanente del piccolomuseo di Fighille. La sua attività è stata recensita in riviste e quotidiani nazionali ed esteri.


Di lui scrive Simone Fappanni: «Lo stile di Mario Tosi si configura come un personalissimo realismo, di chiara intonazione poetico-evocativo, che si avvale di una definizione, meticolosa ed estremamente attenta, del soggetto. Ogni particolare, seppure minimo, non viene tralasciato, tanto che le immagini che ne derivano suscitano un trasporto veramente particolare. Nonostante questa cura del dettaglio non siamo di fronte, come sarebbe legittimo supporre, a una esperienza tipicamente iperrealista con inclinazioni corsive o meramente didascaliche. Al contrario, l’arte di Mario Tosi possiede il dono del lirismo e della purezza, per cui ogni cosa diventa viva e pulsante, capace di trasmettere emozioni che lasciano un segno profondo nella mente dell’osservatore. L’impaginazione di ogni quadro, dunque, segue un ordine preciso e inappuntabile: la stesura del colore, vera anima dell’iter compositivo del pittore, viene condotta secondo una scansione che accentua quei particolari luministici che conferiscono all’insieme una sorta di “dinamismo sincopato” per cui il ritmo visivo diventa campitura estremamente coesa. 



Lo si osserva, ad esempio, nelle marine, dove la prospettiva si amplia fino a lambire un orizzonte lontanissimo, per giungere al quale l’occhio attraversa innumerevoli elementi, naturali e antropici, che condividono uno spazio che si dilata ad libitum, quasi oltre la superficie stessa della tela. In questo modo l’impressione si trasforma in emozione. Nelle marine di Tosi, o meglio, secondo la più precisa definizione dello stesso autore, negli “ambienti marini”, che dipinge con vivace piglio espressivo e sincero trasporto, ogni barca, ogni flutto, ogni anfratto, ogni specchio d’acqua, risulta immerso in un’armonica concertazione che lascia senza fiato. Ne è un eloquente esempio la serie di lavori dedicati a Venezia e al paesaggio lagunare. Ma questo procedere lo si osserva, analogamente, quando l’artista dipinge delle vedute e o degli scorci urbani. In questo caso troviamo delle aeree trasparenze che, come lame chiaroscurali, segnano la verticalità degli edifici e la loro imponenza, tracciando parallelismi che vanno dall’antichità a oggi secondo una linea temporale che travalica il solo campo riflessivo, mediante quell’oggettualità latente delle cose in grado di spostare continuamente l’angolo visuale e ideativo. Coerentemente a tutto ciò, Mario Tosi, nell’eseguire nature morte, anche se, in questo caso, si dovrebbe parlare di “still life”, secondo la denominazione anglosassone, dato che la privazione della vita non pare presente in questi soggetti, mantiene quella pregnanza meta-rappresentativa che s’incardina profondamente in un sentire che, ne siamo certi, dimostra un grandissimo amore e un sincero rispetto per tutti gli elementi rurali, mai giustapposti, ma frequentemente incastonati in ambienti e situazioni sottilmente onirici». 



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