In
vista del nuovo concorso di pittura di Fighille, in programma il 6-7
ottobre 2018, riproponiamo alcuni testi tratti dai cataloghi delle
edizioni precedenti.....
Mi capita di ricordare i giorni del concorso.
Succede raramente perché, pur essendo io tutto in pensione, è difficile che mi
ritrovi uno spigolo di tempo libero. Comunque rivivere mentalmente la rassegna
di Fighille è un piacere, ma con qualche inevitabile ombra. Sfoglio lentamente
alcuni cataloghi, scorro anche le pagine della memoria. Ripenso a come siamo
pervenuti a stabilire le graduatorie delle opere e, qualche volta, ho dei
ripensamenti, incertezze, nebbia nella mente. Il fatto è che le operazioni si
svolgono in fretta, frammentate in una girandola di impegni, domande, sgambetti
alla riflessione. C'è una moltitudine di persone vaganti che, ad ogni quadro,
fanno una stazione. Tra queste ci sono anche i titolari dei premi acquisto.
Essi stanno maturando le loro idee, che sono importanti ai fini della
classifica finale. Un tizio con l'orecchino mi scagliò una domanda a bruciapelo
che mi suonò stonata:
“Quanto
può valere questo quadro?
“Quanto
un vitello.
“E un
vitello quanto costa?
“Che ne
so, non sono un macellaio!
Mi sono formato la convinzione che il genere
astratto non ottenga la meritata considerazione. A Fighille è premiato poche
volte. Forse perché si esprime con un linguaggio inaccessibile e non è ritenuto
adatto a tutti i salotti. Invece mi ricompaiono davanti, ancora dopo tanto
tempo, alcuni quadri. E, tra gli altri, uno di Censini, che quella volta, non
vinse, peccato! In esso, nello scenario di un'alba fiammeggiante che rompe la
notte, lumeggiavano frammenti di un verde come quello delle prime foglie a
primavera, sprazzi di biondo spumeggiante di giovinezza e un'infinità di note
cromatiche in accordo con vibrazioni del bianco per intonare diffusamente una
canzone della luce. Me n'ero innamorato e continua a chiamarmi. Giro le pagine
e mi si ripresentano alcuni dipinti, anche sui muri, dove erano attaccati o sui
cavalletti. Me li godo lontano da quel via vai, da quel frastuono. Non ci sono
neanche i pittori a distrarmi. Solo solo, parlo direttamente con le loro anime,
che hanno le voci della tavolozza.
Ora passeggio nel catalogo che riassume la mostra-
concorso 2016 partecipata da artisti e pubblico quanto le precedenti edizioni,
anzi ancora di più delle altre. E' stata una festa e un successo che hanno
ripagato l'impegno profuso dagli organizzatori della Pro Loco. La palma del
vincitore è andata a Cavedon che ha proposto l'interno di un'abitazione
emergente dal tempo, sfuocata nella memoria. A lui è seguito in classifica
Viviani per le sue donne. L'eleganza dei loro atti e delle presenze compete con
la venustà dei fiori. Ecco poi Massolo. Indicando questo autore la giuria
popolare e quella tecnica non sbagliano mai. E' un maestro del colore di larga
esperienza. Essi hanno ottenuto i premi più prestigiosi. Con merito. Ma di
artisti contigui ai loro livelli, a mio parere, ce ne sono altri, che pure
hanno ricevuto consensi, menzioni, riconoscimenti e compensi di varia natura.
Questi non sono saliti sul podio perché non li poteva contenere.
A Fighille
ogni anno si svolge un capitolo nuovo, a sé. Salvo qualche eccezione, si
annoverano ai primi posti artisti sempre diversi. Così l'alloro per i più bravi
c'è sempre. E' solo questione di tempo.
Di seguito menziono fugacemente i pittori che
ancora non hanno ottenuto le massime soddisfazioni, ma almeno, e lo ripeto,
solamente a parer mio, sono in lista d'attesa. Al proposito consulto anche gli
appunti delle mie sensazioni e mi scuso per le molte omissioni dovute, in primo
luogo, alla mancanza di organizzazione, al mio disordine. Non è la prima volta
che ritorno sulla composizione pittorica di Roberto Nezzi così articolata,
pulita, nitida, allusiva. Si sviluppa tra la realtà e i vapori della fantasia.
Il disegno e la sensibilità cromatica sono evoluti. C'è qualcosa che mi sfugge,
non capisco. Eppure mi piace.
Poche le opere presentate che si distinguono nel
versante dell'astrazione. Mi convince quella di Mauro Maltoni, che ricordo
eccellere, in passato, nelle vedute realistiche. Il colore si muove in
corrugamenti tra scaglie d'ombra, il grigio e viluppi di bianco. E' come se una
parete multiforme di pietra, al vertice, si sublimasse in vapore. Molti,
invece, sono i dipinti che meritano attenzione e spaziano dal figurativo ad un
equilibrato espressionismo.
Renzo Regoli ha riempito una tela di cielo e di
mare, non altro. C'è soltanto l'infinito. Dopo di lui sosto, sotto casa, in uno
spiazzo di Nicola De Benedictis. E' uno scorcio consueto, uno di quelli che si
calpestano tutti i giorni e non ci si fa caso, ma fanno parte della nostra
vita. Nei colori consunti si avvertono gli echi della poesia. Antonello Riommi
ha portato a Fighille un vicolo antico. Si tratta di una scalinata serpeggiante
tra alti palazzi, che si fronteggiano, dagli intonaci sbrecciati, dove
s'abbarbica qualche ciuffo di verde. Non c'è anima viva. Potrebbe comparire
all'improvviso un inquilino della storia locale. Le melagrane spaccate di
Marinella Falcomer si prestano ai vocalizzi cromatici. Gli acini saltano sulle
trame del bianco, s'accendono di rosso rubino che diviene più scuro. Sono sulla
terra nuda, sul marcire del verde, mentre volano lembi e strappi di colori ora
chiari, ora densi, che fanno viva la natura morta. Claudio Pompeo ha presentato
al concorso una tela con una strada che attraversa un paesaggio silvano. Anche
la normalità può assurgere alla nobiltà dell'arte. La luce ultima del
crepuscolo ha qualche rimbalzo sui motivi in primo piano, poi le piante
diventano ammassi di ombre più o meno folte. Al racconto mesto del giorno che
affoga nella notte corrisponde uno stato d'animo che si perde nella solitudine.
Un altro bel quadro è quello di Sandra Finardi. E' un paesaggio campestre con
la neve, dipinto in termini realistici. La campagna è la grande tomba del
silenzio. Ma all'orizzonte s'intravvede un velo di rosa. E' il disgelo della
malinconia. Suona la grande orchestra della natura nel dipinto di Enzo Della
Rina, che, a tutto titolo, appartiene al genere figurativo. Le foglie
differenti degli arbusti sono brevi note cromatiche. Esse si sciolgono
nell'aria e rimbalzano nel ruscello, che è vivo per quel continuo sottofondo
del gorgoglio.
In questa sede confermo con convinzione i risultati
del concorso nazionale di pittura, edizione 2016.
Ho partecipato anch'io alla formazione della
graduatoria e, se la contestassi, sarei apostata, mi darei la zappa sui piedi.
Però qui ho finto di auto eleggermi giudice monocratico, che, cioè, decide da
solo, quindi non litiga con nessuno. Ho arbitrariamente allargato a dismisura
il podio e, se ci ripenso, dovevo ampliarlo ancora di più. In conclusione mi
sono divertito. E ho sempre avuto ragione.
Franco Ruinetti