mercoledì 12 settembre 2018

Introduzione al Fighille2018 con i testi dei cataloghi delle edizioni precedenti.....(2)


In vista del nuovo concorso di pittura di Fighille, in programma il 6-7 ottobre 2018, riproponiamo alcuni testi tratti dai cataloghi delle edizioni precedenti.....
Mi capita di ricordare i giorni del concorso. Succede raramente perché, pur essendo io tutto in pensione, è difficile che mi ritrovi uno spigolo di tempo libero. Comunque rivivere mentalmente la rassegna di Fighille è un piacere, ma con qualche inevitabile ombra. Sfoglio lentamente alcuni cataloghi, scorro anche le pagine della memoria. Ripenso a come siamo pervenuti a stabilire le graduatorie delle opere e, qualche volta, ho dei ripensamenti, incertezze, nebbia nella mente. Il fatto è che le operazioni si svolgono in fretta, frammentate in una girandola di impegni, domande, sgambetti alla riflessione. C'è una moltitudine di persone vaganti che, ad ogni quadro, fanno una stazione. Tra queste ci sono anche i titolari dei premi acquisto. Essi stanno maturando le loro idee, che sono importanti ai fini della classifica finale. Un tizio con l'orecchino mi scagliò una domanda a bruciapelo che mi suonò stonata:
“Quanto può valere questo quadro?
“Quanto un vitello.
“E un vitello quanto costa?
“Che ne so, non sono un macellaio!
Mi sono formato la convinzione che il genere astratto non ottenga la meritata considerazione. A Fighille è premiato poche volte. Forse perché si esprime con un linguaggio inaccessibile e non è ritenuto adatto a tutti i salotti. Invece mi ricompaiono davanti, ancora dopo tanto tempo, alcuni quadri. E, tra gli altri, uno di Censini, che quella volta, non vinse, peccato! In esso, nello scenario di un'alba fiammeggiante che rompe la notte, lumeggiavano frammenti di un verde come quello delle prime foglie a primavera, sprazzi di biondo spumeggiante di giovinezza e un'infinità di note cromatiche in accordo con vibrazioni del bianco per intonare diffusamente una canzone della luce. Me n'ero innamorato e continua a chiamarmi. Giro le pagine e mi si ripresentano alcuni dipinti, anche sui muri, dove erano attaccati o sui cavalletti. Me li godo lontano da quel via vai, da quel frastuono. Non ci sono neanche i pittori a distrarmi. Solo solo, parlo direttamente con le loro anime, che hanno le voci della tavolozza.

Ora passeggio nel catalogo che riassume la mostra- concorso 2016 partecipata da artisti e pubblico quanto le precedenti edizioni, anzi ancora di più delle altre. E' stata una festa e un successo che hanno ripagato l'impegno profuso dagli organizzatori della Pro Loco. La palma del vincitore è andata a Cavedon che ha proposto l'interno di un'abitazione emergente dal tempo, sfuocata nella memoria. A lui è seguito in classifica Viviani per le sue donne. L'eleganza dei loro atti e delle presenze compete con la venustà dei fiori. Ecco poi Massolo. Indicando questo autore la giuria popolare e quella tecnica non sbagliano mai. E' un maestro del colore di larga esperienza. Essi hanno ottenuto i premi più prestigiosi. Con merito. Ma di artisti contigui ai loro livelli, a mio parere, ce ne sono altri, che pure hanno ricevuto consensi, menzioni, riconoscimenti e compensi di varia natura. Questi non sono saliti sul podio perché non li poteva contenere.


A Fighille ogni anno si svolge un capitolo nuovo, a sé. Salvo qualche eccezione, si annoverano ai primi posti artisti sempre diversi. Così l'alloro per i più bravi c'è sempre. E' solo questione di tempo.
Di seguito menziono fugacemente i pittori che ancora non hanno ottenuto le massime soddisfazioni, ma almeno, e lo ripeto, solamente a parer mio, sono in lista d'attesa. Al proposito consulto anche gli appunti delle mie sensazioni e mi scuso per le molte omissioni dovute, in primo luogo, alla mancanza di organizzazione, al mio disordine. Non è la prima volta che ritorno sulla composizione pittorica di Roberto Nezzi così articolata, pulita, nitida, allusiva. Si sviluppa tra la realtà e i vapori della fantasia. Il disegno e la sensibilità cromatica sono evoluti. C'è qualcosa che mi sfugge, non capisco. Eppure mi piace.
Poche le opere presentate che si distinguono nel versante dell'astrazione. Mi convince quella di Mauro Maltoni, che ricordo eccellere, in passato, nelle vedute realistiche. Il colore si muove in corrugamenti tra scaglie d'ombra, il grigio e viluppi di bianco. E' come se una parete multiforme di pietra, al vertice, si sublimasse in vapore. Molti, invece, sono i dipinti che meritano attenzione e spaziano dal figurativo ad un equilibrato espressionismo.
Renzo Regoli ha riempito una tela di cielo e di mare, non altro. C'è soltanto l'infinito. Dopo di lui sosto, sotto casa, in uno spiazzo di Nicola De Benedictis. E' uno scorcio consueto, uno di quelli che si calpestano tutti i giorni e non ci si fa caso, ma fanno parte della nostra vita. Nei colori consunti si avvertono gli echi della poesia. Antonello Riommi ha portato a Fighille un vicolo antico. Si tratta di una scalinata serpeggiante tra alti palazzi, che si fronteggiano, dagli intonaci sbrecciati, dove s'abbarbica qualche ciuffo di verde. Non c'è anima viva. Potrebbe comparire all'improvviso un inquilino della storia locale. Le melagrane spaccate di Marinella Falcomer si prestano ai vocalizzi cromatici. Gli acini saltano sulle trame del bianco, s'accendono di rosso rubino che diviene più scuro. Sono sulla terra nuda, sul marcire del verde, mentre volano lembi e strappi di colori ora chiari, ora densi, che fanno viva la natura morta. Claudio Pompeo ha presentato al concorso una tela con una strada che attraversa un paesaggio silvano. Anche la normalità può assurgere alla nobiltà dell'arte. La luce ultima del crepuscolo ha qualche rimbalzo sui motivi in primo piano, poi le piante diventano ammassi di ombre più o meno folte. Al racconto mesto del giorno che affoga nella notte corrisponde uno stato d'animo che si perde nella solitudine. Un altro bel quadro è quello di Sandra Finardi. E' un paesaggio campestre con la neve, dipinto in termini realistici. La campagna è la grande tomba del silenzio. Ma all'orizzonte s'intravvede un velo di rosa. E' il disgelo della malinconia. Suona la grande orchestra della natura nel dipinto di Enzo Della Rina, che, a tutto titolo, appartiene al genere figurativo. Le foglie differenti degli arbusti sono brevi note cromatiche. Esse si sciolgono nell'aria e rimbalzano nel ruscello, che è vivo per quel continuo sottofondo del gorgoglio.


In questa sede confermo con convinzione i risultati del concorso nazionale di pittura, edizione 2016.
Ho partecipato anch'io alla formazione della graduatoria e, se la contestassi, sarei apostata, mi darei la zappa sui piedi. Però qui ho finto di auto eleggermi giudice monocratico, che, cioè, decide da solo, quindi non litiga con nessuno. Ho arbitrariamente allargato a dismisura il podio e, se ci ripenso, dovevo ampliarlo ancora di più. In conclusione mi sono divertito. E ho sempre avuto ragione.
 

Franco Ruinetti

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