In
vista del nuovo concorso di pittura di Fighille, in programma il 6-7
ottobre 2018, riproponiamo alcuni testi tratti dai cataloghi delle
edizioni precedenti.....
Quest'anno si è svolta la 35^ edizione della
rassegna di pittura, che, di volta in volta, ha sempre superato se stessa fino
a conseguire un autentico successo nazionale. Per l'occasione la Pro Loco ha pubblicato
un libro che racconta la storia del concorso nato e cresciuto a dismisura in
questa breve contrada.
Il successo, firmato dalla Pro Loco, viene dalla
gente e dagli artisti.
Se non ci fosse la gente, che festa dell'arte
sarebbe? E' lei che fa la festa. Ogni anno, il primo sabato e la prima domenica
di ottobre, cioè nel fine settimana, che si chiama week end perché fa fino da
quando la lingua italiana s'è imparentata con l'inglese, ce n'è tanta, a
ondate, una moltitudine. Passeggia, si ferma, a gruppi, alla spicciolata,
s'accalca nell'androne della scuola, nelle sale, le cui pareti sono tappezzate
con i quadri e gli spazi, come quello del grande gazebo all'esterno sotto i
pini, sono organizzati in percorsi scanditi da transenne, cavalletti a formare
labirinti di colori, dove pare sia passato l'arcobaleno per sbriciolarsi sulle
tele.
La rassegna di Fighille è tra le più longeve,
frequentate e importanti dell'intero territorio nazionale. I fighillesi e gli
altri numerosi visitatori hanno corroborato la competenza artistica, sono
diventati critici sulle orme di Sgarbi, senza essere sgarbati. Ci sono anche i
ragazzi, i giovani che parlano con i quadri. E questo è importante, bello
perché l'arte educa, resta dentro, tiene buona compagnia. Le persone vengono
perché questa è un'occasione unica per conoscere gratuitamente i dipinti di
autorevoli autori contemporanei.
Ora poi, proprio davanti alla grande mostra dei
quadri, basta attraversare la via, nei versanti dell'architettura e della
scultura, c'è un altro polo d'interesse. Infatti, dove insistevano delle
vecchie e fatiscenti costruzioni edilizie, si distende una piazza dove
scivolano e saltano i raggi del sole, nel cui centro sorge “La Temperanza”, monumento
che interpreta la storia e raffigura l'anima di Fighille, realizzato
dell'artista anghiarese Gianfranco Giorni. E' un'opera che viene dall'età
classica e va oltre il tempo presente.
Però: senza gli artisti e senza i quadri la festa
dell'arte non ci sarebbe. Senza di loro la festa sarebbe vuota, non potrebbe
esistere. Invece ad ogni appuntamento vengono da tutte le latitudini, di anno
in anno sempre di più, espongono le opere da studio, partecipano
all'estemporanea, piazzano in mezzo ai prati, sui greppi i loro cavalletti,
dispongono l'attrezzatura del mestiere, lavorano en plein air, riproducono e
interpretano scorci di vita locali, un pollaio, un sorbo, un panorama dove i
monti si dissolvono nella lontananza incerta tra l'azzurro ed il celeste. Ce ne
sono alcuni sempre presenti, non hanno disertato un'edizione di questo “Premio”
inventato da Americo Casi, che era un personaggio di rilievo e tale non
appariva perché si nascondeva nella semplicità.
E' interessante dialogare con gli artisti, che sono
strani e acuti, per bene e originali, rispettosi, ma fuori dai ranghi. Le
conversazioni hanno colori luminosi, vivaci, raramente con sfumature di grigio.
Essi amano la gente, con chiunque si fermano volentieri, di più con quelli che
dimostrano di apprezzare le loro opere.
La gente, gli artisti, le centinaia di dipinti
mescolati insieme fanno grande la festa, che è una ricorrenza importante,
attesa, che mostra dove va l'arte. Ecco: dopo aver tentato strade nuove nel
secolo passato, l'arte, lo conferma questa rassegna, ha smesso di “rompere” col
passato.
Ora è più libera, cioè affonda le radici nella
tradizione mentre volge in avanti. Ciascuno arricchisce il dato oggettivo con
gli apporti del proprio talento. L'arte rispetta la verità, ma la elabora e modifica.
Gli artisti convengono numerosi a Fighille da ogni
latitudine per incontrarsi, segretamente confrontarsi e perché trovano
un'ospitalità spontanea, antica. In quei due giorni siamo subito amici, quasi
componenti di una famiglia, senza confini.
Qualcuno ha detto ad effetto: “Fighille è il paese
che non c'è”. Questo è un po' vero perché non compare nella maggior parte delle
carte geografiche. Ma è vero soprattutto il contrario. E' tra i pochi centri
abitati o villaggi che sono rimasti adagiati nelle vicende delle stagioni, tra
i colori delle colture, dove andando puoi incontrare qualche fico maturo che ti
offrono i rami sporgenti dal muro dell'orto, dove i mattini azzurri portano la
giovinezza, mentre il silenzio avvolge il piano e la collina.
E' un paese che reca la memoria del passato con
l'odore verde dei fieni tagliati, con viole e primule lungo i fossi, dove
gorgheggia, al primo mattino, il gallo solerte.
E' un paese che c'è, eccome, nella nostalgia. E' il
luogo vero dell'arte, che piace agli artisti.
Ma diamo a Cesare quello che è di Cesare: è la Pro
Loco che fa la festa. La borgata, che si culla nella quiete e serenità per
l'arco dell'anno, si sveglia d'improvviso e Fighille risuona con l'eco nel
campo dell'arte.
I componenti della Pro Loco si riuniscono e si impegnano
per preparare la festa che si sviluppa in versanti diversi: sport, gastronomia,
arte. La rassegna pittorica è organizzata da una triade storica, da Gino,
Sandro, Marcello. Questi nomi sono noti, mentre ignoti sono i cognomi, vuoti, non
occorrono. Il versatile umorista Man, al secolo Enzo Maneglia, ne ha fatto le
caricature, con pochi segni, ma così azzeccati che, mentre accendono il
sorriso, risultano più esaurienti delle carte d'identità. Loro tre sono solo la
punta di un gruppo numeroso ed affiatato che trova i premi, tanti, che
allestisce la grande articolata mostra delle opere, che in quattro e
quattr'otto libera gli ambienti della scuola e il lunedì, per l'orario delle
lezioni, li riconsegna come li ha trovati. Tutti loro hanno reso illustre “il paese che non c'è”.
Franco Ruinetti