Stanotte passavo dal sonno alla
veglia, mi capitavano immagini e idee senza soluzione di continuità perché il
cervello non si ferma mai, così ha stabilito chi se ne intende. E io non
ricordo i sogni dei sonni tranquilli, mentre mi restano scolpiti nella memoria
i fotogrammi che s'accendono nelle turbolenze del riposo. Poi, talvolta, quando
ci ripenso, navigo nell'incertezza perché non so se certi motivi appartengono
al giorno o alla notte, se sono realtà o ombre.
Ecco: mi sono visto trasmigrare in
mio zio che sorge dalla trincea, nella neve, per l'assalto alla baionetta.
“Uccidilo, sbudellalo!” urla il caporale. “Ma è disarmato!” “O lui o te”.
Mi sveglio col rimbombo del cuore
pazzo nello stomaco e dentro l'orecchio. Respiro profondo e piano piano
passeggio in un prato erboso popolato da margherite grandi bianche e bionde.
Ecco: ripeto il viaggio mentale
senza fine di quando frequentavo la terza elementare. Forse allora ero precoce,
poi alle medie mi insabbiai nelle retrovie dell'intelligenza. Infatti ho
percorso fasi alterne di luminescenze e obnubilamenti. Succede. Ora corro col
pensiero più veloce della luce, volo nell'infinito della mente, che corrisponde
a quello cosmico. Ad un certo punto intravvedo dei segnali stradali, indicano
la direzione per l'inferno, il walhalla, il paradiso. Le frecce dicono di
andare sempre avanti. Procedo, non c'è il chilometraggio perché ancora non è
arrivata la mia ora. M'alzo seduto, risorgo da un'apnea, la cena con gli amici
è stata piacevole, ma avrei dovuto zappare un campo prima di andare a dormire.
Di seguito la stanchezza di nuovo
mi vince. Vedo un gran castello vigilato dagli armigeri nelle garitte. La luce
è lattea di un giorno incerto. Passo con passo leggero e veloce, nessuno mi
ferma, entro. Mi ritrovo in un salone illuminato con torce alle pareti dai
fuochi tremanti e fumosi. Stanno silenziosi, seduti ai tavoli, i più rinomati
condottieri dalla storia, da Gengis Khan a Hitler, da Cesare a Carlo Magno ecc.
ecc. Si giocano a briscola e tressette le anime di quelli che hanno assassinato
nel corso delle loro imprese. C'è anche Napoleone, ma è immobile come un
monumento in uno scranno alto con lo scettro in mano. E' tutto solo, guarda il
soffitto. “Fu vera gloria?” Grande 'Sandro', così si rivolge a lei 'Beppe'
Giusti: io, tra gli altri suoi posteri, mi permetto di alzare la mano e
rispondere con un no deciso, infinito. C'è solo disprezzo e condanna per chi promuove
le guerre, causa stragi e disperazione. La vera gloria appartiene a chi
persegue la pace.
Esco dal castello col mal di testa.
La fetta di porchetta finale e il
Chianti, garbato e tosto, mi danno il voltastomaco. Fanno la rivoluzione.
Franco Ruinetti