ARTISTI DI STRADA
Sono tanti. Non sempre sono considerati con la giusta attenzione per il loro valore. La categoria è varia. Ci sono pittori, tra gli altri i monotematici madonnari, scultori, declamatori, le statue viventi, mimi, danzatori, improvvisatori, satiri del burlesque e così via.
Questi autori, le cui opere e performances sono destinate a consumarsi nell'arco di poco tempo, qualche ora, sono presenti in ogni latitudine.
Però è più appropriato parlare al passato, infatti attualmente è raro incontrare al lavoro qualcuno di tali artisti perché la maggior parte di essi ha dovuto temporaneamente cedere il passo alla prepotenza del coronavirus. Ma è certo che la loro arte cova sotto la cenere e prima o poi tornerà a nuova vita nelle strade e nelle piazze soprattutto delle grandi città. Perché è, senza alcun dubbio, più forte della pandemia.
DAVID MOSCONI
David Mosconi è pittore figurativo. E' stato, per tanti anni, artista di strada e, come tale, ha viaggiato in Italia e all'estero facendo della vita un'avventura. Ora, anzi dal '19, da quando è esplosa la pandemia covid, si è fermato e risiede a Sansepolcro.
Le sue opere pittoriche, come tutte quelle che destano l'attenzione, prendono per mano, portano altrove. Apertamente comprensibili, cioè facili, mai però superficiali, hanno il segreto di essere piacevoli mentre accendono emozioni che restano. Al proposito capita di ricordare il fermo credo di Matisse che voleva un'arte immediatamente comprensibile. La tecnica è mista, personale. L'artista spiega che, oltre ai consueti mezzi quali olio, acrilico, può usare anche collage, prodotti e apporti vari.
Sono numerosi i soggetti di una produzione costante. L'ispirazione è una molla sensibile che scatta e urge di esprimersi. Tra i vari argomenti ricorrono scorci di paese, vedute a perdita d'occhio, soste e meditazioni nelle solitudini dei boschi.
Sono quadri che raccontano la bellezza delle stagioni, ora la giovinezza della primavera, ora il trascolorare dell'autunno, ma in primo luogo parlano dell'autore che insegue la libertà nell'evasione, nella poesia della natura. Ogni opera è un racconto, ma anche interpretazione, ha l'intonazione dello stato d'animo. I colori sono vibrazioni come corde di violino, possono significare abbandono nella bellezza, ma dicono anche sofferenza, sono linfa, luce, vita.
In un dipinto si vede una nave sbattuta dalle onde, dall'infuriare dei venti, “in gran tempesta”, dice il sommo poeta. Il cielo è scuro, chiuso, non c'è futuro. L'autore, in un certo periodo, come normalmente a tutti può succedere, ha incontrato il male di vivere e ha cercato sfogo nell'arte.
Un paesaggio innevato ha una particolare forza.. In esso insiste qualcosa di magico, il tempo si nasconde e tace. E' culla del silenzio, la solitudine è amica. Tale veduta, che potrebbe pur essere stata dipinta in studio e cioè venuta a galla nel mondo della memoria, diventa visione.
Altro esempio: un panorama marino. Fa balzare in mente Ungaretti; “M'illumino d'immenso.” Lo sguardo corre subito al limitare dove finisce il mondo e inizia il mistero. Bello il gioco dei colori. I bianchi delle onde che si infrangono armonizzano con il trascorrere degli azzurri che hanno scaglie di bianco e risonanze di verde provenienti dalle alghe del fondale. Poi c'è quel marrone del promontorio, forse improbabile, ma suggestivo accordo di luce.
Ecco un quadro che presenta un albero in primo piano, alle soglie del bosco. E' appena adolescente, in fin di vita. Le foglie gialle e rosse ancora appese e quelle sparse in terra sono grida, voci dei colori alte come quelle degli impressionisti.
Quindi si può vedere una pittura, di dimensioni contenute. Si tratta di una copia, ridotta in scala, di un affresco di Piero della Francesca nella basilica di San Francesco in Arezzo. E' una riproduzione perfetta. L'autore dice che i grandi maestri non muoiono e frequentandoli c'è sempre da imparare.
Franco Ruinetti