martedì 21 febbraio 2023

Il convertito (by Franco Ruinetti)

IL CONVERTITO

 

Era diventato un individuo solitario, un asceta controvoglia. I colleghi lo ritenevano superbo, con la puzza sotto il naso, gli altri abitanti del bosco, quando capitava che lo incontravano, cedevano il passo. Lui credeva si comportassero così per rispetto, ma poi gli venne il sospetto, presto maturato in convinzione, che facesse loro paura.

Gli umani stavano alla larga il più possibile. Una volta vide un uomo lontano un centinaio di metri. Aveva il fucile a tracolla eppure gridò: “Al lupo, al lupo!” e scappò a gambe levate.

Di notte dormiva poco. Sempre solo nella sua tana. Chissà dove era il branco a fare agguati? Col calare del buio pesto la tristezza si incupiva. Mentre la luna, quando c'era, col suo sorriso di luce, gli  dava un po' di coraggio.

Notti di tormento, piene di pensieri. Rifletteva: “Sgozziamo qualche agnello, è vero, anzi qualche volta facciamo stragi e anche io, in passato, ho preso parte a tali spedizioni macchiando l'anima e la  famiglia di colpe gravi, peccati mortali, ma allora perché non si condannano gli umani che li mangiano tutti? Hanno inventato anche la storia del lupo mannaro pur di denigrare, gettarci fango addosso.”

Era come un'isola lontana. Non andava d'accordo con nessuno, si era, col tempo, pentito, era diventato un pacifista, un voltagabbana malvisto e perfino deriso da quelli del suo rango. Una sensibilità sconosciuta lo assaliva come una brezza improvvisa. Gli venivano perfino le lacrime quando l'usignolo gorgheggiava cantando gli strazi dei tramonti. Si appartava, eppure desiderava   conoscere qualcuno con cui parlare, lo pensava, sognava spesso. Odiava la fama, sia quella buona che quella cattiva. Riteneva che l'indifferenza fosse la condizione migliore, cioè appartenere alla 'gente comune', che non ha volto, è ignota. Fino a che, giunto al culmine della disperazione, prese una decisione irrevocabile, quella di cambiare casacca.

“Smentirò il detto 'il lupo perde il pelo, ma non il vizio’.  Non farò più paura. Sarò vegetariano.”

Pensò bene di non apparire più lupo, di darsi un'altra identità. Si mise in testa un cappello nero di feltro per nascondere le orecchie, fece un papillon con una striscia di stoffa rossa, sistemò sul naso gli occhiali da sole. Queste robe le aveva trovate tempo indietro nel girovagare di bosco in bosco. Si sentì nuovo, elegante e subito, come si presentò in un giardino alla soglia del paese, gli venne incontro una cagnetta di mezza taglia col pelo rosso lungo a forma di gonnella. Dopo varie chiacchiere, seduti dietro una siepe di bosso, lui, confidando in lei, aprì il suo animo e, per un momento, vide, di giorno, brillare le stelle.

“E tu che mangi?”

“Carne, solo carne di ogni tipo, ma non ho mai ammazzato nessuno. Me la danno i miei padroni, loro possono uccidere sia per nutrirsi, quanto per difendersi, che per divertirsi.”

“L'ingiustizia, pensò, è legge”.

Ora lui non aggrediva nessuno neanche per fame e mangiava erbe, radici, frutti del  bosco.

Un giorno la cagnetta non si presentò al solito appuntamento, allora lui si fece coraggio e andò nella piazza del paese. Si fermò davanti al negozio che presentava, a portata di bocca, tanta bella frutta. Addentò una mela pensando che fosse lecito, ma uno spicciolo cagnolino da passeggio, ridicolo per il pom pon in cresta, si mise ad urlare. “Al ladro, al ladro!”

Il bottegaio, che aveva il bastone perché era zoppo, lo colpì in testa facendogli saltare il cappello, così le orecchie lo tradirono.

“Al lupo, al lupo!”

Il lupo, smascherato, cercò di scappare  e di difendersi:

“Ho preso solo una mela, non l'ho uccisa. Io sono pentito, non faccio del male a nessuno.”

Ma fece poca strada perché una pallottola gli trapassò l'onda del cuore.

Soltanto la cagnetta gli andò vicino. Gli rimise il cappello e gli occhiali. Lei, che fino dal primo incontro sapeva tutto, ora sapeva che il suo amico era certamente migliore di ogni giudice improvvisato e soprattutto di quel cecchino criminale. Pensò che un lupo, anche se si converte, farà sempre paura.


Franco Ruinetti