Arrivo a Fighille la mattina del primo sabato di ottobre.
Vedo passare qualche pittore col suo quadro sottobraccio. Sono in anticipo,
la commissione giudicatrice del Premio di pittura, della quale sono componente,
si riunirà l'indomani.
“E ora che faccio?”
Guardo il vento che è stanco, fa fatica a muovere le foglie della ficaia
e a trascinare qualche fiocco di nuvola. Decido di passare la mattinata su a Citerna e quando sto per salire in
macchina mi saluta un pittore agitando bracciate di allegria.
Sono festosi certi concorrenti alle soglie del concorso. Neanche lui sa
che fare.
Lo porto con me.
Citerna è bella. Ogni volta che ci vai è come se fosse la prima, c'è
sempre un angolo nuovo. Gli occhi volano in un panorama che si perde ai confini della luce.
“Senti che buon profumo di ragù!"
“Dipingilo, se ne sei capace"
Su una panchina di pietra, due fidanzatini dall'età fresca, amoreggiano
e bisticciano. Probabilmente sono alle prime armi e veleggiano in un mare sconosciuto.
Passiamo oltre in silenzio.
Nella piazzetta del teatro Bontempelli, seduti attorno ad un tavolo, ci
sono dieci o dodici giovani che ridono e scherzano nel dolce scampolo di
un'estate fuori ordinanza.
Beata giovinezza che si apprezza quando è lontana.
Lì vicino c'è un ponte ad arco, con i parapetti, che fa un salto sulla
strada e mette in comunicazione due case dirimpettaie. Non è una cosa
straordinaria, però m'è sembrata originale e simpatica.
“Andiamo di sotto?"
“Dove?”
All'improvviso mi ritrovo nel ventre del tempo e della storia. Si tratta
di una teoria di gallerie con volte a botte, archi, crociere, spicchi di vele.
I cieli concavi sono fatti di mattoni a taglio, che hanno perso la
vecchiaia con la sabbiatura fino all'osso e, intervallati dalle righe bianche
della calce, fiammeggiano, sembrano nuovi.
Le luci, posizionate ad arte, ora insistono nei corridoi brevi, ora
dilagano e si sfibrano nei vasti spazi. Io e l'amico pittore siamo soli in
questo mondo surreale.
Apro una botola e, di sotto, vedo un locale pieno solo di luce
artificiale, profondo e ampio.
E' una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana.
Ad un tratto un grido ci saetta sopra la testa.
E' solo un rondone che non trova l'uscita. L'atmosfera è sospesa, mi
viene in mente di essere nell'oltretomba.
Dico al mio compagno che dietro ad un angolo ci potrebbe aspettare la
Canuta con lo schioppo spianato.
“E chi è?”
“La donna capo dei briganti che infestavano la vallata nell'Ottocento.”
“Ma vai a quel paese!”
“Stai attento, potresti anche inciampare in qualche morto ammazzato
dimenticato in questo posto dal giallista Cartabia."
“Vai a quel paese e restaci."
Quando usciamo vediamo un riquadro nell'asfalto.
Sembra una lavagna.
E' sotto una finestra che ha sul davanzale un vaso di gerani
spelacchiati.
Leggo la scritta nell'italiano
acrobatico evoluto con i telefonini:
"Amore torniamo a sognare xké per me 6
unica.”
“Chi vincerà domani il concorso di pittura?”
“Come faccio a saperlo? Vincerà il migliore.”
“No, risponde l'amico. Spesso non vince il migliore, ma il più meglio.”
di Franco Ruinetti