giovedì 12 settembre 2019

Pensieri e parole su FighilleArte (2)

 

Secondo Picasso l’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni.
Forse è proprio così, forse oggi più di ieri, figli di un’epoca in cui passiamo il tempo a rincorrere gli attimi, topolini in una ruota gigante dal moto perpetuo, senza mai potersi fermare a riflettere veramente.
L’arte, quando colpisce l’occhio e il cuore, offre una boccata di ossigeno per la testa che non ha eguali. Forse anche per questo la stagione dei premi d’arte in Italia sta vivendo una nuova giovinezza. 
Ovunque è un fiorire di manifestazioni e iniziative a testimonianza che l’interesse da parte del pubblico c’è e non è sopito nonostante la non facile congiuntura economica e culturale dei nostri tempi.
In questo amplissimo e variegato panorama che abbraccia tutta la nostra nazione, il Premio Fighille ha saputo ritagliarsi negli anni (la prima edizione è del 1979 quindi veleggia verso una anzianità quarantennale) un posto privilegiato e di assoluto prestigio
Anche l’edizione scorsa ha confermato che il concorso è qualcosa di particolare e diverso da tutti gli altri. 
Fighille è un caso a parte. 
Ha i suoi difetti e qualche pregio. Piace a gran parte dei migliori artisti italiani che qui si danno appuntamento. Dal Nord e dal Sud. Da ovunque. 
Ci sono i migliori e questo rende la competizione di altissimo livello.
Tutto ciò gratifica e responsabilizza, nonostante l’enorme fatica che l’organizzazione di un concorso di questo livello comporta, ogni anno di più.
Se è vero, cio’ che scriveva Fabrizio Caramagna, e cioè che l’arte è l’incontro inatteso di forme, spazi e colori che prima si ignoravano oggi, sempre di piu’, quel pugno di case disperso nella Valle del Tevere che è Fighille, è diventato il luogo dove questo incontro, una volta all’anno, si concretizza.

Introduzione al Catalogo Generale del Concorso 2018