BRANCOLANDO
Saltuariamente
indugio a pensare e forse sbaglio perché non concludo niente, spreco il tempo e
mi rimane l'amaro in bocca. Mi passano per la mente cose più grandi di me,
arrivo ai massimi sistemi, mi misuro anch'io a singolar tenzone con i mulini a
vento. Mi pongo certe domande come: che cosa è la vita? chi sono io? da dove
vengo? dove vado? cosa sono il tempo e lo spazio? Questi interrogativi, da
sempre, agitano i filosofi, specificatamente gli esistenzialisti, ma mi sembra
che non ne abbiano mai cavato un ragno da un buco. Menano il can per l'aia,
Fanno fare acrobazie ai pensieri. Altro argomento che mi balza a galleggiare
sull'attenzione: tutti nasciamo smemorati, non ricordiamo niente del luogo dove
eravamo. Eppure non lo dovremmo dimenticare se è vero, come è vero e ne sono
convinto, che l'anima è eterna. In verità qualcosa del passato resta: gli
istinti. Ecco, siamo fieri della nostra intelligenza e continuamente ci
misuriamo in duelli mentali, ma il suo orizzonte breve è invalicabile.
Quando
ero adolescente o ancora giovane avevo frequenti apparizioni bionde con sorrisi
luminosi e promesse di felicità. Non mi ponevo tanti problemi. Ora non è più
così, vorrei sapere cosa c'è accanto a noi, che non lo vediamo e mi sento
randagio nella vita. A volte m'illudo di essere tutto, sennò mi riconosco come
un fiocco di nuvola nel meriggio estivo destinato a dissolversi nel sole.
Allora,
non devo restare a poltrire in poltrona, l'ozio porta confusione nel cervello,
invece quando vado alla bocciofila a giocare a tressette non m'accorgo d'essere
al mondo.
La
filosofia è una materia capace di stregarti e io, da giovane, ne ero posseduto,
tanto che ci feci la tesi di laurea, ma poi l'ubriacatura, almeno in parte, mi
passò, perché giudicai molti pensatori presuntuosi in quanto pretendono di
sapere tutto, troppo, invece certi loro concetti sono buchi nell'acqua. Li
avevo considerati come fari nella notte. Poi le loro luci mi si sono annebbiate.
Perciò, in un certo senso, mi sento apostata o quasi.
Tuttavia
continuo talvolta a filosofeggiare, perché al cervello non si comanda, è lui il
direttore d'orchestra. Quegli argomenti, che non hanno soluzione, mi portano
lontano a fluttuare nell'indistinguibile dell'infinito. E so che, se esprimessi
le mie idee ad un filosofo professionista, ma me ne guardo bene, mi sparerebbe
anatemi. Avrebbe ragione, come io ritengo di avere ragione, infatti ho imparato
questo speciale sofisma dai politici: la ragione è una prostituta, è di tutti.
Col passare del tempo mi sono sempre più avvicinato alla poesia e anche con
questa m'accorgo di cavalcare le onde del mare, ma almeno, quando, ad esempio,
il Carducci mi dice che la vita “è l'ombra di un sogno fuggente” mi sembra di
incontrare parole di velluto, che mi soddisfano, lasciano incantato e mi
ritrovo nel mistero senza sapere dove sono.
Continuo
a brancolare. Riconosco di essere fuori misura quando mi preoccupo della corsa
del mondo nell'universo e temo che esso incontri qualche ostacolo. Invece sono
poco interessato agli scontri tra i partiti e al debito pubblico, inoltre
ancora ragiono più spesso sull'aldilà piuttosto che sul di qua.
Una
sera d'estate passeggiavo con Gigi, un geometra conosciuto di recente, uomo
pragmatico.
“Dove
andremo a finire?”
La
domanda gli suonò stonata e mi guardò.
“Che
intendi dire?”
Gli
spiegai grossomodo di essere scantonato nell'escatologia, cioè in un ramo di
quella filosofia che voglio ripudiare, ma che è impossibile debellare del
tutto.
Rispose
risoluto:
“Lo so.”
“Ah sì,
e dove?”
“Al
cimitero.”
Aveva risposto
in modo definitivo ad una domanda che non poteva avere una risposta
convincente. Rimasi spiazzato, quindi rinnovai l'inutile proposito di non
brancolare tra l'essere e il non essere. L'ideale, pensai, è quello di
distendermi fiducioso nella poesia della vita, cioè nella luce che squarcia il
buio ed è un regalo, il più grande: ogni giorno un miracolo.
Franco Ruinetti
Illustrazioni di Man