LA SUPPLENTE
Era piacevole la scuola (2^ media, sez. B) durante le lezioni della professoressa supplente, la Vèra: giovane, alta, con una gran coda bionda di cavallo. Si era materializzata nella favola della mia più bella età, come Biancaneve, luminosa di ceramica, contornata dai sette nani, che era in salotto, sul piano della vetrina. Quando c'era lei la scolaresca, tutta maschile, era molto attenta. Ci aveva imbambolati tutti.
Ora m'è rotolata davanti alla mente e
stavolta non per l'incantevole presenza, ma per il titolo di un tema, che
propose come compito in classe: “Parla di te tra 70 anni.” Ci pensai un po'
prima di prendere la penna, quindi decisi di identificarmi con 'Nonno Lello'
che conoscevo bene. All'epoca lo vedevo stramaturo, mentre adesso, di certo,
non mi apparirebbe così vecchio, decadente. Era un tuttofare, amico della mia
come di altre famiglie, sempre disponibile a svolgere qualche servizio in
cambio di un fiasco di vino o di compensi diversi in natura o in soldi. Misi
lui a rappresentarmi dentro il tema e nello specchio della mia immaginazione.
Dissi che la mia vita era passata come un viaggio avventuroso, tra le batoste
delle malattie e gli sgambetti della fortuna e che, dopo aver superato le
Colonne d'Ercole degli 80 anni, veleggiando ancora nell'ampio mare aperto del
tempo, mi godevo la pensione, avevo le 'moroiche', ero guarito dalle donne.
Ogni tanto cadevo nel vuoto, non sapevo cosa scrivere eppure il personaggio a
cui mi ispiravo era loquace. Le sue frasi si svolgevano corrette, con parole
scelte e appropriate, ma ora le rammento a brandelli, anche nella prova in
classe le scrissi a strappi. A parere mio era mezzo poeta.
Di tanto in tanto mi torna a galla
qualche espressione del contenuto di quel lavoro proposto dalla professoressa
in fiore, che, per qualche mese mi fece andare bene e volentieri a scuola.
Addirittura, a latino, fui il più bravo in assoluto.
Tra settant'anni dico quello che lui,
Nonno Lello, pressappoco ha detto. La vita è una ventata, trottola di stagioni.
(Mi rassicurai da solo: nessuno poteva accusarmi di plagio, di copiare i
pensieri di un'altra persona. E' vero: mi sentivo un po' ladro, ma volevo fare
colpo, essere originale). Dico, anzi ripeto, che il tempo è l'assassino
universale. Implacabile: ammazza uomini, animali, piante, vede e trova tutti,
non gli scappa neanche una pulce. Poi: i vecchi sono piscioni. E io sono
vecchio, con la pelle solcata dalle rughe, come crepe della terra che si
rattrappisce al solleone. Però, per partire dal mondo è sempre presto. Ho i
capelli bianchi di neve come i monti più alti, dove pochi arrivano.
Ora basta, esco fuori dall'elaborato e
torno ragazzo, seduto in quel banco di legno accanto ad un compagno timido,
segaligno che non lo avresti considerato un soldo e, invece, da grande, diventa
importante, un capopopolo.
Pur avendo fatto qualche pausa, ho
finito il compito più veloce degli altri, l'ho scritto subito in bella copia,
riempiendo interamente le quattro pagine del foglio protocollo.
Un tema di quel tono non lo avevo mai
fatto. Per concludere ho pronosticato, stavolta di testa mia, che, anche in un
futuro così lontano ricorderò il biondeggiare di una professoressa brava e
gentile. Sono stato ruffiano, ma sincero, audace, ma garbato. Prima di
consegnare ho avuto qualche esitazione, comunque tutto è filato liscio e
l'esito non tardò. Il giorno successivo l'insegnante riportò i temi corretti.
Nel mio, in rosso, aveva aggiunto qualche virgola. Inoltre, a margine, scrisse
che le donne non sono una malattia. E non mi dette il voto come agli altri, ci
scrisse solo “Visto”, per cui reclamai:
“Professoressa, non mi ha dato il voto!”
“Il voto è: Va bene.”
“Ma è più della sufficienza?”
Rispose che era di più e io volai e
continuai a volare rotolandomi sulle nuvole per un paio di settimane, fino al
ritorno del professore titolare.
Franco Ruinetti
Illustrazioni di Man