martedì 11 giugno 2019

Illusione e realtà (by Franco Ruinetti)

 





ILLUSIONE E REALTA'



Ho ottanta anni suonati, ma spesso non ci penso, me ne dimentico, vorrei non crederci. Certamente quando faccio la coda dalla commercialista o negli uffici comunali, dal dottore per le pasticche o, che so io, allo sportello della posta, allora me li sento. Li vedo allo specchio, ma lo evito. Invece con frequenza evado dalla mia età, non voglio sentire la piena del tempo, mi libero dai lacci inventati dal progresso e metto le ali. Ci vuol poco: mi basta rileggere qualche pagina de Le avventure di Pinocchio, ancora ragazzo, alcuni giornaletti che conservo in garage di Mandrake o, meglio ancora, qualche album di Topolino, giovane alla fine della guerra e mai invecchiato.

Vorrei riprendere il motoscafo fatto a forza di sgorbia e raspa, modellando un pezzo di travetto, una settantina di anni fa, come a dire ieri. Dovrei correggerlo e completarlo siccome galleggiava storto, però non ce la faccio perché il lavoro è impegnativo e i familiari, gente concreta, potrebbero preoccuparsi per la mia serenità mentale.

Invece ho rifatto la fionda, stavolta con una forcella di ferro. E' stata sempre la mia arma preferita. Una volta ho costruito anche un arco e le frecce con le stecche elastiche di un ombrello vecchio, ma quest'arma era disagevole, poco pratica. L'ho nascosta in soffitta dov'è rimasta. Quando la impugnavo mi pareva di essere un Robin Hood fuori tempo, da far ridere.



Angiolino




Sei passato dalla luce del giorno a quella del paradiso come a voltare pagina di un libro. Nel tuo nome c'era il destino e quella mattina facesti la fredda improvvisata. Mi sembra che il tempo sfumi e che ancora frequentiamo la quarta elementare, ma io in paese e tu in campagna. In quel pomeriggio assolato di luglio, come altre volte, siamo stati insieme a giocare nel campo dietro casa dove si trovavano le schegge della guerra. Tu, a piedi nudi, correvi come un 'lepro' (lo chiamavi così perché dicevi che la lepre è la moglie). Eri più veloce di me che avevo le scarpe e, per stuzzicarmi, mi dicevi 'signorino'. Con un temperino avevi fatto, con l'ornello, delle forcelle perfette per la 'frombla'.

“Si dice fionda”.

“No, la mia mamma dice frombla.”

Abbiamo piantato per terra un bastone e gli si è messo sopra un barattolo vecchio, come fosse un cappello, che fungeva da bersaglio e quando, ogni tanto, si colpiva, faceva un suono sordo, quasi un lamento. Dopo qualche tiro, alla tua arma si è spezzato un elastico.

“Era fracico.”

“Si dice fradicio.”

“No, la mia mamma dice fracico.”

Si sostituì l'elastico tagliando una fetta di camera d'aria rossa (quelle rosse erano le migliori) di bicicletta e continuammo la guerra contro il barattolo.

Era bello gareggiare con quell'arma e penso che tu continui ad usarla anche in paradiso lanciando la sfida a tutte quelle brave persone nel tempo libero, che faranno salti di contentezza. Lassù, dove c'è la perfezione dell'ordine, non trovi di certo barattoli vuoti, buttati via, di fagioli o sardine, ma farai il bersaglio con un'aureola dismessa o col disco della luna, che, comunque, è già bucherellata.



Il ginocchio alleato dello specchio



La fionda ce l'ho ancora, la tengo nella cassetta degli attrezzi e non la porto in tasca quando, su prescrizione medica, vado a camminare. E' pesa e ingombrante: io non ho trovato un ramo di ornello adatto a fare una forcella pratica, leggera, con la giusta apertura. Però faccio ancora le gare, ma le vivo nello schermo della mente, con Angiolino che torna di corsa a piedi nudi, che ripete le parole del vocabolario materno (sono belle, colorate), così è come allora e io sono ragazzo, ho rotto il tempo e mi sento dentro una sfera magica.

Qualche volta passo dietro quella casa, saluto l'amico da lontano, entro nel bosco, percorro gli antichi sentieri ormai praticati soprattutto dai cinghiali.

E canto perché mi piace, ma in sordina, dove non c'è gente, perché sono stonato. Ma giorni or sono mi prolungai in un acuto del 'Granada' di Claudio Villa. Allora venne fuori dal folto di ginestre e scope un uomo col paniere, che mi guardò sorridendo:

“Se ragli così i funghi scappano via perché hanno paura.”

Quando il viottolo si presta mi viene voglia di correre, anzi è meglio dire di fare footing, così sono à la page e ho diritto di cittadinanza nella presente esterofila evoluzione linguistica.

Accelero, ma freno subito perché al primo zompo cigola il ginocchio destro, mi duole, devo fermarmi, così volo da 10 a 80, più veloce di una sassata con la fionda. Perché il corpo ha un suo linguaggio perentorio e, anche lui, proclama che sono vecchio.

Franco Ruinetti
Illustrazioni di Man