Fu la prima e l'ultima gita che
feci con mio padre. Gonfiò la bicicletta, mi disse di salire in canna e si
partì. Poi, molto poi, ho fatto tanti viaggi col treno, in aereo, ma quello è stati il più bello.Aveva dato un bacio a mia madre,
cosa da non credere, che per me era una rivoluzione perché litigavano spesso in
quel tempo difficile,quando ancora sanguinavano negli
animi e non erano risanate negli edifici le ferite della guerra.
Lo ricordo in piena salute, solo
qualche tempo dopo le sigarette gli infradiceranno la gola e i polmoni.
Quando la strada si prestava la
bicicletta scorreva veloce. Spesso, per causa delle buche, sobbalzava
sferragliando e io prendevo i contraccolpi nel sedere,ma ero contento lo stesso in quel
sogno di inizio primavera con le siepi e i greppi fioriti, ancora coperti
dall'ultima neve. Giunti a quel ponte a groppa d'asino, la salita la facemmo a
piedi, ma nella discesa pareva di volare.
Lui guidava con una mano, con
l'altra si teneva il cappello, io stringevo forte il manubrio, mentre sembrava
che la bicicletta avesse i sonagli. Mio padre disse: “Siamo nel paese dei
campanelli.”
Arrivammo alla bottega. Nel
piazzale, fermo come un monumento, stazionava un mulo col carro colmo di legna
e fascine. Dentro c'erano due uomini, seduti
ad un tavolo, che mangiavano pane e formaggio.
Trovai il locale accogliente, con
un caldo ristoratore e notai la bottegaia: giovane, mi si stampò nella mente,
sorridente, col seno vigoroso, che la maglia girocollo copriva, nascondeva, ma
esaltava.
Ci sedemmo. Mio padre ordinò due
fette di pane, due salsicce sottolio, un quarto di vino e una gassosa. Pensai
che tutta quella roba costava e la mamma non avrebbe approvato la spesa.
I due uomini, specialmente quello
magro col naso a becco, duellavano verbalmente con la donna, che però, pur
affabile, stava al suo posto e sapeva tenerli a bada.
“Quello che avanza a tuo marito
potrei prenderlo io.”
“Grazie, ma a mio marito non avanza
niente.”
Mangiavo con grande piacere,
lentamente per non finire presto.
“Ma non hai fame, non ti va?”
Risposi di sì solo col movimento
della testa.
Poi cigolò l'uscio ed entrò il
parroco, uomo voluminoso, avanti con l'età.
“Pace fratelli.”
“Buona giornata don Gosto.”
Tutti gentili e lui passando, mi
sfiorò il capo con la mano, quindi chiese un pacco di sale e delle uova.
“Ha visto, gli disse il beccuto,
quanto è bella la Lina?”
“Ho visto, ho visto: tutta grazia
di Dio.”
Dopo che il prete se n'era andato,
l'altro uomo parlò:
“Il gonnellone può ridere. Lui è un
toro, ma le corna ce le hanno gli asini.”
La bottegaia sentenziò: “Voi siete
malelingue.”
Al ritorno il sole era arrivato
verso Caprese e mio padre pedalava stanco. A metà strada si mise a canticchiare
'Spazzacamino', di cui non ho dimenticato l'intonazione, però ho perso le
parole.
A casa trovammo un altro clima. La
mamma non era più la stessa. Ci accolse in silenzio, con lo sguardo cupo,
minacciava temporale.
Io non ho più mangiato una
salsiccia buona come quella. Quando mi capita di pensarci e la rivedo, mi
sembra di sentirne il sapore.