Una volta
tanto mi ero dedicato a me stesso. Infatti, da quando sono in pensione, di
solito, non saprei dire cosa faccio, però è raro che mi avanzi qualche spigolo
libero del giorno. Così ero immerso nell'ozio in una mattina serena di maggio.
Stavo seduto all'ombra su una panchina del giardino fuori porta. Il sole e un
leggero alitare di brezza giocavano con le foglie dei tigli. Io tagliavo la
troppa luce strizzando forte le palpebre. Quando un uomo fracassone,
precipitando a sedere al mio fianco, mi scosse con una manata sulla spalla. Le
stecche della panchina cigolarono piagnucolose.
“Guarda chi c'è,
ma dove sei stato fino ad ora?”
“Nel tuo
stesso mondo, risposi, mentre lo guardavo sorpreso e interrogativo.
Non era una
faccia nuova, però non lo inquadravo, non lo riconoscevo. Era grasso,
rubicondo, col girovita come quello di una botte.
“Sono Silvano,
anche se intanto la terra ha fatto 20 e più giri di rivoluzione, sono sempre
Silvano di Castiglione... Svegliati vecchio rintontito!”
“E' vero,
sei te, ma non sei più lo stesso perché ti sei moltiplicato! Come va?
“ Se
vuoi e hai pazienza ti racconto.
“Certo,
stamattina sono libero.”
“Il sole è
bello quando sei all'ombra.”
“E' vero, ma
che ci azzecca? Sei fuori strada.
“Quei
palazzoni là, cresciuti come funghi nel dopoguerra, hanno accecato l'orizzonte.
Prima si vedevano i monti. Digerisco male, il dottore ha detto che sono pieno
di ansia”.
“Tu meni il
can per l'aia.”
“Sì, a te
devo dire tutta la mia teoria, ma mi mette pensiero, so che non sarai
d'accordo.”
“Allora
parliamo d'altro, della vita in generale... non ho voglia di discutere.”
“La vita dura
un lampo, la verità è la morte perché è eterna.”
“Sei un
filosofo!
“No: sono
cornuto.”
“Ma che
dici? Quella parola è una sassata!”
Silvano
appariva sereno, mi guardava con un sospetto di sorriso, come quello della
Gioconda.
“E' così e
ci ho sofferto quando ero stupido. Mi sono anche raccomandato a San Martino,
patrono della categoria e se avessi saputo come fare avrei fondato un sindacato
o un partito, ma tu che manovri la penna e talvolta ti ho letto, non scrivere
queste cose.”
“Va bene.”
“Poi mi sono
fatto una ragione, perché sono andato oltre il mio caso, ho considerato la
specie, il genere umano.”
“Ah sì! E
che hai concluso?”
“Ho concluso
che, uomini e donne, siamo tutti con le corna e cornificatori reali o
potenziali.
Alcuni non rientrano in questa regola o per pigrizia o perché hanno
le mani legate dalla religione, dall'educazione, eccetera.”
“Ma ti rendi
conto? Adesso hai scatenato una gragnola di sassate. Non sarai un po'
depresso?”
Poi prese a
parlare in maniera concitata e gesticolando. Non era facile inserirmi nel
discorso. Ogni tanto inciampava in una specie di singhiozzo, dirottava, ma
anche tra vari sobbalzi, riusciva a dare luce al suo pensiero. Che consisteva
nel riconoscere agli uomini e alle donne una incontenibile carica sessuale, che
la fedeltà, se esiste, è solo temporanea perché innaturale. Per lui chi non
rispetta il desiderio violenta se stesso, è bugiardo.
In
definitiva sillogizzava che gli onesti sono quelli che vivono secondo natura,
che danno sfogo ai loro istinti, ma che l'ipocrisia imperante condanna.
“Io in
questa civiltà così falsa ci sto male, non ero adatto a fare l'adulto, dove ti
scagliano frecce e cavilli da tutte le parti, dove si pagano anche le pisciate.
Non dovevo crescere, sono stato bene e contento solo col paravento della mia
famiglia, cioè col babbo e la mamma.”
“Vai di palo
in frasca, certi discorsi sono acrobatici. Ma tu hai mai tradito tua moglie?”
“Adesso no,
perché se salto addosso ad una donna ci faccio una focaccia, ma prima sì,
perché sono sincero, non ho rinnegato la natura, gli istinti.”
“Allora non
devi lamentarti se hai le corna!”
“No. Perché
le corna sono la norma. Vanno e vengono. Solo che io le ho dichiarate. Sono
stato coerente. Se nascevo bisonte, elefante o, che so io, cane in libertà, non
sarebbe successo niente.”
“Lo so, ma
la differenza è che noi abbiamo l'intelligenza...”
“Che si è
deteriorata nei secoli. E' guasta. Io, come tanti altri, per avere rispettato
la natura, sono rimasto fregato. Sono stato buttato fuori da casa mia,
ereditata dai miei genitori, sono randagio e devo mantenere la mia ex
moglie...(pausa). Che ha spergiurato di avere il cuore bianco, mentre m'ha
fatto crescere in testa un trofeo come quello di un daino... E, siccome il mio
cervello è una girandola, ho cambiato idea. Riferisci pure tutta la verità,
cioè quello che ti ho detto. Allora scrivi belle grandi, in grassetto, anche le
mie generalità. Ora devo andare. Ci rivedremo qui domattina. Ti racconterò
altre cose. Preparati a sorprenderti. Mi piace parlare con te. Ti mostrerò il
mio progetto del distintivo da mettere all'occhiello.”
“Ciao.”
Non l'ho più visto.Franco Ruinetti