martedì 17 luglio 2018

Il suino pensatore (by Franco Ruinetti)






Il compagno, che viveva con lui in quella stanza breve, era contento e lo accusava dicendo che la cultura gli aveva rovinato il cervello.

Credeva nella bontà del porcaro che li governava con pranzi saporiti senza chiedere nulla in cambio.

Non riteneva di essere in prigione perché non si possono mettere le catene al sogno, che è leggero e, mentre riposi, ti rende libero nel bosco delle favole, dove, invece, nella realtà, ci sono fatiche e rischi.  Il compagno mangiava, dormiva, ingrassava. Lui no. Pensava sempre. Indagava sugli istinti.

Talvolta, per svagarsi, ricordava i giorni felici della giovinezza, quando lo portavano al pascolo dove s'inebriavacol profumo dei tartufi e sentiva le vene dell'acqua scorrere sotto terra.

Ora era prigioniero, stretto tra le sbarre del porcile e del pensiero. Aveva smesso di bofonchiare, di parlare con quel collega insensibile.

La natura non gli aveva dato lacrime per sciogliere la disperazione. Vedeva con chiarezza il nemico suo e di tutta la specie nell'uomo,che lo alleva quasi fosse un familiare, ma lo disprezza. 
Gli capitavano percezioni extrasensoriali e, tramite esse, navigava nella storia. Così sapeva che anticamente il maiale era un messaggero degli dei,meritava rispetto perché derivante da Maia, dea del fuoco e dell'amore. Poi il nome 'maiale' è diventato un'offesa e il suo assassinio è sempre una festa.

La gente ride delle tragedie, vive della morte.

Una mattina, mentre fuori diluviava, venne il padrone che, con parole gentili e calci nella pancia, fece uscire l'amico.

Fuori del cancello c'erano due sconosciuti e il poveretto non ebbe scampo.

Quelli lo afferrarono per le orecchie e l'altro per il codino, che quasi glielo strappava. Lo portarono nel locale attiguo. Le urla, lo strazio superavano i tuoni.

Poi un colpo secco. Poi nulla. Il destino, presieduto dal porcaro, fu compiuto.

In seguito la solitudine fu densa, popolata da incubi e frequenti apparizioni di fantasmi o scene ora labili, ora vive.

Vide, come se fosse presente, come una mosca che svolazzava alta, squarciare l'amico, farlo a pezzi, triturarlo, insaccarne le carni nelle sue stesse budella, mummificarne le parti. Vide, viaggiando nel prossimo futuro, le sottili fette delle cosce e dei salami, rosee e bianche, saporite farfalle del gusto.

Osservò il cadavere perdersi in piatti prelibati e la brutta parola del porco trasformarsi in piacere.

“Ecco, sospirò il sopravvissuto, la cultura mi ha allungato un po' la sofferenza della vita.” E concluse: “Il mondo e la vita stessa sarebbero belli. Se non ci fosse l'uomo”.




Franco Ruinetti