Il mio mare quattro stagioni.
Riflessioni sciolte sulla body art.
Se le opere d'arte dell'uomo
meritano tutela e rispetto, ancora di più li meriterebbero le più alte
creazioni della natura. Vado anch'io al mare, abito a
Riccione, a 500 metri dalla spiaggia e ci vado spesso, in tutte le stagioni. Faccio lunghe camminate sulla
battigia, anche 6 o 8 chilometri, a seconda del tempo che ho libero.Procedo con ritmo sostenuto. Me
l'ha consigliato il medico. La pioggia non mi ferma, metto l'impermeabile.
D'inverno mi pare di essere l'anima
del cielo, dell'infinito, della solitudine. Ogni tanto trovo qualche conchiglia
delle cape-sante. Mi piace raccoglierle. Portate a riva dalle mareggiate
talvolta presentano secoli di incrostazioni. Sono belle. Su una di esse è sorta
dal pelago la Venere del Botticelli.
D'estate gli arenili brulicano di
gente.
Il sabato e la domenica, quando la
densità umana è massima, cambio rotta, vado in collina, cedo il posto ai sovrappiù
venuti da lontano per godersi uno spicchio di vacanza. Dalla fine della scuola a tutto
agosto il mare è una meta ambita e il litorale romagnolo è tra i più
frequentati.
Io vado diritto come un treno,
guardo i pensieri che mi passano in testa, ma mi capita di rallentare per
analizzare in sordina qualche sublime apparizione, perché il lupo perde il pelo, ma
non il vizio. Certe privilegiate del gentil sesso sono calamite, sembrano
venute, come dice il divino poeta, a miracolo mostrare e a me,ormai stagionato, risvegliano
scorci dell'antica giovinezza.
Esse, al culmine dell'adolescenza,
raggiungono il fulgore della venustà e certune sono le più perfette opere
d'arte della natura, sono, pur fuggevole, almeno in spiaggia,patrimonio di tutti, che tutti possono
ammirare. E mi dispiace constatare che loro stesse, è addirittura moda, spesso
non si rispettano.
Parlo dei tatuaggi che, a parer
mio, sono almeno inopportuni, offensivi della perfetta bellezza. I colori non
hanno luci serene, mi appaiono sporchi, fradici, in agonia.
Tra l'altro ho visto soluzioni
tristemente originali, come un sole alto su un ben modellato gluteo, che
ricorda il marchio di proprietà impresso a fuoco dal mandriano sulla coscia della giumenta.
La spiaggia è il luogo della
verità, temuta quanto desiderata. Mette a nudo, implacabile, il decadimento
dell'età, i peccati di gola, esalta gli splendori della giovinezza.
Evidenzia l'equilibrio della
sobrietà e il cattivo gusto di imbrattarsi con dipinti a traforo nella pelle,
con i piercings, anch'essi sempre più presenti, che, se sui capezzoli, sulle narici, nella lingua,
provocano sofferenza al solo vederli (peggio ancora sarebbe se si vedessero
quelli nascosti). Ognuno fa quello che vuole, per
carità, è libero. Ma c'è anche libertà di pensiero, di critica e di questi mi
avvalgo.
Posso sbagliare, essere tacciato di
avere la ruggine nel cervello, va bene, dico lo stesso la disapprovazione di
chi deturpa l'armonia, in primo luogo quella femminile,
che certamente vale più di qualsiasi quadro o monumento.
Però! Però non sempre ritengo che i
tatuaggi sono biasimabili. Talvolta spostano l'attenzione da
certi soggetti, fanno pensare ad altro.
Al proposito mi sovviene d'aver
visto una signora, dalla mole smisurata, che sguazzava sulla battigia e reggeva,
realizzato sulla scapola, un gran gallo col becco spalancato, con la cresta e i bargigli di un
rosso scialbo. Mi è sembrato sentirlo salmodiare la nostalgia e le esequie
delle follie d'amore.
Franco Ruinetti