martedì 12 gennaio 2021

Al confine (by Franco Ruinetti)

 

AL CONFINE


"Eccomi, sono un cittadino dell'universo, buona giornata."

"Perché sei venuto? Qui non si chiede il documento d'identità."

"Che ne so! Sono partito ad occhi chiusi."

"Dire buona giornata è usanza di voialtri abitanti in quella boccia che rotola laggiù, la vedi?"

"Vedo anche se ho abbassati i sipari degli occhi. Vedo."

"Qui è sempre giorno, la luce non tramonta, dovrai adeguarti, questa è un'altra dimensione."

"Dov'è il mio corpo? Non lo sento più, me lo avete rubato, c'ero affezionato... ladri!"

A questo punto scoppiò una risata, cui seguì il galoppo lungo dell'eco.

"C'è poco da ridere, il corpo è la cosa più importante che posseggo... tenuto e amato per tanto tempo... rendetemi almeno gli occhi per piangere."

Altra risata fragorosa con i soliti rimbalzi dell'eco.

Poi, con sorpresa, vidi, sempre senza la vista, il mio corpo. disteso sul letto mentre galleggiavo nell'aria, immobile come un falco ad ali aperte.

Vedevo, di certo con la mente, (prodigio, visione, realtà, miraggio?) delle presenze pressappoco umane, ora più, ora meno definite. Erano delle sculture modellate con brandelli di nuvole, alcune bianche, altre di un azzurro sfocato.

"Ma insomma, chi siete e io dove sono?"

"Siamo quelli che eravamo. E tu sei nel vestibolo."

"Ne so quanto prima, non ho capito niente."

Dopo una sosta la voce anonima diffusa, con cadenza musicale, forse canzonatoria, continuò:

"Tu sei alla dogana, nella zona che non è là e ancora non è il dopo."

"Avevo letto in un libro che per venire qui dovevo attraversare un tunnel, rivedere velocemente il film della mia vita e approdare in un lago di luce. Ma per me non è stato così..."

"Hai grandi curiosità, neanche noi sappiamo tutto... accontentati di quello che già conosci, cioè che tutte le strade portano a Roma."

 

A questo punto ero incerto se continuare a parlare perché quelle entità rispondevano a modo loro ovverosia rispondevano senza rispondere. Poi pensai di rivolgere domande pratiche, su argomenti spiccioli.

"Ma nel definitivo versante dell'essere o, che so io, nel non essere, ci sono le poste, c'è il postino?"

Scoppiò puntuale la risata con le risonanze dell'eco.

"Ridete pure, il postino porta solo guai e sfortuna. Spero che non si fermi. Lascia ansia, atti giudiziari a 56 - 57 km orari, tasse varie, multe dell'Agenzia delle entrate perché il commercialista ha sbagliato la dichiarazione dei redditi, ma dà la colpa a me e così via..."

"Sei ancora collegato con quella boccia laggiù."

"Ma ora che faccio, torno indietro, vado avanti?"

"Non lo sappiamo."

Tanto c'ero chiesi:

"Il mio corpo è trafugato, porca miseria! Ma io qui chi sono: l'anima, lo spirito? Ho sempre fatto confusione."

"Sei l'una e l'altro."

"Capisco di non capire e non inizio a capire al contrario dell'antico saggio."

Mi balenavano tante domande, ma temevo le sghignazzate.

"Di là, nella dimensione definitiva, ci sono i dolori, i virus, la vecchiaia?"

La risposta fu:

"Niente di tutto questo. Nell'infinito non esiste il tempo che è il vostro grande padrone e tutto consuma, inghiotte. E' un invisibile buco nero."

"Bene, riflettei, questo mi piace, vengo, fatemi passare... Ah, ma gli appetiti ci sono, per esempio le polpette fritte, il sesso?"

Esplose la risata universale seguita dal fastidioso tamburello dell'eco.

Quindi silenzio. Le presenze lattee e le altre con sfumature azzurrine su cielo celeste con un accenno rosa di aurora all'orizzonte, si stemperarono gradatamente. Allora sentii più urgente la voglia di diventare cittadino dell'aldilà, quando mi fece sussultare l'abbaiare del cane del vicino. Quegli acuti tenorili pazzi strappavano l'aria. Così, tutto d'un tratto, mi ritrovai affogato tra le coperte. Ero ripiombato nella 'boccia'. Non fui contento dell'esito. Ed ebbi la riprova, se ce n'era bisogno, che di qua sono in affitto e che proprio conto un bel niente.

 
Franco Ruinetti