sabato 2 gennaio 2021

Lo chiamavano "Il Gallo" (by Franco Ruinetti)

 

LO CHIAMAVANO "IL GALLO"


Lo chiamavano "Il Gallo" perché aveva la cresta. Si trattava di un ciuffo bianco, su chioma nera, che iniziava dalla fronte per finire a metà della testa. Lui lo riteneva un segno distintivo, squillo d'argento.

Lui, suo padre e 'la donna', in pratica la serva, erano provenienti dal nord, avevano comprato una villetta e di certo possedevano un pagliaio di soldi perché vivevano nel lusso e nell'ozio.

Era un bel giovane sui 25 anni, che vestiva sempre di scuro, con giacca e cravatta. Per lui tutti i giorni erano festivi, poteva permettersi la vita facile. Ben presto restò solo, anzi con quella donna di servizio perché il genitore morì in quattro e quattrotto inchiodato a sessant'anni durante una galoppata fuori ordinanza con una famosa mora piena di salute.

Io lo frequentai poco, di sfuggita, perché m'era antipatico, non so per quale motivo, a pelle. Però mi incuriosiva e, dato che ero amico del suo amico Lucio, lo conoscevo bene, di rimbalzo.

E lo osservavo recitando indifferenza quando, sul far della sera, calava a valle per lo struscio, le vasche, che una volta erano il passeggio, ora, invece, nell'epoca dell'esterofilia, con accento di moda e saccentemente, sono la movida paesana. E mi viene in mente che il 'sì' dantesco non suona più musicalmente, bensì stona, raschia nell' 'okey'.

Era abbastanza alto e, già in lontananza, osservavo la sua cresta di neve che calamitava le luci delle botteghe. Lo incrociavo, ma lui volgeva lo sguardo verso le gronde e non lo salutavo. Incedeva piuttosto lento, quasi maestoso. Il pollastro faceva il passo dell'oca. Ma forse non era così, di certo ero io che esageravo.

 


Mi pareva un gallo speciale. A differenza di quello vero, che esce nell'aia col sole, lui si presentava nella via Maestra con la luna. e, come l'animale pennuto, che è titolare di un harem, lui aveva molte pollastre, anche di alto rango. Così mi risultava che dicesse, cioè così raccontava Lucio, suo scudiero, ciarliero, forse poco o per niente attendibile.

Poi Il Gallo scomparve. Passarono gli anni, in fretta come sempre e a me sembrò che la luna e la via Maestra, vetrina delle genti, fossero sospese nell'attesa, in una sorta di vedovanza. Era scomparso anche il fedele amico.

Quest'ultimo rincontrai dopo gran tempo, con sorpresa, nella piazza che si apre al centro del paese. L'aria del mattino aveva la veste di una nuova primavera.

"Ma dove sei stato? Eri scomparso!"

"Non vedi?"

Infatti la mia era stata una domanda inutile perché Lucio si reggeva e camminava a fatica con due stampelle.

"Come è stato?"

"Ad una curva feci un frontale con un trattore."

"Oh Dio!... Ma è scomparso anche Il Gallo!"

"Andiamo a sederci, prendiamo un caffè a tavolino fuori dal bar, ci mettiamo comodi e ti racconto con poche parole la storia di quell'imbecille."

"Ma che dici!? E' il tuo amico da sempre, lo frequenti, sei di casa..."

"Non più, non più, andiamo, pago io."

Lo aiutai a sedersi, era dolorante, si lamentava.

"Dunque, ora ti racconto... mio Dio...mio Dio."

"Senza fretta."

Andai alla cassa, ordinai e pagai due caffè.

"Hai visto come sono ridotto... hai visto?"

"Ma qual è il vero nome del Gallo?"

"Costaldini. Ma vuoi sapere perché è sparito, perché non si vede più passare e ripassare a testa alta?"

"Sono curioso di saperlo."

"Perché si è accasato con la vedova Olla."

"Non so chi sia, non la conosco."

"Non è vedova, la chiamano così, ma non è sposata. (Tirò il fiato) In compenso ha due figli piccoli e lei è più grande del Gallo. I figli sono di padri diversi e scomparsi, queste sono le chiacchiere e lei ha fatto tutti i mestieri per tirare avanti."

"Poveretta!..."

"Poveretta un corno... la chiamano La Olla, penso sia il soprannome. Chi glielo ha messo è stato pungente..."

"Che vuoi dire?" 

"Io ho fatto cinque anni di seminario e ho studiato il latino..."

"Anche io ho studiato il latino..."

"Allora non ti ricordi: olla vuol dire pentola."

"E con questo?"

"Ma non capisci: Il Gallo, come tutti i polli, è finito in pentola."

Non risi alla battuta, anzi, ci rimasi male.

Qualche tempo dopo vidi Il Gallo al parco con due ragazzi e un bambino che ancora camminava incerto. Gli razzolavano intorno ma lui, per me, non era più Il Gallo. Era sparita la cresta e aveva tutta nera la folta capigliatura. Tra me e me lo chiamavo Signor Costaldini. Cambiai anche l'opinione su di lui, radicalmente. All'antipatia subentrò un sentimento luminoso di ammirazione perché seguiva, esponeva, vien da dire a testa alta i propri sentimenti, sfidando i cosiddetti benpensanti come Lucio, presenti ad ogni piè sospinto, sempre pronti a sparare frecciate di giudizi.

Franco Ruinetti