martedì 17 novembre 2020

Un colloquio impossibile (by Franco Ruinetti)

 

UN COLLOQUIO IMPOSSIBILE


La canicola del meriggio mi vinse, allora mi fermai a mezza costa del monte, nel pianoro erboso limitato dalle ginestre. Mi sedetti in terra appoggiando la schiena sulla quercia, vecchia amica, confidente, che da tempo, decenni, non ero tornato a trovare. Il sole si esaltava sulle infiorescenze delle ginestre, mentre affondavo nell'ombra gradevole e depositavo nella superficie del mondo la stanchezza della camminata.

Percepivo la brezza di valle. Mi sfiorava lieve come una carezza di mia madre, che veniva da lontano. Le foglie della pianta si muovevano lente all'unisono. Giocavano col sole.

"Finalmente!"

"Chi parla!?"

""Come chi parla!? Eravamo amici, non ti ricordi?"Adesso sei da solo, ma a quel tempo venisti qualche volta con la ragazza.."

"Certo che mi ricordo. Quegli incontri, belli e segreti, li ho sempre portati con me. Quei baci, soltanto baci, puliti, inebrianti, luminosi, sono stampati nell'eternità. Che si distende nell'universo. Erano primizie, la comparsa dell'amore. Questo era il nostro rifugio... lontani dal mondo nella tua ombra... primavera della vita... ma tu come fai a 

 parlare?"

"Ti parlavo anche allora, ma non avevi tempo e voglia di ascoltarmi. E' il vento che mi porta le notizie e mi muove le parole. Oggi la voce è bassa perché la brezza è leggera."

"Allora tutte le piante parlano?"

"Tutte, chi più, chi meno, come voi umani. Vedi: quei pioppi laggiù lungo il fosso, basta che si alzi un po' di vento, per agitarsi e scatenare un chiasso come quando segnano, al campo sportivo, il gol della vittoria."

"Chissà quante coppie di innamorati hai ospitato nella tua ombra!?"

"Tante, ma tanto tempo fa. Oggi l'amore lo fanno in scatola, dentro i barattoli delle automobili, scomode e allo stretto. E' un ossimoro: il piacere della tortura. Capisci ora? Il vento entra nelle scuole, entra ed esce, mi porta anche le lezioni di grammatica."

 

Ero lì tra il lusco e il brusco, con la caligine negli occhi e nella mente, a mezz'aria tra il passato e il presente, , col pensiero che dondolava tra la giovinezza e l'età stramatura. Stavo bene. Sentivo lungo la schiena la scorza rugosa dell'albero e non riuscivo a staccarmi.

Mi apparve un falco appeso immobile nell'azzurro. Poi dissi alla quercia che il nostro colloquio era soltanto uno svago del cervello senza le briglie, una fantasia.

"E' solamente un sogno", mormorai.

La quercia replicò sentenziosa filosofeggiando:

"Veglia o sonno sono ambedue veri, ambedue fantasmi."

"Beato chi ti capisce! Comunque devo dirti che sono venuto qui per scappare dai miei pensieri... che sono tanti... ci affogo. Felice te che non ne hai!"

"Tu sapessi quanto è brutta la musica sguaiata delle motoseghe! Sempre, durante i freddi inverni, la morte mi passa vicina. Ma, torniamo a noi: lo so bene, non sei più quello di quando venivi con la ragazza, ebbro di contentezza dissimulata... Ti ricordi ancora come si chiamava quella figliola?"

"Certo. Allora si chiamava Carla. Ora si chiama Nostalgia. Però non cambiare discorso. Sono venuto quassù per scappare da me stesso. Vedi: per me la vita è male, come dice il grande poeta. Forse lo è per tutti e lo dimostra che si nasce piangendo..."

"Non è vero, normalmente si nasce nel piacere. La vostra vita vita non inizia all'anagrafe, ma col concepimento."

All'improvviso un gran boato, come di tuono, squarciò il cielo. Era un aereo che, superando il muro del suono, mandò in frantumi il mio incantesimo e mi fece rimbalzare nella luce piena del solleone. Allora una cicala lontana cominciò a strappare l'aria e il silenzio. Non mi pareva un canto d'amore, bensì un pianto senza speranza.

Franco Ruinetti