martedì 24 novembre 2020

Maghi, guaritori e affini (by Franco Ruinetti)

 

MAGHI, GUARITORI E AFFINI

Ne ho conosciuti diversi, mi hanno incuriosito. Il mio giudizio sulla loro attività non è univoco. Ho l'impressione che alcuni di tali operatori, la maggior parte, siano brutta gente, da evitare, che sguazzano nella sofferenza, nella disperazione: sono ingannatori, venditori, a caro prezzo, di fumo. Di altri non so dare un giudizio definitivo. Talvolta sono rimasto sorpreso.

Olindo

Dopo la fine della guerra, per un paio di anni, alle elementari, eravamo stati compagni di banco. Poi lui non fece l'esame di ammissione alla scuola media e, per molti anni, non l'ho incontrato. Lo rividi al bar fuori porta, lo riconobbi perché era ricciuto e moro, quasi venisse dal Niger. E questo suo aspetto appariva strano perché i suoi genitori erano biondi, li chiamavano 'i tedeschi', La qual cosa non passava inosservata e un osservatore impiccione spiegò l'arcano dicendo che era stato concepito quando sua madre aveva fatto la tinta.

A scopa e briscola mi vinse sempre. Dovetti pagargli diversi caffè. Anche l'ultima volta persi al gioco, ma insistette per pagare lui la consumazione. Era un dopo cena e restammo a parlare, seduti a tavolino, fino alla chiusura del locale:

"Come una volta, nello stesso banco!"

"Come quando s'era alunni del maestro Botta."

Mi confessò, calibrando le parole, che intendeva fare il guaritore, che aveva trovato, in soffitta, un quaderno con ricette di erboristeria, scritto da sua nonna. Mi rivelò che a certi infusi di prezzemolo, malva, erba medica e altro mescolava la polvere dell'aspirina, e che con una pozione aveva addirittura guarito il suo cane agonizzante.

"Che malattia aveva?"

"Non lo so esattamente."

"Avrà avuto la prostata."

"Non credo."

"Allora aveva la canite."

"Esiste?"

"Penso di sì," risposi serio.

Dopo quella volta non l'ho rivisto. So per certo, però, che ha fatto i soldi.

Un frate

Mi trovavo al nord Italia per lavoro e una volta qualcuno mi parlò, in termini entusiastici, di un frate, quasi taumaturgo, che viveva in un convento poco distante dal paese dove mi trovavo. Mi informarono che non visitava, ma vedeva dentro.

"Fa i raggi?"

"No. Si concentra, va in trance. Visita anche a distanza, basta presentargli una fotografia."

"Prescrive medicine?"

"Sì, ma le compri dal fruttivendolo, in macelleria, erboristeria, poche in farmacia."

Ci andai.

Entrai in una stanza a piano terra. Lungo le pareti c'erano le panche di chiesa sulle quali sedevano uomini, donne, bambini che aspettavano il loro turno. Mi appollaiai composto in attesa. Nel mezzo della parete di fronte all'ingresso c'era la porta per entrare nel locale dove era il frate. Ogni volta che l'aprivano lo vedevo seduto dietro la scrivania.

Quando finalmente entrai mise l'indice dritto sulle labbra imponendomi di stare zitto. Mi sedetti e silenzio fu. Quindi chiuse gli occhi, mi sembrò affogasse nella poltrona. Risorse.

"Che sei venuto a fare? Tu godi buona salute, mangia un po' di verdura bollita per aiutare il transito intestinale. Dammi quella fotografia."

Era di una mia parente che, dopo la menopausa, sentiva le voci. Gliela detti, ma me la restituì in fretta, come nauseato.

"Non c'è niente da fare. Ricoveratela":

Anche gli specialisti avevano sentenziato che non sarebbe guarita.

"Quanto le devo?"

"Quanto le pare."

Misi dei soldi sulla scrivania, che lui rastrellò con la mano facendoli cadere dentro un cassetto mezzo aperto.

C'ero andato incredulo, baldanzoso e venni via. rasentando i muri, con un palmo di naso.

Provai giovamento dalla sua cura.

Il Mago Eros

Ero redattore di una rivista estiva della riviera romagnola. L'editore mi incaricò di intervistare il mago Eros. Mi disse:

"Ha già pagato bene il servizio, che, per lui, è pubblicità e sarà interessante per chi è in vacanza."

Ci andai. Abitava in una casetta sul dorso della collina poco distante dalla costa. Era circondata dai cipressi, simili a gendarmi, che mi prendevano di mira con spade di sole.. Mi aprì una signora enorme, vestita di rosso. Si qualificò:

"Sono sua madre. Il Maestro è impegnato."

Entrammo nella sala d'attesa. Lei si sedette ad un tavolo, io ad un altro.

"Mi dica: ci sono casi impossibili per il mago?"

La signora aveva davanti dei pacchetti di sigarette ed un bricco.

"Vuole fumare, vuole un caffè?"

"No, grazie."

Ogni tanto si attaccava al bricco.

"Bisogna avere fiducia."

Poi comparve lui, il Maestro Eros, imponente, con un piviale rosso dalle frange d'oro, lungo fino ai piedi. Mi alzai con recitato rispetto.

"Venga", disse e mi fece segno di seguirlo di là, 'nel teatro dei burattini', pensai. Ci sedemmo ad un tavolo, l'uno di fronte all'altro.

"Lei risolve ogni richiesta?"

"Io tolgo le negatività e il malocchio con i riti e gli apporti. Insegno la fiducia, sono un allenatore della volontà del soggetto perché è lui stesso che deve avere la forza di uscire dal suo malessere. Volere è potere. Tutti possono combattere e vincere anche la sfortuna... Vede? Il rosso è vita, amore, il mio nome è un destino, la mia specializzazione è l'amore..."

Insomma capii che se una persona, ad esempio, non ritrovava l'amore doveva fare mea culpa per l'anemia della volontà.

Gli chiesi una sua foto per corredare il servizio giornalistico.

"Ce l'ho nello scrigno."

Era una specie di tabernacolo sopra al canterano. Mi pareva la cuccia del cane.

"Ma in questa foto lei ha tanti capelli riccioli, mentre ora non ne ha neanche uno!"

"E' vero: d'inverno sono biondo, d'estate ho la testa nuda."

Un altro frate

"Mi accompagni?"

Lo accompagnai. Era un collega amico. Andammo da un frate in un paese della Romagna vicino al nostro.

"Perché siete venuti?"

"E' lui che ha bisogno."

"Per il mal di schiena."

Lo fece sedere su un banchetto.

"Si tolga la giacca, può tenere la maglia."

Gli impose le mani.

"Sente caldo?"

"Sì, molto."

"Il suo male non è artrite e non ci sono ulcere."

"Allora cosa è?"

"Le faccio il massaggio e avrà sollievo per una dozzina di giorni."

Prese la levigatrice del trapano Black Decker, (la conoscevo e spesso usavo) che, al posto della carta vetrata aveva una stoffa bianca, spessa.

"Sollevi la maglia"

Prese una ditata di pomata da un vasetto, gliela stese sulla schiena e praticò un lungo massaggio con l'attrezzo di falegnameria.

La previsione del frate fu esatta. Il mio amico stette meglio per un po' di giorni, poi trascorse sette o otto mesi nell'altalena tra i dolori e la morfina. Il tumore alle ossa lo portò via.

La santona Lalla

Il mio vizio del fumo

"Se vuoi smettere di fumare vai dalla Lalla, abita in quella casa vicina al ponte sul Tevere. Ha due specialità, oltre a liberare dalla dipendenza dal tabacco, guarisce dal fuoco di sant'Antonio."

Allora andai da questa Lalla.

Me la figuravo una fattucchiera avanti negli anni, con i capelli bianchi sparati, come le streghe delle favole. Invece rimasi stupito perché era una donna sui trenta, bella, fresca di parrucchiera.

Mi dette una sigaretta dicendomi che l'aveva 'trattata', che la dovevo fumare tutta poi, per farla 'agire', dovevo astenermi dal fumo per almeno tre ore. Invece incontrai un amico che mi offrì il caffè e, automaticamente, accesi una sigaretta, così l'incantesimo si ruppe.

Qualche tempo dopo, una mattina, mi svegliai immerso nella primavera perché mia moglie aveva aperto la finestra.

"Giorno nuovo, vita nuova, non ho bisogno di guaritori, sono io il santone di me stesso."

Così mi dissi a voce alta, tanto non mi sentiva nessuno. Era domenica. "Faccio festa, non fumo, smetto. E' una stupidaggine mangiare il fumo. Fumare è autolesionismo, masochismo. Mi affranco dalla schiavitù di stato."

Smisi davvero, senza crisi di astinenza, anzi contento, fu come rinascere, salivo le scale di corsa, i sapori delle pietanze erano ricchi di appetito; aumentai 10 chili e mi misi a camminare a passo svelto per perderli nelle strade di campagna.

Franco Ruinetti