Un cane cartesiano
Nelle mie
camminate quasi quotidiane sulla battigia, talvolta, incontro qualcuno che
conosco. Stamattina mi sono imbattuto in 'Lampione', già professore di
filosofia, già amico e collega, che, da quando siamo andati in pensione, nello
stesso anno, non ci siamo rivisti. Forse lo chiamavano così, certamente di
nascosto, perché era bravo e le sue lezioni erano chiare, luminose. Ha capelli
folti, lunghi, continuano con la barba. Così il volto è circondato da una
specie di ghirlanda pilifera spessa, che una volta s'accendeva di sfumature
rossastre, mentre ora è diventata completamente bianca, come quella marmorea
del suo parente Socrate, che è al Louvre, scolpito da Fidia.
“Ciao vecchio furfante!”
“Bravo! Sei ancora vivo?”
“Ti ricordi delle nostre battaglie per assolvere
e promuovere gli alunni, combattute contro i censori dall'ostracismo facile?
“Certo che ricordo e, quando ci ripenso, non
cambio le idee, mi do ragione.
Ad un tratto, uscito dal mare, mi viene
incontro, balzellando, un cane bastardone, bianco e nero, dal pelo lungo.
“Non avere paura, è Argo, ti fa festa.”
“Va bene, ma mi bagna tutto!”
“Che sarà mai, è una benedizione!”
“Ma andate a quel paese te e lui.”
“Non essere sgarbato."
Poi l'ex collega, fermo sui due piedi, racconta la sua storia e i suoi pensieri, mentre io cerco di tenere alla larga il cane che mi gira intorno, col pennacchio della coda come un aspersorio.
Poi l'ex collega, fermo sui due piedi, racconta la sua storia e i suoi pensieri, mentre io cerco di tenere alla larga il cane che mi gira intorno, col pennacchio della coda come un aspersorio.
“Mia moglie m'ha lasciato...”
“Poveretta, era ancora giovane...”
“Ma quale poveretta! E' scappata via col
diacono.”
Poi continua:
“Non credo più a niente, m'è rimasto solo lui,
Argo... un cane è meglio di qualsiasi amico umano... è affettuoso... alza la
gamba e urina sulla civiltà, sul mondo intero, interpreta i miei sentimenti,
sembra contento, che sorrida e dica: mingo ergo sum, cioè: faccio pipì, quindi
esisto.”
“Non c'era bisogno della traduzione simultanea,
conosco anch'io Cartesio, tu mi hai sapientemente insultato...”
“No, no, non era mia intenzione, però esiste
l'analfabetismo di ritorno...
“Oh bella, ora mi dai anche del rincoglionito!”
Non glielo ho detto, ma ho pensato che sua
moglie abbia avuto ragione a scappare col mezzo prete.
Cani e cagnolini
Con la bella stagione, qualche volta, a metà
mattina, mi piace andare fuori porta a sedermi davanti al tavolino, all'esterno
del bar, ordinare la colazione, che poi è la seconda e terminare questa
piacevole liturgia con una sigaretta, che è sempre l'ultima, come quella di
Zeno raccontato da Italo Svevo. L'altro giorno, mentre mi godevo il deprecato
fumo, fui attratto da due cani di media taglia, che scorrazzavano liberi tra le
aiuole del giardino, ogni tanto sostavano, l'uno alzava la gamba sulla siepe di
bosso, l'altro s'accovacciava e così via. Strano, erano scappati dai divieti
delle leggi e del padrone per rubare una libertà sicuramente breve. Mi parevano
contenti e io partecipavo spiritualmente alla loro festa,
Quando:
“Possiamo sederci?”
“Certamente, prego.”
“Non ci sono altri tavoli qui fuori...”
“Non si preoccupi, mi fa piacere...”
Erano due signore, l'una pesante di anni e di
pancia, l'altra, stretta in un vestito verde, bocca rossa a cuore, occhi
bistrati di nero, che, a vista, faceva ancora pensare a battaglie d'amore.
Recavano in braccio due cani di taglia in scala ridotta, che, al giorno d'oggi,
vanno di moda.
Venne il barista un po' dinoccolato che,
guardando me, sorrise e, rivolgendosi alle signore, domandò:
“Il solito?”
“Sì”, risposero all'unisono.
Dopo poco l'uomo tornò con un vassoio dove
traballavano due cappuccini fumanti e con paste e biscotti.
“Questo signore dirà che li viziamo.”
“Non lo dico, anzi dico che sono cani nani e
devono mangiare per crescere.”
Mi sorpresi perché m'era uscita la rima baciata.
“Non devono crescere, sono già adulti.”
Sembrava che le avessi offese, allora, per fare
qualcosa, accesi un'altra sigaretta fingendo distrazione e di non dare ascolto
alle loro amorose quanto stucchevoli parole che rivolgevano ai cagnolini.
Invitavano, con amore sciropposo, le bestiole a
fare colazione con i biscotti, che sbriciolavano e porgevano sui palmi delle
mani. Al ché mi scappò detto:
“Perché li tritate? Non hanno l'osso, anzi la
lisca!”
Non mi curarono né di una risposta, né di uno
sguardo. Allora me ne andai pensando che quei due cagnolini avevano perso tanto
l'identità, quanto la libertà, prigionieri in un mondo di piume, baci, coccole
e carezze.
I cinque cani della mia via
Nella mia strada, che è breve, sarà lunga sì e no cento metri,
tutte le case, sul davanti, hanno un piccolo scoperto. In alcuni di questi
spazi vivono i cani e, per la precisione, ce ne sono tre dalla parte dei numeri
civici dispari, due dall'altro lato. Sono tutti di taglia media o di più,
insomma non sono degli spiccioli, che non li voglio offendere. I loro padroni
li curano, li portano a fare quotidiane passeggiate igieniche, li accudiscono,
ma non li baciano. Sono animali di grande cortesia, diversamente dai miei
vicini. Scodinzolano quando passo loro davanti e io rispondo sempre ai saluti.
C'è poi Lampo (so che si chiama così perché il nome è scritto con la vernice
rossa sul timpano della casa di legno) che mi sporge dal cancello la zampa e
così gli do la mano. Se uno di loro abbaia tutti abbaiano. E certi residenti si
lamentano. Ma quello di dare l'allarme è il mestiere dei cani, un lavoro a tempo
pieno per il quale non c'è bisogno che timbrino il cartellino e gli si deve
essere riconoscenti. Al proposito ricordo l'episodio di quel ragazzo che, di
notte, si stava arrampicando sulla calata della doccia per salire al primo
piano ed entrare a fare man bassa nell'appartamento attraverso la finestra
dalla serranda semiaperta. Lampo saltò la cancellata e, con l'orchestra dei
suoi colleghi, svegliò le genti. Il giovane rimase abbracciato a quel tubo di
rame, non poteva completare l'opera e aveva paura a scendere. Finché arrivò il
suo padrone, lo trattenne per il collare e lasciò che il ladruncolo
raggiungesse a gambe levate i mandanti, che erano dietro l'angolo dentro la
macchina in sosta, ma col motore in moto.
Così sono i cani della mia via: gentili e bravi. Ma, come tutti,
hanno qualche lato negativo. Il peggiore è quello di essere razzisti. Quando
passa il senegalese, che lascia la pubblicità porta a porta, sembrano una banda
di musicanti all'improvviso impazziti.
Franco Ruinetti