giovedì 30 novembre 2017

A crogiolare nel sole (di Franco Ruinetti)


Mi sono visto vecchio. Poi, seduto su una panchina del giardino, sono volato, a velocità incalcolabile, nei misteri siderali.


Stamattina, dopo essermi lavato la faccia, mi sono soffermato davanti allo specchio per guardarmi, come non faccio mai. Mi sembrava che non fossi io, non mi riconoscevo. Per me i vecchi erano gli altri. Allora, all'anziano che mi era capitato di fronte, ho detto buongiorno e ho tirato dritto. Però quell'immagine non mi ha lasciato, mi si è appiccicata addosso per aggiornare, purtroppo, la mia identità. Ho fatto colazione insieme a mia moglie e al gatto. Come al solito con piacere perché quello è il tempo più gradito di tutto il giorno. Poi mi sono avviato verso il giardino fuori porta. Ho notato che camminavo lento. L'andatura era quella di uno sufficientemente carico di anni, cioè dell'uomo dello specchio, con le zampe di gallina verso le tempie, con la pappagorgia sciolta e con qualche ciuffo di capelli dimenticati dalla devastazione degli anni. Mi sono seduto su una panchina. Solo. Perché alcuni compagni con i quali corrispondevo, di recente sono tornati di là da dove, una volta, erano scaturiti. Solo. Ma con i pensieri che s'accendono chissà come, spesso graditi perché così non si è, almeno mentalmente, del tutto perduti nella solitudine, nel silenzio. Compaiono per il motivo che il cervello non va in vacanza. Lavora anche nel sonno. Allora, d'improvviso, con sorpresa, ho sentito il dovere urgente, mai assolto, di ringraziare l'universo per ospitarmi. Quindi ho pensato e ricordato: fui deposto nel carrozzone della terra senza accorgermene e piano piano poi mi sono reso conto d'essere al mondo, ma dell'intera faccenda, ad esempio del perché esisto, non ho capito niente. Da piccolo guardavo gli adulti con diffidenza perché loro erano istruiti, sapevano tutto. Io no. Poi ho frequentato le scuole, sono a mia volta diventato adulto, però sono rimasto ignorante. 
Continuo a viaggiare nel mistero. 
Appunto: un grande viaggio. 
Se sommo la rotazione terrestre al movimento di rivoluzione e a quello di traslazione, ogni giorno percorro milioni di chilometri. Una volta, su un libro di astronomia, li avevo calcolati. C'è da diventare pazzi. Di questo passo dove andremo a finire? La strada sarà sempre libera? La velocità è inimmaginabile. A rotta di collo. A questo punto ho dato una sterzata alla corsa del cervello che, pure lui, si sposta nella galassia più in fretta del fulmine. Che strano: ho appreso che giro e rigiro nelle trottole cosmiche senza essere sbalzato, né avere mal di stomaco o capogiri. So bene che c'è una specie di calamita sotto i piedi e che non è vero che sei con la testa all'ingiù. L'effetto è di una immensa palla spianata.
Ho continuato a pensare e ricordare. Nel pensiero c'è la massima libertà. Su via! Insomma: del sistema infinito che abitiamo si sa poco e niente, non si conosce la stazione di partenza, né la destinazione, si va senza la benzina, senza pagare il biglietto. 
Non sono serio, dico cavolate, mi voglio divertire. O forse sì, si pagherà all'arrivo, chissà? 
Ho cercato di capire, fino a dove ce l'ho fatta, i ragionamenti di qualche scienziato e filosofo, ma mi sembra che conoscono solo gli spiccioli, anche loro annaspano, non vedono oltre la portata dei loro occhi. Fanno soprattutto girotondi di parole. 
Però è bello essere capitati qui anche se il nostro viaggio nel tempo è meno della scintilla di una lucciola nella notte senza confini, anche se qualche giorno grandina o il vento forte scompiglia le idee. Eccolo, con l'alloro in testa, non poteva mancare, sempre serio e sentenzioso, m'è venuto in mente l'amico Dante, che la sa lunga, è andato anche in paradiso. Diamogli retta quando dice di stare contenti al quia. Allora, di nuovo: grazie universo per avermi ospitato.

Ho promesso a me stesso che non tornerò a guardare lo specchio, che è bugiardo perché si ferma di fuori, sulla buccia e mi fa vecchio, non vede la verità, cioè il ragazzo che è dentro.

Quando una campana ha suonato il mezzogiorno ho lasciato la panchina. Mi aspettava una scodella fumante di pasta e fagioli.

La mattinata è stata un regalo. Il cielo era una favola azzurra e mi sono sentito bene crogiolandomi al sole. Fermo come una lucertola.


Franco Ruinetti