Germano Ceschi vive e lavora Rimini. Cosi' Franco Ruinetti parla della sua pittura: "Guardo i dipinti di Germano Ceschi, che non sono
facili eppure mi chiamano, talvolta anche se non li ho davanti. Ho parlato di
essi con gente interessata all'arte e ognuno ha detto la sua, ma con un
denominatore comune, che è l'inquietudine. L'autore non commenta la propria
produzione, non spiega se stesso, è riservato e schivo. Allora io dico la mia e
parto da quando, ancor giovane, dipingeva paesaggi, vedute radenti con orizzonti
al limitare, dai colori battenti nei prosceni, che si scioglievano ai confini
del cielo. Erano interessanti, ma ad un certo momento non volle più adagiarsi
nella dolcezza dei violini e andò oltre, cercò di superare la superficie
dell'apparenza, i colori persero il sorriso e le figure divennero tracciati,
orme del pensiero. Comunque ancora, talvolta balza al presente, derivante da un
sentimento tenace, qualche veduta di Rimini, sua patria e culla.
Ogni soggetto, inteso con quel personale inconfondibile lessico pittorico coniugato in termini classici, risulta come miraggio in lotta con un deserto che avanza inesorabile. In altri quadri sembra sul punto di comparire, definirsi, un argomento, parvenza leggibile, ma l'attesa è inutile. Essi, con i loro enigmi, contagiano, parlo per me, malinconia, di più: tristezza, anzi angoscia. Intravvedo campi di fango secco e screpolato con la nostalgia verde dei prati, mi perdo in tessiture come di ragnatele grigie che hanno una segreta eco nel cielo azzurro. Ci sono sparsi, ma accordati, ora dei segni geometrici, ora incisioni di simboli, poi brevi apporti materici, inoltre caratteri simili a quelli cuneiformi, che viene la tentazione di leggere. C'è, mi pervade, una musica lenta quasi monocorde nella densità del silenzio. Certe proposte non lasciano indifferenti. L'opera d'arte può essere anche denuncia ed è valida indipendentemente da quello che rappresenta, come dichiara un testimone che si chiama Kandinskij.
Ogni soggetto, inteso con quel personale inconfondibile lessico pittorico coniugato in termini classici, risulta come miraggio in lotta con un deserto che avanza inesorabile. In altri quadri sembra sul punto di comparire, definirsi, un argomento, parvenza leggibile, ma l'attesa è inutile. Essi, con i loro enigmi, contagiano, parlo per me, malinconia, di più: tristezza, anzi angoscia. Intravvedo campi di fango secco e screpolato con la nostalgia verde dei prati, mi perdo in tessiture come di ragnatele grigie che hanno una segreta eco nel cielo azzurro. Ci sono sparsi, ma accordati, ora dei segni geometrici, ora incisioni di simboli, poi brevi apporti materici, inoltre caratteri simili a quelli cuneiformi, che viene la tentazione di leggere. C'è, mi pervade, una musica lenta quasi monocorde nella densità del silenzio. Certe proposte non lasciano indifferenti. L'opera d'arte può essere anche denuncia ed è valida indipendentemente da quello che rappresenta, come dichiara un testimone che si chiama Kandinskij.
A volte, nei quadri
di Ceschi, compaiono, nella nebbia del grigio o nella stanchezza di un colore
impensabile, tra ocra e violetto, barlumi appena percepibili che potrebbero
alludere all'estrema luce del tramonto, ma, perché no, anche al miracolo di una
nuova aurora.
Le emozioni che
accendono i dipinti di questo autore sono diverse, come sono diversi coloro che
li incontrano. L'artista sviluppa anche il tema, dell'inquinamento, che nega la
bellezza alle generazioni future e laddove la speranza si va spegnendo non è un
vanto appartenere alla civiltà."
Dal 2016 una sua opera è esposta in permanenza presso il Piccolomuseo di Fighille. Ecco alcune sue opere recenti: