lunedì 29 maggio 2023

Gli spilli di maneglia (561)

   

...in archivio la maglia rosa, ora sguardo verso la maglia gialla....

 

martedì 23 maggio 2023

Ramov (by Franco Ruinetti)

        

RAMOV


Non so quale fosse il suo vero nome. Lo chiamavano Ramov, di certo perché aveva partecipato alla campagna di Russia. Era uno dei pochi reduci che, sopravvissuto alla guerra delle arni e dell'inverno era ancora tutto intero. Aveva, però, gravi limitazioni mentali e fisiche. Camminava con cautela perché il gelo gli aveva intormentito i piedi. Per tornare ci aveva messo un paio di mesi. Lo trovarono seduto sull'ultima panchina del giardino, fuori porta, il giorno successivo alle votazioni del '48. Nei primi tempi, qualche volta  ragionava  bene o quasi, soprattutto a luna calante, altrimenti  la sua mente, come il vino, s'intorbidiva.

Io lo conobbi qualche anno dopo. Aveva il viso solcato da profonde rughe. Mi dissero che lo aveva raccolto un parente, ma compresi, non so se a ragione o torto, che per lui la guerra continuava e  ora il nenico era la stessa vita quotidiana.

Ramov usciva tutte le sere, col tempo buono o cattivo, verso le nove e si adagiava su quella panchina, che considerava sua. Avrebbe potuto prenderci il domicilio per le prime ore del buio. Se c'era una coppietta a parcheggio lui la spintonava, rivendicava tacitamente il proprio diritto di proprietà.

C'era sempre qualcuno che s'intratteneva con lui per cercare di dialogare, ma la maggior parte dei passanti tirava dritto; forse, vedendolo in malarnese, lo pesava come uno scarto umano.

Ramov non  rispondeva a tono, ma con parole sciolte e rumori, che io rimuginavo e mi facevano pensare alle pagine del futurismo, da me appena conosciute, ai quadri nebulosi dell'astrattismo con risonanze e significati in lontananza.

Mi compare ancora il suo sorriso di due o tre denti nel vano della bocca quando gli davano le sigarette. Allora si toglieva il berretto di colore marrone incerto, floscio e accennava un inchino. Mi faceva tristezza e, nello stesso tempo, simpatia. Quello che so di lui lo intuii, anzi lo supposi, ma forse ero fuori strada o me lo riferirono.

Capitava che tra i suoi mugolii formulati a strappi e spesso musicali, componesse delle locuzioni.

“Inverno vincitore, inverno Mussolini”. E poi: “Invisibile diavolo, via.. via (urlava) tutto bianco, non morire, no.. no.. no.”

“Tapum mamma tapum...”

Al suo ritorno lei non c'era più. Quando lo seppe pianse, si disperò, disse che era tornato soltanto per lei. Ma non aveva fatto in tempo ad abbracciarla perché era morta con 'una fucilata d'amore'.

E poi, una specie di ritornello: “Alina doppia... brava, doppia...”   Va a capire! C'era chi diceva che Alina era stata la sua compagna, che l'aveva curato e salvato, quindi, quando lui cominciava ad inciampare col corvello, l'aveva spedito, eccetera, eccetera. 'Doppia' poteva valere come apprezzamento, ammirazione che equivalevano a grande e anche bella.

“Vino, chiedeva, no vodka, insisteva, vino.”

“No, no Ramov,” era la risposta  secca.

Se beveva un bicchiere s'immalinconiva e piangeva. Le lacrime copiose scendevano nei solchi delle rughe.

Una mattina di dicembre era su quella panchina con la bocca storta, gli occhi aperti, inbiancato dalla prima neve.

Mi capitò per caso, dopo diverso tempo di rincontrarlo al cimitero. Sulla lapide, sotto il nome in stampatello c'era scritto, in corsivo, Ramov. Non l'avrei di certo riconosciuto. Era castano, ricciuto, pelle liscia con la luce dei vent'anni, in giacca e cravatta.

Era un bel giovane.

Franco Ruinetti

lunedì 22 maggio 2023

Gli spilli di maneglia (560)

   

...la protesta sul caro affitti per universitari italiani ha catturato le prime pagine dei giornali....

martedì 16 maggio 2023

Persistenza (by Franco Ruinetti)

        


PERSISTENZA


Come eri bella!

Quando l'ombra grande

della sera

si adagiava nella valle

sciogliendo lentamente

i colori del giorno

i  tuoi capelli

tesi sulla testa

con le onde della coda

si accendevano

come una cometa

bionda.

Non sei dispersa nel tempo

che per incantesimo

talvolta

quando mi fermo

si rompe

e mi appari ancora

nella favola dell'adolescenza.

Ci sei sempre

sola tra tutti.

Ti vedo

luce lontana

poesia senza tramonto.

Come sei bella!

Franco Ruinetti


 

lunedì 15 maggio 2023

Gli spilli di maneglia (559)

  

...si continua a parlare di inutili riforme istituzionali senza capire che il problema non è "la scatola in cui il politico si muove" ma, bensi', "il politico stesso" !....

martedì 9 maggio 2023

La finestra (by Franco Ruinetti)

 

       

LA FINESTRA


Il locale più frequentato, vissuto, di casa mia è la cucina. La finestra, grande, che dà sulla strada, è un occhio aperto, un quadro animato con la gente, le macchine, cani, uccelli, aerei, nuvole, stagioni, con la luna che passa in rassegna il firmamento, con la tramontana, che spazza il cielo, col vento del sud carico di nuvole e dolori. Sempre la stessa eppure sempre nuova.

Mi siedo lì accanto con i gomiti sulla tavola. Mi piace. Davanti c'è la televisione che sveglio solo per il giornale delle 20. Sulla sinistra ho quell'infisso, come uno schermo a tre ante, che mi fa partecipare in diretta alla realtà prossima, ma offre anche l'universo fino ai confini della vista. Chiudo il sipario della serranda solo nelle notti più fredde. Sono spettatore in incognito: guardo, penso, m'incanto, mi distraggo, mi riposo dagli impegni e dal vagabomdare.

Nel mio breve scoperto, confinante con la strada, sorge un albero di fico. Ci sale di scatto, come un fulmine, il gatto, adolescente di un anno, il quale è mio per metà perché è anche dell'inquilina di sopra, la sua preferita, che, per accattivarselo, gli compra gli omogeneizzati dei bambini. Il felino, battezzato “Felix” dalla veterinaria, non partecipa alle battaglie d'amore e penso che, se incontrasse un topo, gli darebbe la precedenza. Dorme. Non sa di essere un eunuco e spero sia Felice di nome e di fatto.

Le mie sedute avvengono, il più delle volte, verso mezzogiorno e nei dopo cena, ma non  regolarmente. Le prime durano uno spicchio di tempo, nel quale celebro da solo il rito dell'aperitivo con mezzo bicchiere di vino bianco frizzante, scherzoso, che fa il solletico all'appetito. Le altre, che possono durare fino a una ventina di minuti, insistono nelle notti giovani.

Ho visto più volte camminare, a passi lenti, due ragazzoni che si tengono per mano. Due teste bionde come il grano maturo. In un tempo, non lontano, erano sbagliati. Ora il giudizio è cambiato e il papa ha detto che anche loro sono figli di Dio. Penso a quanto hanno sofferto quando vivevano nell'ombra.

 

Fanno tenerezza. Sono belli, passeggiano sereni, col sole in fronte.

Tempo fa una coppia di passerotti era sul bordo della gronda della casa di fronte: creaturine fragili, poesie che frullano nell'aria, ma soprattutto assatanate, spudorate acrobate del sesso. Lui le saltava addosso, la scuoteva rapido sull'orlo del vuoto, scendeva, risaliva e di nuovo, ancora... Ma insomma! Gli umani si nascondono per fare quelle cose, loro no, le fanno a cielo aperto e coram populo.

Prima di pranzo passa la postina. E' una giovane molto bella, ma la sua bellezza è soffocata dalla divisa che indossa durante il servizio: giubbone impermeabile di colore giallo-chiassoso e casco. La sento quando è ancora lontana, forse   il suo scooter ha la marmitta sfonda. Mi fa ricordare la dea Iris, luninosa come l'arcobaleno, messaggera degli dei, che non era motorizzata, ma aveva in dotazione le ali. Portava sempre notizie infauste. Pressappoco come la postina, che recapita, in buona percentuale, bollette, multe, inposte. Per i saluti e i baci ormai ci sono cellulari e  tablet.

Dopo la cena, anche per il contributo dell'ora legale, nel solstizio d'estate e vicinanze, in fondo alla strada c'è uno scorcio del tramonto;  spesso è un'agonia stupenda e triste, che raccoglie l'ultima vita del giorno e la porta altrove. D'inverno, invece, alla stessa ora è buio pesto e nel cielo sereno ci sono le stelle, che sono tante, ma non si sa se ancora esistono tutte. Gli astronomi dicono che potrebbero essere morte e la loro luce, resta perché, pur velocissima, ci mette tempo, anni o secoli, a superare la distanza cosmica. Quella luce è come il ricordo che corre nel tempo.

Il cielo è sempre uno spettacolo, anche quando non c'è la luna ed è coperto dalle nuvole. Il buio è un gorgo senza fondo dove annegano, spariscono anche i pensieri, ma non è il nulla perché ha il germe dell'attesa, che  nasconde la nuova vita.

M'è capitato di vedere dei balenii lontani che squarciano la notte, ma, normalmente, nelle ore tarde non succede niente.

Il cielo è come una bella donna, mi attira. E, mentre sono in contemplazione, possono saltarmi in mente brandelli di frasi o di poesie, che, dopo tanta incubazione, capisco meglio.

Di notte la strada è il dormitorio delle macchine. Vi transita solo qualche gatto perché è libero. I cani no. Devono essere accompagnati dai padroni che, in nome della civiltà, gentilmente raccolgano i loro depositi.

Durante la seduta serotina, col tempo buono e la finestra aperta, ripetutamente, sento litigare i vicini, marito e moglie ormai stagionati. Lei  bercia forte: 'buono a niente, vattene, mi fai schifo!'. Ma la notte porta consiglio e la mattina dopo mi capita di incontrarli tranquilli  al supermercato.


Franco Ruinetti

lunedì 8 maggio 2023