lunedì 28 febbraio 2022

Gli spilli di maneglia (498)

          

Giorni bui in cui la pace è a rischio per la pazzia di un dittatore !

 

venerdì 25 febbraio 2022

La morte di Germano Ceschi - il ricordo del Piccolomuseo di Fighille tramite le parole del suo direttore Franco Ruinetti


E' morto Germano Ceschi, artista riminese. E' stato un grande artista, che la cultura e gli onori hanno colpevolmente trascurato. E' vero: lui preferiva la culla del silenzio alle luci della ribalta.

Il PiccoloMuseo e Fighille lo ricordano con stima. Ringraziano Enzo Maneglia, suo amico da sempre, di avere comunicato il triste evento.

Segue un testo di Franco Ruinetti, pure suo amico ed estimatore, composto per una mostra che, causa la malattia, non è stata inaugurata.

Guardo i dipinti di Germano Ceschi, che non sono facili eppure mi chiamano, talvolta anche se non li ho davanti. Ho parlato di essi con gente interessata all'arte e ognuno ha detto la sua, ma con un denominatore comune, che è l'inquietudine. L'autore non commenta la propria produzione, non spiega se stesso, è riservato e schivo. Allora io dico la mia e parto da quando, ancor giovane, dipingeva paesaggi, vedute radenti con orizzonti al limitare, dai colori battenti nei prosceni, che si scioglievano ai confini del cielo. Erano interessanti, ma ad un certo momento non volle più adagiarsi nella dolcezza dei violini e andò oltre, cercò di superare la superficie dell'apparenza, i colori persero il sorriso e le figure divennero tracciati, orme del pensiero. Comunque ancora, talvolta balza al presente, derivante da un sentimento tenace, qualche veduta di Rimini, sua patria e culla. Ogni soggetto, inteso con quel personale inconfondibile lessico pittorico coniugato in termini classici, risulta come miraggio in lotta con un deserto che avanza inesorabile. In altri quadri sembra sul punto di comparire, definirsi, un argomento, parvenza leggibile, ma l'attesa è inutile. Essi, con i loro enigmi, contagiano, parlo per me, malinconia, di più: tristezza, anzi angoscia. Intravvedo campi di fango secco e screpolato con la nostalgia verde dei prati, mi perdo in tessiture come di ragnatele grigie che hanno una segreta eco nel cielo azzurro. Ci sono sparsi, ma accordati, ora dei segni geometrici, ora incisioni di simboli, poi brevi apporti materici, inoltre caratteri simili a quelli cuneiformi, che viene la tentazione di leggere. C'è, mi pervade, una musica lenta quasi monocorde nella densità del silenzio. Certe proposte non lasciano indifferenti. L'opera d'arte può essere anche denuncia ed è valida indipendentemente da quello che rappresenta, come dichiara un testimone che si chiama Kandinskij.

A volte, nei quadri di Ceschi, compaiono, nella nebbia del grigio o nella stanchezza di un colore impensabile, tra ocra e violetto, barlumi appena percepibili che potrebbero alludere all'estrema luce del tramonto, ma, perché no, anche al miracolo di una nuova aurora.

Le emozioni che accendono i dipinti di questo autore sono diverse, come sono diversi coloro che li incontrano. L'artista sviluppa anche il tema, dell'inquinamento, che nega la bellezza alle generazioni future e laddove la speranza si va spegnendo non è un vanto appartenere alla civiltà.

Franco Ruinetti

 

lunedì 21 febbraio 2022

Gli spilli di maneglia (497)

          

Il giornalismo al tempo dell'iphone: tanti titoli, tanti slogan, zero approfondimenti, zero pensiero
!

martedì 15 febbraio 2022

Un filosofo di strada (by Franco Ruinetti)

   

UN FILOSOFO DI STRADA

Era estate e avevo 18 anni. Un sabato sera eravamo una dozzina seduti sotto il cedro del giardino, davanti al bar, all'ombra della luna piena, tutti giovani o quasi, più o meno amici. Gildo si volse verso di me:

Appuntamento domani alle 21.”

Che vuoi dire?”

Sono sempre solo per tutto il viaggio, se mi fai compagnia non affogo nella noia. Ti aspetto alla Buitoni, si fa qualche sosta, ci si ferma mezza giornata a Barletta, si arriva a Bari e venerdì sera saremo di nuovo a Sansepolcro, a casa.”

Ci pensai un poco, solo un poco.

Avevo qualche soldo in tasca per essermi improvvisato cameriere al bar, supplente per una settimana.

Va bene.”

Mia madre mi preparò un cartoccio di polpette ricche di patate e povere di carne.

Arrivai puntuale all'appuntamento. L'autotreno, così lungo e con tutte quelle ruote, mi sembrò un enorme millepiedi meccanico. Cadeva una pioggia piagnucolosa.

Monta e stenditi nella branda, fai una pennichella, io devo stare attento perché la pioggia porta male.

Partimmo col gracidare dei tergicristalli.

L'autista, più attempato di me, non era un mio amico stretto. Ci avevo giocato qualche volta il caffè a briscola e 151. Sapevo che era venuto da Roma da un paio di anni. Fisicamente era un torello. Saltava subito in bestia. Una volta usò la testa come clava e catapultò per terra uno più grosso di lui.

Verso Foligno smise di piovere, cessò il lamento dei tergicristalli e l'autista ruppe il silenzio.

Sono sempre solo, ore e ore, mangio la strada, faccio la lotta col sonno, parlo con Dino.”

Dino!?”

E' la motrice, Sauro è il rimorchio. Ma tu dove vai a scuola, che classe fai?

Nessuna scuola, ho studiato da me e ho dato gli esami da privatista. Ora, da settembre, frequenterò l'ultimo anno delle superiori,”

Io ho frequentato mezza quarta liceo. Quella volta, durante la spiegazione dissi alla professoressa: 'Leibniz si dà la zappa sui piedi: se le monadi, come dice lei, sono solo energia, come fanno a diventare cose? -Lei non capisce o non vuole capire...- fu la risposta..., e io, coram populo, mi sentii offeso.”

Chi era l'insegante?”

La stronza. Chiesi di uscire.”

Vada.”

Dava del lei per tenere lontani gli altri. Non andai al gabinetto, uscii dall'aula, dalla scuola e non ci sono più tornato. Forza Dino, non riduco la marcia, non c'è il sovraccarico, la salita è garbata. A Colfiorito c'è una chiesa protoromanica che, quando ci entri, pare di fare una sosta nell'aldilà. Vai Dino, ancora non hai il fiatone.”

 

Parlava con me e col camion dando delle pacche da amico sul coperchio del motore.

A Civitanova ci fermammo in un parcheggio lungomare. Il sole all'orizzonte saliva tra sprazzi di nuvole rosse e nere. Mangiammo delle polpette col pane.

Fritta è buona anche una ciabatta”, sentenziò Gildo. Si riprese la marcia. Si correva lungo il fianco dell'Italia e la giornata mi pareva ubriaca di luce. In riva al mare ancora polpette.

Ad un certo punto Gildo, col sottofondo del motore, cuore meccanico che non perdeva un colpo, mi raccontò di quando orinando dietro una siepe trovò il dipinto di un santo che, dopo qualche giorno portò in caserma dove un carabiniere gli rivolse domande fino alla noia:

Come l'hai trovato?”

Col cazzo... E quello s'arrabbiò minacciando di arrestarmi, invece mi mandò via.”

Prima di una certa curva fece le corna alternando le mani sul volante e pronunziando:

Barbariccia, Graffiacane, l'Innominabile.”
“I primi, dissi, so chi sono, l'altro no.”

Evoco i primi perché sono l'antidoto dei carabinieri, il terzo, ce l'ho presente come il fumo negli occhi, è il diavolo vestito da amico.”

A Bari mangiammo le salsicce sottolio di Gildo e, al ritorno, a Barletta, comprammo i panzerotti. A San Severo ci fermammo in un ristorante dove conobbi le orecchiette alle cime di rape, buone, il cui amarognolo mi è rimasto indelebile.

Durante una notte del viaggio apparvero spesso 'le sciagurate del sesso'. Stazionavano nelle curve dove i fari le colpivano. Gildo le salutava al volo e, una volta disse, volgendosi a tratti verso di me:

La vita è bella, ma anche cattiva. Tra loro ci sono anche delle adolescenti, germogli appena sbocciati, fiori gettati nel concime. Vedi: tra gli uomini ci sono i santi, ma ci sono anche i vigliacchi e, al proposito, i papponi, che sono presenti, ma si coprono di buio.”

Sei un filosofo.”

Sì, un filosofo di strada. Nella solitudine e nelle ore della notte vengono, sento e vedo i pensieri. Spesso penso alla mia convivente che mia madre vorrebbe lasciassi. Ma l'amore è una calamita che stringe forte. E inoltre è vero: è cieco.“

Quella di tua madre potrebbe essere una forma di gelosia...”

Io cercavo di dirottare il discorso, ma non era possibile. Lui voleva sfogarsi e insistette nell'argomento per parecchi chilometri.

A giorno fatto arrivammo di nuovo a Civitanova, poi a Colfiorito, a Foligno e, nel pomeriggio sbarcammo alla Buitoni.

Grazie Gildo.”

Grazie a te della compagnia. Ciao. Alla prossima occasione.”

Quindi si spense l'estate, passò l'autunno e un giorno delle vacanze natalizie appresi che Gildo era ricoverato in ospedale.

Andai a trovarlo. Lo avevano parcheggiato in una stanzetta con due letti. Mi sedetti su quello libero. Il lenzuolo copriva Gildo fino al mento. Una leggera nebbiolina gli colorava di giallognolo il volto.

Faticavo a nascondere l'impressione che mi faceva. Quella testa dai capelli neri, lunghi, folti, come mossi dal vento, ora era nuda.

Da quanto tempo sei qui?”

Non lo so. Ma so che questo è l'ultimo viaggio, che, tra poco, scaricherò il peso del corpo.”

Ma che dici?”

Dico che stavolta non mi fermano i carabinieri per chiedermi la patente.”

Franco Ruinetti