martedì 9 marzo 2021

Tempi brutti (by Franco Ruinetti)

 

TEMPI BRUTTI


Questi, dal 2020 in poi, sono tempi brutti, chi l'avrebbe detto? Ci si rintana il più possibile in casa per non incontrare il virus che può essere ovunque in giro. E' un vigliacco, non si vede, t'appiccica addosso il malanno o la morte e nasconde la mano. La gente, quando la incroci, ti guarda con sospetto, spesso con gli occhiali pieni di nebbia.

La cassiera del supermercato, sempre bionda e gentile, sventolando la coda di cavalla, m'ha detto: "Passa alla larga."

Il sabato sera non si va più a mangiare la pizza con gli amici. Siamo tutti untori potenziali. Niente caffè al bar, ovvero sì, ma da asporto, da ingozzare all'aperto e non c'è gusto. Quel sorso di soddisfazione era un rito; si celebrava con la tazzina di porcellana ora sostituita dal bicchierino di plastica che, senza il manico, scotta in mano e quel nettare aromatico perde la nobiltà, è acqua tinta.

Le "curve" labbra, calamita intrigante delle giovani, non si vedono più, sono un segreto della mascherina. Quell'aggettivo mi rammenta  l'immenso Leopardi, che con una sola e semplice parola, fa scattare un lampo fotografico nella mente. Ecco: tutti in maschera, il mondo è diventato un triste carnevale.

E, soprattutto nei primi tempi, c'erano i negazionisti ostinati. Rifiutavano l'evidenza fino a quando il virus gli è passato vicino o addirittura gli è saltato addosso. Carlo e la Carla, marito e moglie, erano di quel partito che, a parer mio, aveva come simbolo qualche fetta di prosciutto sugli occhi. Mi davano del credulone, esattamente del babbeo, dipendente ubriaco della TV, ridacchiavano mentre ripensavo ai camion militari che trascorrevano come in processione con i cassoni pieni di morte.

Per me quei due e i non pochi loro colleghi di opinione erano esultanti, spero incoscienti, d'essere imbecilli.

Poi sono venuto a sapere che quei coniugi miei conoscenti di vecchia data, avendo contratto il virus, hanno soggiornato per oltre un mese nella terapia intensiva.

Quando li ho rivisti, bardati con la mascherina d'ordinanza, si tenevano teneramente per mano. Mi hanno raccontato di essere evasi dall'inferno che li ha fiaccati e ha tolto loro il senso del gusto.

Io potevo infierire, ricordargli che avevano sventolato la bandiera di un'allegria cieca, invece ho compostamente espresso i miei complimenti, mentre covavo il pensiero della malattia come ad una maestra spietata.

La pandemia trionfante è una piaga senza confini; esplosione muta, sembra di sentire il rintocco a martello allo scadere di un secolo dalla  'spagnola'. Essa rinnova il flagello e sovrasta perfino le stragi delle guerre e della demenza mondiali.

 


Vaneggiando

 

Questa è l'epoca della grande tristezza. Ora, ecco, sento il vento che mi porta via la mente, la strappa dalle radici. E penso il mondo come un mistero di bellezza e cattiveria, dove la vita vive divorando altra vita. Il globo rotola liscio veloce nel silenzio del tempo. La nostra luce è una breve fiaccola nel corso dell'infinito, che è nero e vero, forse è la morte sovrana.

Ma che roba è!?  Ci attacchiamo al sole, stella del giorno e poi, all'improvviso, veniamo scaricati nell'abisso.

Perché?

Ogni sera, più precisamente ogni notte, prima di andare a letto, m'affaccio alla finestra e guardo il cielo. La luna magnetica fredda cammina lenta come al funerale. Quando non c'è e non ci sono le nuvole, mi piace vagare nell'immensa platea delle stelle, che danzano occhieggiano, sono contente di essere lontane miliardi di chilometri dalle sciagure umane.

 

Franco Ruinetti