Camminavo
lentamente passando e ripassando in tutte le stanze dov'erano esposti centinaia
di dipinti dell'annuale rassegna di pittura. Di tanto in tanto mi fermavo, mi
pareva che questo o quel quadro mi chiamasse per accendere la mia attenzione,
raccontarmi i contenuti, ragionare insieme. Cercavo di individuare il dipinto
più valido da proporre agli altri componenti della commissione giudicatrice
come primo premio. Quando, ad un tratto, un signore, che non permetteva di
passare inosservato, mi prese per un braccio:
"Questo
è il migliore."
Così dicendo
mi indicò l'opera lì davanti, che era sul cavalletto, un 80 x 100. Ma,
prima che su quel lavoro, posai lo sguardo su di lui, persona di media taglia,
come me, di media età, vestito fumo di Londra, con cura, ma con un cappello
dalle larghe tese a dir poco eccentrico. Era di vari colori stemperati su una
base lievemente fumigante di grigio.
"Scusi,
gli chiesi, ci conosciamo? Lei chi è?
"Sono
l'estimatore dell'arte astratta."
"Infatti
il suo copricapo assomiglia al suo quadro..."
"Non
sono io l'autore... Indosso questo indumento in occasione dei concorsi che
frequento... E' come una bandiera, un omaggio all'arte che non ha parole, vale
a dire priva di immagini decifrabili, ma che dice tutto..."
L'estimatore
aveva ingranato la marcia: Io non sapevo staccarmi da lui, che m'incuriosiva e
mi pareva esprimesse sensibilità, competenza.
"Tutti
andiamo verso l'astratto, dal quale siamo venuti: astrarre vuol dire tirare
fuori: perdiamo la materia, rimane l'anima. Anche lei, cioè tu, diamoci del tu
così siamo più vicini, anche tu ami questo genere d'arte?"
"Io amo
le donne..."
Ero
frastornato, avevo cercato di scantonare nello scherzo, ma lui fece finta di
non sentire e continuò la sua filippica.
"Questo
quadro t'invita ad andare oltre, a creare, anzi a concreare, è musica che si
vede, non è copia dell'esperienza, ma esperienza e, se tu sfogli quanto ho
detto, trovi Kandinsky, trovi Ruthko, perché sei esperto, altrimenti non
saresti presidente del concorso..."
"Noi
della giuria sediamo attorno ad una tavola rotonda, così non esiste il
capotavola e siamo tutti presidenti."
"La
realtà concreta sfocia nell'oceano del mistero, il soggettivo assurge
all'universale. I colori ondeggiano, rilucono..."
"Scusami,
devo andare."
Mentre mi
allontanavo con recitata fretta mi ricordò:
"Questo
è il primo premio... Capito?"
Le persone
che erano intorno ci guardavano.
Un mio amico
mi disse:
"Non dargli
ascolto, quello era il più bravo del liceo, ma gli è venuta la testa zoppa dal
rifiuto della astrattista."
Questa
rivelazione mi rattristò. Lo so bene: un amore non corrisposto può essere
devastante soprattutto nell'adolescenza. Conosco un uomo, che fin da quando era
giovanissimo, passa e ripassa, a tutte le ore, per la mia strada, si ferma
davanti alla casa dell'amata che fu sorda alle sue insistenze e non abita più
lì da oltre vent'anni. Tira fuori dalla tasca, in fretta, il telefonino fa
finta di telefonare. Si dichiara figlio del presidente della repubblica.
Dopo un pò
ero di nuovo nei pressi dell'estimatore, che mi guardò con insistenza. Allora
lo rassicurai:
"Non ti
preoccupare, ho capito tutto."
La sera io
non mi fermai alla lettura del verbale, quando venivano dichiarati i vincitori.
Non mi piace assistere ad eventuali contestazioni. Quella pittrice non risultò
prima in graduatoria, ma ottenne comunque un premio importante dovuto in primo
luogo al suo talento, certamente anche al mio maturato interessamento e, non
ultimo, per merito del cappello a colori.
Franco Ruinetti