“Bonjour monsieur le peintre”
(la frase
che Francois Mitterrand diceva a Enzo Olivastri
quando lo incontrava a Cortona)
Torniamo ad occuparci dell'artista
Enzo Olivastri per proporre questa bella intervista alla figlia Gioia
realizzata da Elena Valli qualche anno fa per "L'Etruria". Si anticipano tanti temi che avremo
modo di approfondire ulteriormente in futuro grazie alla collaborazione nata fra il
Piccolomuseo di Fighille e la famiglia Olivastri.
Iniziamo dall’artista: quali sono stati gli esordi e la formazione di Enzo Olivastri?
C’è una foto
del babbo da bambino, avrà avuto all’incirca un anno. Indossa un baschetto
nero, il classico cappello da pittore, e in mano tiene una pallina. Già fin
d’allora il destino faceva intravedere la sua futura passione per l’arte. La
prima lezione di disegno fu a otto anni nello studio del professore Ignazio
Lucibello. All’età di sedici proseguì gli studi con la professoressa
Elena Cappiello fino all’incontro con l’artista Gino Severini il quale non solo
lo prese a ben volere per il suo talento ma gli impartì consigli importanti per
migliorare la grafica. Grazie a questi straordinari insegnamenti, riuscì ben
presto a trovare un suo stile. Con l’arrivo degli anni Sessanta la sua vita
venne scandita da importanti cambiamenti: la partenza per il militare, il
matrimonio con la moglie Giusi, la gestione l'azienda ereditata dal padre e l’arrivo
delle due figlie; io e mia sorella Valentina. Avrebbe potuto benissimo
abbandonare la pittura, visto i tanti impegni, ma non fu così. Proseguì
dipingendo nel tempo libero e continuando i suoi studi con il maestro Antonini
grazie al quale apprese la tecnica dell’affresco. Verso la fine degli anni
Settanta vendette l’azienda per dedicarsi completamente alla pittura e
all’incisione. Con il tempo affittò vari studi trasformandone due in scuole di
pittura: una a Cortona in vicolo dell’Aurora e l’altra a Foiano della Chiana.
Un artista
come padre. Come hai vissuto il ruolo di artista - padre?
memorie greche |
Inizialmente
non mi rendevo conto della personalità estremamente complessa del babbo.
Verso gli otto, nove anni cominciai a capirne le sfaccettature.
Raccontare e riassumere il “maestro” in poche righe non è affatto semplice
essendoci stati così tanti episodi ed eventi che hanno contrassegnato la sua
vita artistica. Potrei iniziare, parlando del suo studio in vicolo
Laparelli. Entrando nella stanza si respirava un forte odore di olio di lino e
acqua ragia che poteva stordirti. Lo studio era strapieno di oggetti e
materiali per me misteriosi che affollavano i numerosi scaffali. Anche se a
prima vista non sembrava, Enzo era molto preciso nel sistemarli ed etichettarli.
Quando usciva dallo studio, chiudeva la porta a chiave lasciandola nella
serratura e a quel punto io entravo di nascosto a curiosare. Guardavo gli
ultimi lavori, le tante matite sparse sopra il tavolo, i colori che aveva
scelto per un dipinto e le tante gomme-pane. Magari qualche volta capitava che
prendessi un lapis dimenticandomi poi di rimetterlo al suo posto. Enzo si
accorgeva immediatamente della piccola mancanza e dallo studio chiamava il mio
nome e quello di Valentina. Era molto geloso di tutte le sue cose e non voleva
nel modo più assoluto che utilizzassimo gli oggetti che impiegava per eseguire
il suo lavoro. Devo dire che per molti anni della mia giovinezza lo avrei
voluto diverso, sicuramente più sereno. Il ruolo di padre gli andava stretto,
lo viveva come quando si indossa una giacca più piccola di due misure. Come in
tutte le cose vi era anche il lato positivo; ad esempio ricordo quando arrivava
a casa con i suoi amici artisti e subito si creava un’atmosfera stimolante,
molto bella e divertente. Sarei stata ore ad ascoltare i racconti delle loro
vite.
Potresti
parlarci del suo “stile” pittorico?
Era un
pittore naturalista. Paesaggio e Natura sono state le sue muse, e i suoi
modelli i grandi maestri del movimento dei macchiaioli: Giovanni Fattori,
Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca; guardando i suoi dipinti
su tavola degli anni giovanili, si può vedere chiaramente l’evoluzione della
sua mano. Inizialmente rendeva le impressioni che riceveva dal vero attraverso
macchie di colori chiari e scuri. Con il passare del tempo la sua visione
dello spazio e del paesaggio si è sempre più raffinata. Attraverso
attente pennellate conferiva movimento e personalità all’opera dedicando ore
allo studio della prospettiva, della composizione, del colore che avrebbe in
seguito reso la luce del paesaggio e delle figure particolarmente luminosa. E
proprio il paesaggio toscano è stato importantissimo per lui come anche il suo
rapporto con Cortona: le piazze, i vicoli, la gente, e quei personaggi
particolari che vivevano in questi luoghi tante volte ritratti, dipinti,
acquarellati, schizzati, e incisi.
Come pensi
abbia vissuto il suo stare in famiglia?
Bella
domanda! Diciamo che la sua personalità, il suo stile era quello di vivere la
vita senza troppi limiti e costrizioni di ruolo e di orari. Ma andiamo per
gradi. Fin dalla sua infanzia Enzo era stato un bambino molto amato dai
genitori e dalle tre sorelle, in particolare dalla maggiore, Marina. Nonostante
le molte attenzioni, in lui viveva un’indole complessa e malinconica e
purtroppo i genitori Pasquale e Rosa non compresero e non corressero i
lati più fragili del suo carattere facendo crescere il figlio senza grandi
“divieti”. E così rimase. Con questa personalità affrontò la famiglia e la vita
in generale. Mia mamma caratterialmente era il suo opposto. Insegnante,
abituata alla ritualità del quotidiano, e estremamente attenta a tutto ciò che
non esce fuori dalle “righe”. Questo rendeva la loro unione a volte un po’
combattuta. Per fortuna Enzo poteva contare sempre su di lei nei momenti più
difficili. Era il suo punto di forza e di approdo.
Puoi
raccontarci delle molteplici iniziative culturali di tuo padre?
Le sue
iniziative e i suoi interessi sono stati molteplici. Ricordo l’impegno per
concretizzare negli anni Ottanta l’idea-progetto di una Piccola Montmartre nel
quartiere “Poggio” di Cortona. Ripenso al suo coinvolgimento appunto nel Club
Gino Severini, nel movimento d’avanguardia “Nuovo Rinascimento” guidato dal
professor Luigi Bellini e alla partecipazione nel gruppo “La Sfinge” negli anni
Novanta. Enzo seguiva con grande attenzione cosa succedeva nel mondo dell’arte
anche all’estero, e ricordo molto bene quando fu invitato Branislav Bojic,
Rettore dell’università di Belgrado, a presentare il suo lavoro in una
personale. Inoltre vi furono le numerose collaborazioni con altri artisti
locali la pittrice Franca Podda, la scultrice Torriti e gli scambi
culturali con il poeta e critico letterario Carlo Bagni, suo grande amico.
Quali
insegnamenti ti senti di conservare?
La stessa
“abitudine” di tenere quaderni vuoti senza nulla di scritto al loro interno,
l’amore per il paesaggio, l’importanza di Cortona nella nostra vita.
Enzo
Olivastri uomo. Il Maestro in 5 parole chiave (o quante preferisci) per
sintetizzarne il valore, l’umanità e la personalità.
Divertente,
generoso con gli amici, amante della libertà e dell’avventura, malinconico,
irascibile, accumulatore di oggetti, esuberante, profondamente innamorato
di sua moglie Giusi.