BUSSANDO
ALL'ALDILA'
"La notte è finita, che vuoi
fare: vieni di qua o resti di là?"
E' una voce senza labbra, né volto,
riempie l'aria e la testa. E io, forse, mi trovo nell'anticamera tra questo
mondo e l'altro mondo, tra il sogno e la veglia, tra il lusco e il brusco. Mi
riconosco in una situazione impossibile, che sembra vera, di ubiquità.
"Allora, deciditi, cosa vuoi
fare: di là o di qua?"
"Ma lo sai che io non comando
niente?"
"Un poco comandi, con la
volontà, che è una spinta."
"Ma tu chi sei?"
"Non senti? Sono la Voce, una
specie di commesso o, per intenderci meglio, di messaggero."
Continuo a non capire dove sono
esattamente, annaspo nell'incertezza.
"Ma se vengo di là cosa
trovo?"
"E' una scommessa, ci vengono
tutti e nessuno torna indietro."
"Chi lascia la strada vecchia
per la nuova male si trova."
"Se fai una citazione, falla
giusta, non cambiare le parole. Giacosa scrisse: chi lascia la via vecchia per
la nuova sa quel che lascia, ma non quel che trova."
Sono titubante mentre ho
l'impressione che esista solo il presente, la simultaneità.
"Devo decidere in fretta?"
"No. Perché ti trovi nella zona
del niente, dove il tempo non esiste."
"Oddio, mi impasto nel pantano
della confusione, insomma: sogno o sono sveglio, sono vivo o morto? La stanza
si muove, mi gira intorno. Tu dici: è una scommessa e io sul piatto della
bilancia ci metto tutta la mia vita, ma nell'altro piatto cosa c'è?
"L'eternità, la verità, ti
sembra niente?"
"Ne so quanto prima."
"Tu vuoi bussare alla porta del
mistero, ma non la trovi perché ci sei dentro."
All'improvviso percepisco un
pedinamento sulla schiena, è il gatto che mi attraversa. Fa i comodi suoi senza
riguardo. Ho la testa intorpidita, pervasa da una nebbia densa, lenta a
diradarsi. Tiro un'occhiata all'orologio, vedo solo la lancetta lunga, mancano
dieci minuti a più tardi. Nel sereno mentale assorto, che piano piano si
afferma, mi pare di vedere, distesa, l'ombra del mio dialogo col 'messaggero'.
Ora non mi trovo più in quello spazio neutro dove non si capisce se si è vivi o
morti, sono tornato di qua, immobile, con la mente che ripensa e pensa. Mi
balza in testa che potremmo essere noi i marziani o, chiamiamoli pure, gli
alieni, noi, che, una volta passati oltre, ci trasformiamo in quei soggetti
sempre desiderosi di tornare a visitare la terra d'origine. Chi può negarlo? E'
possibile. Ricordo di avere letto che questi extraterrestri, uomini o ominidi,
sono stati avvistati. Qualcuno li ha descritti, io mi limito ad immaginarli.
Hanno occhi grandi come le civette, sono piccoli, di colore verde prossimo ai
ramarri. Non mangiano la pastasciutta, ma si alimentano di energia cosmica.
Che strano risveglio, diverso dagli
altri. Adesso vedo ambedue le lancette, l'ora è piena, sono le sette e capisco
che mi trovo dove il tempo esiste anche se non si sa cosa è. La sveglia mi
chiama, strilla isterica, ma io me la prendo con calma. Mi ondeggia nella mente
l'eco del messaggero. La sua eternità non mi fa paura, però non ho fretta
perché sono ancora pieno della voglia di sole, di vita.
Guardo verso la finestra, che mi
offre il sorriso di un altro giorno e mi appare anche la vela di un fiocco di
nuvola sospinta dalla brezza della speranza.
Franco Ruinetti