CHIACCHIERATA
Dopo cena mi insacco in poltrona davanti alla televisione e, se non pesco un programma che mi interessa, cosa frequente, dormo a strappi. Acceco lo schermo, navigo tra le onde del cuore ascoltando il silenzio e penso in marcia ridotta. Penso che quel barattolo racconta la vita, la inventa, la ruba. Una volta lontana, almeno per me, al suo posto c'erano i compagni di scuola, di giovinezza. Ieri sera, invece, sono andato al bar, cosa abbastanza rara. Mi sono seduto ad un tavolo dove, su una sedia, parcheggiava Romeo, pressappoco mio coetaneo, quasi amico, conosciuto di recente. Abbiamo giocato a briscola e scopa la bevuta: mezzo bicchiere di vino rallegrato dalla gassosa.
“Perché ti chiamano Romeo se, come tu stesso mi dicesti, all'anagrafe sei Salvatore?”
“La storia di questo secondo nome, che non è un soprannome, te la racconterò quando ne avrò voglia. Adesso, se vuoi ti racconto un'altra storia, la riesumo spesso, anzi viene da sé senza che io la chiami, all'improvviso; è quella dell'Alba, che tu non hai conosciuto anche perché è di sessant'anni fa.”
“Non la conoscevo di certo. Chi era o chi è, se è ancora viva?”
“Era, per me, l'alba dell'amore, compagna di quarta liceo... un sentimento nuovo... una vampata.”
Parlava lento, ispirato, come recitasse a teatro.
“A quell'età succede, la prima botta ti stordisce... Parla pure, ma continua a giocare.”
Nell'ampia sala c'erano altri giocatori piantati seduti intorno ai tavoli. Ogni tanto usciva dal bancone una bella giovane dalla chioma rossa, luminosa e con uno spacco generoso sul lato sinistro della gonna, più bello di quelli dell'artista Lucio Fontana.
Un cliente, schierato in una postazione al tavolo del tressette, la chiamò:
“Rossodisera, porta mezzo litro.”
“Chi è? , chiesi a Romeo.”
“E' l'aiutante in campo, penso sia l'attuale compagna del proprietario, che cambia spesso... Ma non mi interrompere...”
“Scusa, parlavi della tua alba dell'amore. Guarda come giochi”
“Sì... qualche volta l'accompagnavo a casa, Una mattina le dissi: 'Ti firmo io la giustificazione, così stiamo un po' insieme. Non se ne accorgerà nessuno'... Eravamo nel viale dei tigli che porta alla scuola... verso la metà d'aprile, il sole rideva tra le foglie giovani.”
“Vai avanti, non fare la poesia.”
“Andammo al giardino, ci sedemmo su una panchina di quelle con le stecche di legno... c'è ancora... al riparo dietro una siepe alta. Le dissi che non mi faceva dormire, proprio così... Con la destra le carezzavo i capelli...”
“Ci stava!”
“Aspetta... la mano sinistra, come automaticamente, andò a frugare sotto la gonna.. fu il finimondo...”
Lo guardai interrogativo.
“Cominciò a tremare tutta, ad urlare aiuto, aiuto...era invasata... Mi alzai, misi le mani nelle tasche, come fossero manette, guardai intorno, meno male che non c'era nessuno... Finalmente si calmò e ci lasciammo... lei da una parte e io dall'altra. .. Non l'ho mai più rivista.”
“Gioca, pensa alla partita che va per le lunghe. Come non l'hai rivista se eravate nella stessa classe!?”
“Quella stessa sera io ebbi un incidente. Con la Lambretta non presi bene una curva della strada imbrecciata e andai a rovinarmi contro un carro agricolo. Stetti ingessato dal collo al grillo per tre mesi che ero un monumento ambulante... Gli amici, scherzando davano la colpa alle vacche che correvano in presa diretta... Il segnalibro, del testo di filosofia, è ancora nelle pagine di Kant.. “
“Tu sei più bravo a chiacchierare che a giocare. Hai perso.”
“Lo so... contro vento ci si va, contro culo no.”
“Non è solo questione di fortuna.”
Quindi mi rivolsi alla cameriera e le feci cenno che portasse altri due bicchieri di vino annacquato.
“Questo lo pago io.”
La barista arrivò col cabaret. Indossava una giacchetta bianca con ombre di caffè e pompava la sigaretta tra le labbra.
Romeo che, di certo, ci aveva confidenza, le disse:
“Le galline non fumano.”
Botta e risposta:
“Le galline non bevono vino.”
La guardavo. Si volse verso di me, sollevando interrogativamente le sopracciglia:
“Buonasera!”
Le dissi:
“Non l'avevo mai vista, è nuova?”
“No, Sono un usato sicuro.”
Quando uscimmo Romeo mi prese sottobraccio e, sempre con fare ispirato, incise nella mia attenzione le seguenti parole:
“Prima di andare a letto, se è sereno, mi fermo per qualche minuto a guardare il cielo perché noi veniamo dall'universo e ci torneremo. Quella è la nostra vera casa... Quando è tutto nascosto dalle nuvole è come se mi sbattessero la porta in faccia.”
Risposi:
“Adesso la porta è tutta spalancata, ma io non ho fretta di andare in quella villa lassù... Buonanotte.”
Franco Ruinetti