E' venuto a mancare il pittore riminese Rinaldini, uno dei più noti ed apprezzati dal dopoguerra.
Un po' lyberti, un po' espressionista, sempre di una originalità coinvolgente, nel solco della tradizione, ...ma nello stesso tempo al di fuori di tutti gli schemi, Rinaldini è il poeta della pittura. Confinano col sogno le sue adolescenti che hanno per copricapo delle ghirlandette fatte con fiori minuti. Sono reali, ma anche visioni che appaiono su prati dai colori liberi, vien da dire disciolti nell'astrazione. Hanno trovato fortuna queste giovinette vincendo concorsi nazionali e incontrando la simpatia di chi frequenta l'arte. I colori sono spesso evanescenti, ogni pennellata è lieve come una carezza. Eppure non si percepisce affatto l'incertezza, bensì ci viene incontro un sotteso vigore di luci, perché certe opere parlano dentro.
Sono molte le tematiche svolte nella lunga ed operosa carriera dell'artista, che aveva lo studio in centro, nella sua Rimini, proprio in Piazza Tre Martiri, dove accoglieva tutti con amicizia e con la consueta sottile ironia. D'inverno lo si poteva vedere con in testa una cuffia di lana fatta all'uncinetto e sulle spalle lo scialle che fermava sul davanti con una spilla da balia. Negli ultimi anni apprezzava particolarmente la compagnia di un grande amico. Era Padre Pio.
Bella la cucina di quando era ragazzo. Ogni tanto la ricorda e dipinge. È una necessità, dolce, piena della sua fanciullezza e anche di lieve malinconia. Si vede una grande tavola, ci sono le seggiole impagliate, il piatto di metallo smaltato con la lampadina, un timido mazzetto di fiori di campo nel vaso. Il tutto filtrato da colori che quasi si muovono, come trascorsi dalla commozione.
Altro argomento è il nudo femminile, che potrebbe apparire come un azzardo considerando l'intera produzione. Invero, tra la realizzazione del nudo e tutti i vari altri soggetti non c'è soluzione di continuità stilistica. L'immagine trascorre verso la levitazione. Il corpo è fatto di aria, come fosse scolpito in una nuvola. S'intona in modulazioni grigie che declinano per perdersi nel bianco. Le forme sono accennate, quasi provvisorie, evocano la cenere, la nebbia, attraggono e non svegliano gli istinti.
Ecco le sue spiagge marine. Diverse da tutte le altre, mai dette prima. In una di esse corre un bimbo, di sera, tra le cabine. Stringe in mano una cordicella alla cui estremità è legato un quarto di luna.
E poi ci sono i castelli, a metà campati in aria, fanno venire in mente Chagall, sconfinano nell'inconscio, aprono le vele al vento della fantasia.
Le emozioni, talvolta, non si traducono in figure completamente leggibili, ma in modulazioni di colori. Nell'astrazione, diceva Mondrian, i sentimenti si purificano. In certi quadri c'è l'impalpabilità della luce, l'aspirazione a liberarsi dal peso della materia. I colori parlano di una sensibilità che comunica intatti gli stupori dell'adolescenza.
Ciao Giorgio. Ora sei in cielo in uno dei tuoi castelli incantati e puoi uscire a passeggio nell'alone della luna, bianco (così dice un poeta) come fosse fatto con piume di colomba.
Un po' lyberti, un po' espressionista, sempre di una originalità coinvolgente, nel solco della tradizione, ...ma nello stesso tempo al di fuori di tutti gli schemi, Rinaldini è il poeta della pittura. Confinano col sogno le sue adolescenti che hanno per copricapo delle ghirlandette fatte con fiori minuti. Sono reali, ma anche visioni che appaiono su prati dai colori liberi, vien da dire disciolti nell'astrazione. Hanno trovato fortuna queste giovinette vincendo concorsi nazionali e incontrando la simpatia di chi frequenta l'arte. I colori sono spesso evanescenti, ogni pennellata è lieve come una carezza. Eppure non si percepisce affatto l'incertezza, bensì ci viene incontro un sotteso vigore di luci, perché certe opere parlano dentro.
Sono molte le tematiche svolte nella lunga ed operosa carriera dell'artista, che aveva lo studio in centro, nella sua Rimini, proprio in Piazza Tre Martiri, dove accoglieva tutti con amicizia e con la consueta sottile ironia. D'inverno lo si poteva vedere con in testa una cuffia di lana fatta all'uncinetto e sulle spalle lo scialle che fermava sul davanti con una spilla da balia. Negli ultimi anni apprezzava particolarmente la compagnia di un grande amico. Era Padre Pio.
Bella la cucina di quando era ragazzo. Ogni tanto la ricorda e dipinge. È una necessità, dolce, piena della sua fanciullezza e anche di lieve malinconia. Si vede una grande tavola, ci sono le seggiole impagliate, il piatto di metallo smaltato con la lampadina, un timido mazzetto di fiori di campo nel vaso. Il tutto filtrato da colori che quasi si muovono, come trascorsi dalla commozione.
Altro argomento è il nudo femminile, che potrebbe apparire come un azzardo considerando l'intera produzione. Invero, tra la realizzazione del nudo e tutti i vari altri soggetti non c'è soluzione di continuità stilistica. L'immagine trascorre verso la levitazione. Il corpo è fatto di aria, come fosse scolpito in una nuvola. S'intona in modulazioni grigie che declinano per perdersi nel bianco. Le forme sono accennate, quasi provvisorie, evocano la cenere, la nebbia, attraggono e non svegliano gli istinti.
Ecco le sue spiagge marine. Diverse da tutte le altre, mai dette prima. In una di esse corre un bimbo, di sera, tra le cabine. Stringe in mano una cordicella alla cui estremità è legato un quarto di luna.
E poi ci sono i castelli, a metà campati in aria, fanno venire in mente Chagall, sconfinano nell'inconscio, aprono le vele al vento della fantasia.
Le emozioni, talvolta, non si traducono in figure completamente leggibili, ma in modulazioni di colori. Nell'astrazione, diceva Mondrian, i sentimenti si purificano. In certi quadri c'è l'impalpabilità della luce, l'aspirazione a liberarsi dal peso della materia. I colori parlano di una sensibilità che comunica intatti gli stupori dell'adolescenza.
Ciao Giorgio. Ora sei in cielo in uno dei tuoi castelli incantati e puoi uscire a passeggio nell'alone della luna, bianco (così dice un poeta) come fosse fatto con piume di colomba.
Franco Ruinetti