POSTPANDEMIA
La pandemia ha cambiato il mondo: una sterzata alle abitudini; con la sua fine finalmente è finita la paura sospesa del contagio.
Quasi tre anni ai domiciliari e, in libera uscita, con la mascherina d'ordinanza. In questo tempo avvelenato ho perso degli amici. Un paio per normali motivi anagrafici, due perché colpiti a tradimento dal virus. Quando ero in servizio attivo erano tanti. Ora il telefono fisso e il cellulare sono lungamente muti, per cui, navigando spesso nella solitudine, riempio le distese del silenzio con riflessioni sciolte, spesso di palo in frasca, con ricordi anche improvvisi, che si saltano addosso, con il ronzio della noia nelle orecchie.
Più che essere, mi sento solo. Col tempo buono staziono davanti a casa, nell'aiuola fiorita, sotto il caco dalle foglie grasse e dall'ombra fresca. Guardo passare il mondo, quello esterno e ripasso quello passato, che può tornare nello schermo della mente più volte. Sennò sto in poltrona davanti alla TV, spenta quando non c'è il giornale. Il cui mobile, come gli altri, specialmente quelli fatti da me, che mi sembrano belli anche se qualcuno ha stirato un sorriso, mi fa compagnia. In poltrona il mondo è più grande, continua nel sogno.
All'Embassy
La mia mente vecchia è un solaio con tanti anni buttati alla rinfusa. E io frugo tra quelle cose che non sono morte, che, anche ripetutamente, mi investono, che mi portano altrove. Ecco là una rivista estiva con un mio servizio pubblicitario sul famoso, ormai sepolto nella lontananza degli anni, dancing Embassy di Rimini. C'ero andato come giornalista improvvisato quando una canzone di Fred Buscaglione mi rapì e mi misi a ballare con una fraulein ben piazzata che, mentre gli altri svolazzavano disciolti, io strinsi e lei sorrise, quando poi la strinsi più forte lei rise. Pensavo; 'ridi, che la mamma ha fatto gli gnocchi'.
Leopardi
Scaturisce durante le mie meditazioni, dal folto della nebbia, Giacomo Leopardi, amico e nemico della vita, trapassato da gran tempo, ma sempre più presente. Non si rassegna: scappa dalla tomba. Lo incontro per caso, spesso lo chiamo, non ne faccio a meno. Lo ammiro, ci discuto anche se lui non lo sa. Mi convince. E' una medicina amara.... Amara. Che fa bene. Ma può capitare che m'azzardi a non essere d'accordo come quando dice “... fanciullo mio; stato soave, / stagion lieta è cotesta.”
Mi spiego e parto da lontano.
Nel 'tempo mio primo' ero infelice: Guardavo la gente con insistenza, ero certo che sapesse tutto, cioè perché era viva. “Che occhioni!” esclamò una parente. Eppure non ero precoce, tutt'altro. Forse mi sentivo dimenticato in un angolo della casa. Ma neanche il 'garzoncello' Giacomo ritengo ricevesse coccole e carezze dal padre Monaldo e da Donna Adelaide. Inoltre tutti desiderano evadere dall'infanzia, crescere in fretta, perché non è una 'stagione lieta'.
Comunque io sono sicuro di aver fatto il tragitto contrario a quello del poeta. Sono partito dalla pena e, piano piano, sono approdato nella rassegnazione, con gratitudine nel mistero della vita.
Le vacanze
La TV ha detto che, per il primo esodo di agosto, sono più di 20 milioni gli italiani partiti per le vacanze al mare, in montagna o in visita alle città d'arte. I costi sono lievitati: dal carburante all'ombrellone, dall'albergo allo shopping. Disagi nelle autostrade per il gran traffico. La TV non ha detto che, almeno per questi motivi, i poveri non si lamentano.
Una magra figura
Andavo ai concorsi, alle inaugurazioni, alle aste di pittura in camicia e maglia, qualche volta con la cravatta. Mi sentivo bene così, ma alla fine dovetti arrendermi alle insistenze di mia moglie, che ha sempre ragione. Pertanto comprai un completo con pantaloni intonati alla giacca: 'fumo di Londra'. Quando li misurai, lei e la commessa, di una gentilezza strepitosa, sentenziarono che mi calavano a pennello. Ma io mi sentivo in affitto.
Col vestito nuovo andai a fare il battitore di un'asta per beneficenza promossa da un'associazione di magnati farciti di quattrini. Quella volta ero al loro pari, almeno in apparenza. La grande sala era gremita di persone parcheggiate ai tavoli, composte, col bicchiere o la tazzina a portata di mano, tutte con gli occhi addosso a me. Il mio lavoro era facile. Le opere d'arte che presentavo venivano acquistate anche con la gara dei rilanci: “uno... due... tre... aggiudicato”. Io parlavo dei dipinti, degli autori, gesticolavo. Mi sentivo sicuro, ogni tanto qualche applauso.
Alla fine venne da me, alla cattedra, una signora un po' pesante col baschetto giallo, sghembo sulla tempia, come un'aureola sgarbata, guarnito da un pompon rosso, ciliegia fuori stagione, per dirmi sottovoce, con discrezione, che per l'intero pomeriggio avevo agitato il cartellino bianco del negozio appuntato dietro la manica della giacca. Al che io aggricciai un sorriso, recitai indifferenza, mi dovetti sedere, sudavo freddo.
Selene
In questo bollente mese di luglio mi sono innamorato della luna dallo sguardo mite, dal pallido volto. Lo so: la silenziosa donzella delle notti è di tutti, ma in nessuno dilaga l'ansia del possesso, né la pena della gelosia. Dopo aver cenato, quando mi siedo nello spazio all'aperto tra famiglie di ortensie dalle grandi teste anemiche, agonizzanti per la ferocia della calura, guardo il cielo notturno vivo, nuovo, bello, che mi ripete una sempre piacevole novella antica. Do un'occhiata alle stelle che hanno le redini dei destini. Mi viene da pensare all'oroscopo che qualche volta leggo, ma il giorno dopo.
Ora premetto che ho studiato l'astronomia quanto basta, ma, per me, quando scappo dal presente, che non mi piace perché la libertà è piena di catene, la luna è un disco come la terra. Certo: volo nella fantasia, faccio un balzo a ritroso di un paio di millenni, atterro in un'epoca antecedente ad Eratostene e perfino a Pitagora, che attribuivano la forma sferica agli astri. Parto con la testa, ma non sono un terrapiattista. E allora nel disco appare il volto di Selene. Ha lo sguardo magnetico. La diva è sveglia di notte, mentre durante il giorno riposa. Quando non c'è va a riempire di baci il suo giovane pastore addormentato.
Ma
la breve vacanza nella favola dell'antichità finisce con un brusco
scuotimento. Puntualmente compare mia moglie a cercarmi. L'incantesimo si
rompe. Di malavoglia ritorno a galla nel presente, che scivola. Come
l'acqua del fiume.
Franco Ruinetti