martedì 7 luglio 2020

Qua e là (by Franco Ruinetti)

 




Qua e là


 1)  Verso le 11 della notte, mentre ero nel letto, sentivo ridere e scherzare. Allora mi sono affacciato alla finestra e, sul selciato dell'incrocio, ho visto che sostavano tre ragazze. Parlavano e ridevano Avevano sulla faccia il pallore della luna piena. Parole e risa erano la musica della giovinezza.

2) Pubblicavo in una rivista mensile un romanzo giallo, ma, dopo alcune puntate, l'editore fallì e la storia rimase sospesa, a mezz'aria. A quelli che mi telefonavano per sapere come andava a finire rispondevo che il caso era irrisolto, caduto nel silenzio, come talvolta accade nella realtà.

3) Quando arriveremo di là non faranno l'appello. Sanno che non scappa nessuno.

4) Si chiama Basilica. E' una chiesetta ai piedi del monte poco più grande di un normale capanno, con un dipinto screpolato, povera e sola. Mi piace più del duomo di Milano, grande e magnifico. Ma la chiesa più bella è proprio il monte, con la fronte alta, sempre nell'urlo del vento e nel silenzio azzurro.

5) Il presente non mi piace, è carico di ansia e preoccupazioni. Le scadenze e le tasse hanno sempre il fucile puntato. Ma una volta trascorso e divenuto passato, con frequenza, albeggia nella nostalgia.

6) Nello scompartimento del treno ero rimasto con un uomo di una certa età, ben vestito e impomatato. Il viaggio era lungo, quella persona si rivelò incontinente verbale, mentre io fui uditore sonnolento. Di tutto il suo dire e del mio poco intervenire ricordo solo che aveva fatto all'amore con sei o settecento donne. Obiettai: "Ma non aveva altro da fare?" Rispose che nella vita c'è tempo per tutto, anche per la castità. A quel punto il suo profumo di lavanda mi investì nauseante.

7) Ogni tanto mi capita di seguire qualche brandello di quiz alla televisione e di rispondere con soddisfacente prontezza. Forse, ad ottant'anni suonati, sono diventato precoce.

8) Sepolta dentro un vecchio libro ho trovato una poesia di Arturo Graf, che è quasi insabbiato nel tempo. Racconta dello gnomo investito dall'automobile. Già allora il poeta diceva che il progresso soffoca la fantasia. La cultura del futurismo, ubriaco di dinamismo, velocità, voleva mandare in pensione il lupo mannaro e Biancaneve. I celebrati rombi dei motori non erano bellezza, ma sintomi di un'inguaribile tosse del mondo.

9) Se mi fermo e ricordo, talvolta, mi faccio una brutta compagnia. Eppure quello lì che rivedo sono proprio io.
15) Sono capitato in un canale TV che trasmette rapporti sessuali liberi, che si svolgono a contratto. E' una grande tristezza! L'amore diventa lavoro, fatica a regolamento sindacale, con presenza di insegnanti occulti e una platea infinita di guardoni, che rubano al riposo le ore non protette delle notti. E pensare che, una volta, le trasmissioni avevano lo scopo di concorrere ad educare e istruire il popolo!

10) Ero innamorato della luna, che aspettavo tutte le sere e, se non veniva, mi sentivo solo. La consideravo fanciulla del cielo: mite, vereconda, pura, intoccabile. E, quando Tito Stagno disse che i piedi umani l'avevano profanata, non mi accordai all'entusiasmo di tutti, ma piansi segretamente.

11) Stamattina ho incontrato un'idea fissa. Era bella, modellata nella luce. Ho abbracciato una nuvola.


12) Ho smesso di fumare. E' facile. Ci ho messo cinquant'anni.

13) L'essere tutto è un punto interrogativo.
Mi guardo dentro e vedo un campo dove si svolgono, con alterna fortuna, le battaglie tra l'esercito del bene e quello del male. All'ultimo la guerra finirà? Io sarò svanito? Intanto busso alla porta della conoscenza. Che resta sbarrata. Perché?

14) Il passato non muore. Continua nella memoria. Chissà? La memoria sarà eterna?

15) La signora Rosa aveva dichiarato guerra alle formiche che, in fila indiana, arrivavano fino allo scompartimento del pane. Disinfettava il loro percorso, vi cospargeva borotalco e sale fino, ma loro erano sempre di più. Al contrario suo marito, animalista, le governava di nascosto cospargendo ditate di marmellata.

16) Un povero che ruba fa tristezza. Un ricco che ruba fa rabbia.

17) Fino da bambino mi batteva in testa una domanda, era un tarlo: perché vivo? Pensavo che i grandi lo sapessero, perciò volevo crescere alla svelta. Poi sono diventato adulto, anche vecchio, mi sento farcito di esperienze, di qualche nozione o conoscenza, ma perché sono vivo continuo a non saperlo. So che neanche i filosofi lo sanno. Di una cosa sono certo: la vita è fatta per dare la vita. Ma non è una risposta.

18) Ho parlato con uno che dicono matto. Alcune delle sue circonlocuzioni l'ho capite, non tutte. Invece di certi poeti incoronati neo avanguardisti o di alcuni celebrati pittori astrattisti non capisco niente. Mi viene da pensare che il matto sono io.

19) La vera religione è il denaro. E' universale, la mamma di tutte le religioni. Ha come libro sacro e per tempio il borsello e la banca

20) Vorrei correre in fondo all'universo e poi all'inizio o alla fine del tempo. Non posso. Per cui mi sento prigioniero della vita e del mondo.

21) L'amore è la calamita dell'anima.

22) E' giugno, è notte. Come una volta mi sono seduto sul muretto e ho davanti a me il campo di grano. Il biondo del giorno riposa nel buio. C'erano allora tante lucciole, una folla. Si lanciavano baci di luce in una danza d'amore continua. Ora non più. La notte si è spenta.

23) Da ragazzo, prima di dormire, perduto nel buio, mi capitava di chiedermi cosa era e di cosa era fatta l'anima. Sapevo bene che la religione la dice eterna, mentre il corpo si dissolve. Allora pensavo che all'inferno brucerà soltanto lei, l'anima, la quale doveva essere come il gas delle saldatrici: brucia e però non si consuma.

24) Le studiano di tutti i colori per fregare la gente, specialmente i vecchiotti come me. Stamattina tornavo a piedi a casa dalla spesa con la borsa piena a tracolla, quando una macchina accosta, si ferma e un giovane mi saluta festoso.
"Che piacere, dopo tanto tempo! Ti ricordi, mi riconosci?"
Lo guardo bene: "No."
"Come no!? Sono il figlio del tuo collega e tuo carissimo amico. Ecco, continua: che mestiere facevi?"
Comincio a capire che vuole estorcermi dei soldi, tanto tutti i salmi finiscono in gloria. Mangio la foglia e mi salta in mente d'essere io a bidonare lui.
"Se mi conosci sai bene che mestiere facevo. Comunque ora mi pare di ricordare: sei forse il figlio di Carlo Calvini?"
"Bravo, risponde, ti è tornata la memoria."
Lo guardo dritto e gli dico:
"Calvini non esiste. E' un nome che ho inventato. ti suggerisco di cambiare mestiere.
Gli si è spento il sorriso, anche negli occhi.

25) Più s'invecchia e più la mamma manca.

26) Giorno che te ne vai, vorrei lasciarti la mia pena, ma questa è come l'ombra che mi segue. E non mi lascia neanche di notte: dilaga nel buio.

27) Gli occhi grandi del pio bove sono le finestre della malinconia.

28) Il podere è incolto da 60 anni. La sorgente si perde in un rigagnolo. Il bosco, che ora copre gli olivi, ha conquistato anche i campi del grano e del fieno. Le ginestre, gli spini e le serpi prosperano nella mia fanciullezza.

29) Le parole dell'ubriaco sono nude, senza vergogna, hanno la licenza dell'indecenza.

30) Ieri, sul far della notte, le giovani rane, nel buio sotto il ponte, cantavano, in compagnia, discordi canzoni d'amore, mentre io, col cuore vecchio appoggiato al parapetto, ero perduto nella solitudine e nel chiaro di luna.

31) Io prendo una manciata di tempo, che è come prendere una manciata d'acqua dal mare. In cambio il tempo prende me.

32) Il tempo è un fuoco lento, che però non brucia e non fa fumo. Anche lui tutto riduce in cenere.

33) Stanotte la luna, col vestito nuovo di luce, mostra i gradi del comando. Ci traghetta, come è suo mestiere, verso un altro giorno.

34) Chiesero ad una signora, che festeggiava 100 anni in buona salute, quale fosse il segreto della sua longevità. Rispose sicura e secca: "Il domani, la speranza."

35) Da sempre, giorno dopo giorno, inseguo la vita, che mi cammina qualche passo avanti. Presto arriverò alla stazione. Spero che ci sia.

36) La Lella scrive poesie. Ha detto che ne compone una, spesso di poche parole, alla maniera ermetica, dopo avere fatto all'amore. E' ancora in piena attività e la sua amica afferma che ha già riempito molti quaderni con fiocchi di parole, baci, sospiri, stelle, cuori, margherite e struggimenti assortiti.

37) Ci eravamo baciati sotto il gelso dalle more nere come l'inchiostro. Le nostre labbra e dintorni facevano la spia.

38) Ho letto certi epigrammi scritti da Marziale duemila anni fa. Al confronto i film a luci rosse di oggi sono acqua di rose.

39) Anche stanotte mi sono affacciato alla finestra perché sentivo il vecchio ubriaco che piangeva, rideva e rimescolava parole. Lo precedeva il cane nero, che conosce la strada a memoria. L'uomo abbracciava il vento che forse gli portava il suo amore giovane. Piangeva e rideva, rompeva il silenzio.

40) Tutti i merli del mondo parlino la stessa lingua o lo stesso linguaggio. Gli animali della terra, del cielo, del mare comunicano naturalmente così come si muovono e mangiano. Solo l'uomo ha costruito la torre di Babele.

41) Ho fatto un sogno allo spuntare del giorno. Stavo sostenendo l'esame di terza media e, seduta davanti a me, c'era la professoressa di scienze che aveva un foruncolo sul naso. Le ho detto: "Ha un briciolo e, tra un anno, avrà un figliolo." E lei, dopo averci pensato: "Le donne portano nove mesi, non sono vacche!"
Mi sono svegliato mentre leggevo il quadro dei risultati dove c'era scritto che ero bocciato.

42) Ricordo un mattino di primavera e di giovinezza. Camminavo per la strada che sale nella stretta valle dell'Afra, quando in mezzo al cielo vidi sovrano e fermo, così mi sembrava, un falco 'alto levato', dice Montale. Era una poesia della natura che veleggiava nell'azzurro. Più bella di tutte quelle dell'antologia. Un prodigio. Lo vedo ancora, è sospeso, ad ali tese, nella mente. Ritorno ragazzo.

43) C'era il vento quella sera quando si camminava verso l'imbrunire nel viale dove i tigli perdevano le prime foglie ingiallite, come pensieri stanchi. Tu non avevi più parole per me, mentre il vento ti carezzava fianchi, volto, capelli. E io avrei voluto salire sul vento. Che ti portò con sé.

Franco Ruinetti