città
di Sansepolcro,
Via
Mazzini, già Del Panìco,
nel
tempo del dopoguerra
radevi
e tosavi
per un
quartino
di vino.
Cantavi
con
l'amico Gabetto
dal do
di petto.
Con un
altro cliente
o
paziente
di
poche spese
andavi
all'osteria confinante
della
vedova Padella,
ostessa
florida, cortese
per
mezza fetta di pane
con
l'acciuga
innaffiata
con un quarto
di
sangiovese
e alla
fine
un
inchino e un'arietta
frettolosa,
toccata
e fuga,
prima
del rientro
in
bottega claudicando
da
quando
ti
strinse i piedi il freddo russo
della
guerra,
tutta
neve, niente terra,
per cui
è difficile mestiere
di fare
il barbiere,
dovere
pestare gli spini
senza
rimedi.
Tu eri
contento
Pandò,
Figaro
del cantone,
d'essere
vivo
mattina
e sera,
dopo
l'inferno
tutto
bianco dell'inverno
d'aver
dato alla patria,
ai
politici che camminano
sui
prati della loro primavera,
sorridenti,
grandi
menti
tutti
bravi,
i tuoi
piedi
e
allora cantavi,
intonato
come un tenore
in
scala minore
perché
cantare è volare,
in
duetto
con
Iaio o con Gabetto
tra
un'insaponata ed un bicchiere
“Largo
al factotum della città
la la
la la la la la la
Ah che
bel vivere
che bel
piacere
per un barbiere
di
qualità
di
qualità.