In prossimità del secondo anniversario della scomparsa vogliamo rendere omaggio alla figura dell'artista Giorgio Rinaldini,
per anni protagonista della scena artistica nazionale e amico della
nostra associazione, riproponendo alcune sue celebri opere e alcuni testi
critici a lui dedicati.
Cosi' ne ricordava la figura Oreste De Luca in occasione della scomparsa nel 2013:
Una vita tutta spesa per la pittura. Un amico e un prezioso maestro per tanti riminesi.
Nelle nostre chiacchierate, Giorgio mi ricordava spesso che io ero stato il suo primo acquirente, nella prima mostra personale da lui fatta a Rimini, l'anno 1965. E mi prendeva in giro, raccontando: "Quando ti ho visto entrare in galleria, ho subito pensato - adesso questo ragazzotto ci casca!".
In realtà, il mio acquisto era frutto di una scelta molto ponderata. Avevo chiesto consiglio al pittore Felice Bertozzi (allora eravamo colleghi di lavoro); e lui, che non era certo un soggetto tenero nei giudizi, mi aveva sorpreso con una affermazione categorica. La ricordo ancora: "Rinaldini è un Pazzini maggiorato".
In seguito io e Giorgio siamo diventati amici. Ho cominciato a dipingere anch'io e - in compagnia di Aurora Pandolfini ed Eugenio Giulianelli - ho trascorso lunghi anni nello studio Rinaldini. Dipingevamo, ragionavamo, facevamo uscite assieme. E noi tre allievi ammiravamo la pennellata spontanea, bella di Giorgio; cercavamo di imitarla.
Nelle nostre chiacchierate, Giorgio mi ricordava spesso che io ero stato il suo primo acquirente, nella prima mostra personale da lui fatta a Rimini, l'anno 1965. E mi prendeva in giro, raccontando: "Quando ti ho visto entrare in galleria, ho subito pensato - adesso questo ragazzotto ci casca!".
In realtà, il mio acquisto era frutto di una scelta molto ponderata. Avevo chiesto consiglio al pittore Felice Bertozzi (allora eravamo colleghi di lavoro); e lui, che non era certo un soggetto tenero nei giudizi, mi aveva sorpreso con una affermazione categorica. La ricordo ancora: "Rinaldini è un Pazzini maggiorato".
In seguito io e Giorgio siamo diventati amici. Ho cominciato a dipingere anch'io e - in compagnia di Aurora Pandolfini ed Eugenio Giulianelli - ho trascorso lunghi anni nello studio Rinaldini. Dipingevamo, ragionavamo, facevamo uscite assieme. E noi tre allievi ammiravamo la pennellata spontanea, bella di Giorgio; cercavamo di imitarla.
Lo studio di Rinaldini visto da Man |
I suoi paesaggi, le nature
morte, incontravano il favore del pubblico e noi pensavamo che Giorgio
avrebbe insistito in quel filone felice. Invece ha scelto strade meno
facili, per seguire la ricchezza che aveva dentro. Una ricchezza
d'animo, una sensibilità che emergevano sempre, qualunque fosse il
soggetto rappresentato: un angelo riecheggiante i putti malatestiani di
Agostino, o una costruzione prettamente informale.
Col tempo la passione mi ha spinto verso la ricerca storica e ho allentato di molto l'uso dei pennelli; ma non ho perso i contatti con Giorgio. La finestra del suo studio dava nel cortiletto di palazzo Ferrari dove ha sede la Libreria Luisè ed io, frequentando quotidianamente la Libreria, lo vedevo al cavalletto. Un saluto, una battuta.
Col tempo la passione mi ha spinto verso la ricerca storica e ho allentato di molto l'uso dei pennelli; ma non ho perso i contatti con Giorgio. La finestra del suo studio dava nel cortiletto di palazzo Ferrari dove ha sede la Libreria Luisè ed io, frequentando quotidianamente la Libreria, lo vedevo al cavalletto. Un saluto, una battuta.
Rinaldini al lavoro (by Man) |
Quando aveva qualche quadro su cui ragionare, mi chiamava: "Vieni su!". Sapeva che i miei giudizi erano franchi, non adulatorii.
Poi il male ha cominciato il suo inesorabile cammino. Quella finestra sempre chiusa era una tristezza per noi frequentatori del cortiletto. Quando la famiglia ha disdetto l'affitto dello studio e i facchini sono venuti a ritirare il cavalletto, il torchio e le altre cose, è stato un colpo al cuore per tutti, il segno di un percorso senza ritorno.
Poi il male ha cominciato il suo inesorabile cammino. Quella finestra sempre chiusa era una tristezza per noi frequentatori del cortiletto. Quando la famiglia ha disdetto l'affitto dello studio e i facchini sono venuti a ritirare il cavalletto, il torchio e le altre cose, è stato un colpo al cuore per tutti, il segno di un percorso senza ritorno.
Non lo vedremo più con quel mezzo sigaro
spento fra i denti; non sentiremo più la sua voce. Per fortuna - se
questo può allentare la nostra mestizia - i suoi quadri, appesi nelle
nostre case, riusciranno ancora a raccontarci qualcosa di lui.