domenica 1 agosto 2010
Altieri Antonio
Antonio Altieri, artista campano nato nel 1950, svolge attività nel campo dell'arte dalla metà degli anni settanta. In questi oltre trenta anni di carriera ha partecipato alle più importanti rassegne nazionali di pittura ottenendo riconoscimenti e premi. Tra questi è doveroso citare il Premio Magaris a Capri nel 1992, il Premio di Salsomaggiore Terme nel 1997 e il Premio di Arte Sacra di Sora nel 2002. Piu' volte premiato anche al Premio FighilleArte. Dal 2018 una sua opera è esposta in permanenza presso il Piccolomuseo di Fighille.
Numerose anche le mostre personali e collettive in cui ha esposto le sue opere.
La Galleria d'Arte Nocchia di Cortona cosi' descrive la sua pittura: "...i suoi paesaggi, spesso di ispirazione toscana,
esprimono primi piani armoniosi di figure e luci che denotano una particolare
sensibilità e tecnica. Le sue macchie, a prima vista occasionali, attraggono e
coinvolgono i sensi di chi li osserva."
Ecco alcune sue opere recenti:Chinello Ampelio
Ampelio Chinello, architetto, insegnante di Educazione Artistica per molti anni, ha trovato nell'acquerello il modo più congeniale per esprimersi. Soggetti prediletti dall'artista sono i paesaggi naturali, anche se non mancano alcuni ritratti, ma nulla di tutto ciò è mai banale o già visto: uno sguardo sulla realtà lucido e nello stesso tempo incantato, una luminosità ora tagliente per definire i volumi e i dettagli, ora avvolgente per sfumare i contorni e far presagire una realtà infinita, oltre l'apparenza delle cose. Questo e molto di più contraddistingue in modo netto e personale la ricerca dell'artista.
Cosi' parla della sua arte Umberto Marinello: "Quando propone scorci con strutture architettoniche, emerge la
precisione e la puntualità acquisite con i suoi studi; quando invece si
dedica al paesaggio, prevale l'ispirazione lirica che produce una
sublimazione eterea della realtà , risultato di una sensibilità
vivissima che lo porta ad esaltare la bellezza di una natura che è
sempre diversa e che illumina chi la contempla. Se, poi, si lascia
andare, viene catturato dalla forza delle emozioni ed allora non ha più
bisogno della figurazione e colore e luce diventano protagonisti
assoluti dell'opera, anzi, dal colore e dalle sue espansioni prende
vita una luce catartica che invita ad una immersione, fonte di un
irresistibile effetto empatico".
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Pompeo Claudio
Claudio Pompeo nasce a Colfosco di Susegana (TV) nel 1961. Fin dai ptimi anni scolastici manifesta innate capacità artistiche. La passione per il disegno lo porta negli anni '80, a dedicarsi alla pittura. Fin da subito evidenzia una forte predisposizione per la pittura figurativa dove paesaggi "en plain air" rivivono animandosi sulla tela. Successivamente l'esperienza maturata lo porta a sperimentare nuove tecniche. Partecipa con successo a numerose manifestazioni nazionali ed internazionali ed è protagonista dei piu' importanti concorsi italiani nei quali piu' volte ottiene il masismo riconoscimento. Molte sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private, in Italia e all'estero. E' presente con una sua opera nel Piccolomuseo di Fighille dal 2016.
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De Gobbis Sebastian
Sebastian De Gobbis nasce a Beirut, in Libano, nel 1971 da una famiglia di origine veneziana. Una volta tornato in Italia, ancora
adolescente, da Venezia si trasferisce a Verona, per frequentare il Liceo
Artistico. Negli anni si accosta ad ambienti artistico-culturali diversi,
viaggia per approfondire la propria cultura e decide di dedicarsi interamente
alla pittura. Dal 1995 cura e allestisce mostre personali in varie gallerie italiane ed estere. Da alcuni anni protagonista nei piu' importanti concorsi di pittura italiani.
Cosi' parla della sua pittura Giorgio Falossi: "Una figurazione autentica e attuale quella di Sebastian De Gobbis, sorretta da un cromatismo quasi monocolore, un marrone che gioca con le ombre e si ingentilisce con la luce dei bianchi. creando oltre che lo spazio anche il tempo dell’attualità dell’esecuzione. Tendenza fauvistica quella del segno, per cui l’atmosfera gravita di impressioni silenti sino alla melanconia e, nel suo disporsi di interferenze e gradazioni, crea armoniose configurazioni".
Cosi' parla della sua pittura Giorgio Falossi: "Una figurazione autentica e attuale quella di Sebastian De Gobbis, sorretta da un cromatismo quasi monocolore, un marrone che gioca con le ombre e si ingentilisce con la luce dei bianchi. creando oltre che lo spazio anche il tempo dell’attualità dell’esecuzione. Tendenza fauvistica quella del segno, per cui l’atmosfera gravita di impressioni silenti sino alla melanconia e, nel suo disporsi di interferenze e gradazioni, crea armoniose configurazioni".
Questo invece un pensiero critico di Camilla Ugolini: "Entrare nella casa-studio di Sebastian è un po’ come accedere al
bateau-lavoir di Picasso e dei suoi amici. L’aroma del cafè e del quotidiano si
mischiano agli odori quasi impercettibili delle resine con cui Sebastian dà
volto ad un’impressione. L’impressione di uno sguardo incrociato con uno
sconosciuto. Sebastian cavalca l’onda dello sconosciuto, che non è altro che il
ponte fra scienza e arte. Tra i ripiani dello spazio che resta disponibile fra
i dipinti accostati l’uno accanto all’altro, si incontrano i libri, con le loro
parole che danno voce a ciò che Sebastian, come afferma, sa dire solo con la
pennellata. In primo piano, il Trattato della pittura di Leonardo che rimanda a
quel connubio fra pittura e scienza che nell’arte di oggi sembrerebbe perduto,
ma che in realtà persiste, seppur in forme diverse. Perché se i paradigmi della
scienza sono mutati, lo sono anche quelli dell’arte, e viceversa. L’uomo è
ancora fulcro del conoscibile, perché nell’uomo tutto l’universo si coagula in
piccola scala. Ma l’uomo è al contempo condensazione dello sconosciuto, utopia
continua, almeno per il tempo in cui il genere umano vuole resistere. Il tratto
nei dipinti di sebastian non è un tratto verista, scientifico nel senso moderno
del termine. La soggettività in arte e la sua fierezza sono giunte sino a lui,
e si vedono. La spatolata veloce, i contorni sfumati, il colorismo
espressionista, a volte pop."
Erede di una tradizione e consapevole, grato di
esserlo, sebastian sembra catturare quel momento in cui tutto si ferma e al
contempo ogni cosa danza intorno al vuoto. Come dirlo, questo vuoto? Non si
può, in verità, si può solo coglierlo, danzandoci attorno. Con parola poetica,
altrove, qui con il colore.
Ecco che
allora il tratto in un volto non può che perdersi quasi e farsi
pulviscolo o divenire più denso altrove, non importa. Quello ha a che fare col
divenire, con la mutevolezza delle forme. Ma ciò che resta, oltre questo o quel
punto colorato di una tonalità che non appartiene al realismo crudo della vita,
ciò che resta è la “rovina” dell’essenzialità. Lo sguardo triste di un volto di
donna e ciò che assorbe, che trascina, che cattura con forza, e intorno nasce
un momento fermo in cui tutta la superficie quasi si dimentica.
Tanto si dice dell’ispirazione in arte. Ma nessuno saprebbe
trasmetterla a chi non ne ha esperienza, a chi non ne è attraversato. E non
certo con la parola. Ispirarsi e ispirare contengono quell’attimo in cui
qualcosa di ineffabile entra e si ferma, per un lasso impercettibile di tempo.
Si ferma, ma è anche già li, pronto ad offrirsi.
E forse l’ispirazione non è che una salita che porta ad un
punto in cui tutto ciò che non conta muore e resta l’essenza, ciò che è. Allora
non importa che il volto che contiene, nasconde e rivela ciò che è sia quello
di un direttore d’orchestra o dell’avventore casuale di un ristorante.
Quell’essenza è di tutti, e prende colore. Senza particolari legami simbolici,
sebastian usa il colore come reagente dell’anima, che la svela, la ingrandisce,
la porta alla riconoscibilità. Quello sconosciuto, incontrato sulla propria
strada, diventa riconoscibile nel suo esser parte dell’essenza di ognuno. C’è
qualcosa di vero nel blu nel verde che colorano il volto, o nel giallo che
circonda gli occhi. Il vero d’altronde è la danza del mondo, che fa ogni attimo
diverso da altro.
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Ghisoni Andrea
Andrea Ghisoni è nato a Soncino (Cremona) nel 1939. Dopo aver lavorato per anni in Svizzera è ritornato in Italia. Ha cominciato a dedicarsi alla pittura entrando in contatto con il professor Enea Ferrari, pittore e insegnante di disegno. Dal 1973 al 1977 ha frequentato, nella sua città natale, la Scuola Regionale di disegno, pittura e scultura, conseguendo il diploma di Maestro d’Arte. Nel 1979 ha ottenuto il suo primo importante riconoscimento ufficiale, vale a dire il Primo Premio nella “Sezione acquerello” alla prima Biennale “Città di Casalmaggiore”. Da allora ad oggi i riconoscimenti ricevuti per la sua pittura non sono più mancati: ha superato la soglia dei 100 primi premi in concorsi di pittura. preso parte, a Cremona, al corso di anatomia, nudo e copia dal vero, presso Il Circolo Artistico “Leonardo”, tenuto dal professor Giorgio Mori. Utilizza più frequentemente l’olio, l’acrilico e l’acquerello. I soggetti che predilige ed affronta con maggiore frequenza sono i ritratti, le nature morte e i paesaggi, anche se non mancano quadri a tema sacro.
Dal 2016 il Piccolomuseo di Fighille ospita una sua opera.
Cosi' scrive della sua arte Simone Fappanni: «Il moderno realismo, di forte caratura emozionale, che contraddistingue la ricerca espressiva di Andrea Ghisoni, possiede il dono della soavità e quello dell’evocazione. Non a caso i suoi quadri, apprezzati in numerose mostre e premiati in parecchie manifestazioni culturali, risultano in grado di attrarre l’osservatore per un’estrema leggibilità. Una chiarezza narrativa, quella dell’artista soncinese, che si basa fondamentalmente su due componenti: un disegno inappuntabile, maturato in anni di severo impegno e perfezionato grazie ai maestri Enea Ferrari e Giorgio Mori, e una coloristica dalle tinte che riescono magistralmente a proporre una resa sorprendente del soggetto.Tuttavia, sarebbe un grave errore, a nostro avviso, inserire questa esperienza creativa nel solco di quel genere di pittura che viene definita, talvolta in un’accezione ingiustamente riduttiva, “fotografica”. Infatti, Andrea non intende offrire una mera riproduzione del reale, operazione di per sé nobile e indubbiamente rispettabile, quanto piuttosto presentare al fruitore una “testimonianza pittorica” di ciò che un soggetto è in un determinato, particolarissimo istante, che pertanto viene fissato sulla tela o sulla carta. Di qui si spiega la meticolosità con cui Ghisoni esegue ogni sua opera: la ricerca del particolare, anche quello apparentemente insignificante, si risolve in una operazione che, lungi dal configurarsi come un mero esercizio accademico, risulta invece il cardine attorno al quale ruota la composizione nella sua interezza».
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Castiglioni Claudio

Claudio Castiglioni da alcuni anni si dedica a tempo pieno alla sua grande passione che è sempre stata l’acquarello, folgorato giovanissimo da William Turner e dai grandi acquarellisti inglesi.
Ancora ragazzo,
ha la fortuna di poter dipingere “en
plein air” con la grande Dina Bellotti, paesaggi di Roma e della campagna
romana. In questi ultimi anni si è dedicato con caparbietà e slancio allo
studio di grandi acquerellisti contemporanei. Il suo tratto veloce e libero non
segue i canoni classici di questa magnifica tecnica convinto com’è che il
risultato migliore in pittura si ottenga togliendo il più possibile e non
aggiungendo dettagli.
«La pennellata
di Castiglioni – spiega la critica d’arte Mara Ferloni – è a volte
spregiudicata, ma crea atmosfere speciali dove i personaggi, quasi sempre
presenti nei suoi lavori sono, come direbbe Vincent Van Gogh, “circondati
dall’aria e sembrano poterla respirare”».
Castiglioni
racconta, con immagini di luce e colore, le architetture di Piazza del Popolo,
di Piazza Navona, di Via del Babbuino a Roma, o del Duomo di Milano, ma anche
la poesia della natura, fra barche al tramonto, o le suggestioni del mare del
porto di Nettuno.
Convinto
sostenitore dell’associazionismo, promuove e fonda l’Associazione Romana
Acquerellisti della quale diventa primo Presidente e della quale è tutt’ora
Predidente Onorario. Partecipa con successo a numerose manifestazioni nazionali ed internazionali ed è protagonista in importanti mostre collettive. E' presente nella collezione del Piccolomuseo di Fighille dal 2016.
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Coppola Ferdinando
Ferdinando Coppola nasce a Viareggio nel 1945.
Dopo aver conseguito la maturità artistica, si iscrive all'Accademia di
belle arti di Carrara e nel 1971 si. diploma al Corso di scultura.
L'anno successivo si iscrive al corso di pittura instaurando ottimi
rapporti con i docenti delle varie discipline: P.C. Santini, docente di
storia dell'arte, L. Bernardi, docente di Estetica e Teoria della
percezione visiva, e D. Viggiano, docente di tecniche calcografiche. La
sua attività artistica inizia nel 1970 con una mostra personale alla
galleria Procellaria di Sarzana e, nello stesso anno, viene scelto come
rappresentante dell'Accademia alla "II Esposicao de arte universitaria"
di Lisbona ottenendo un inaspettato successo.
Ancora studente frequenta lo studio di
C. Mattioli e, a Viareggio, quelli di R. Santini e di M. Colzi. Nel 1974
ottiene la nomina per l'insegnamento di Discipline pittoriche presso il
I Liceo artistico di via Ripetta a Roma. In questi anni conosce G.
Turcato ed E. Greco e frequenta i loro laboratori. Nello stesso anno
espone alla galleria E. Alfieri in via del Corso. Finito il periodo di
docenza a Roma, rientra a Viareggio e prosegue il percorso didattico
presso il Liceo artistico di Lucca. Pur avendo abbandonato la scultura,
continua a frequentare i laboratori della ditta Henraux dove conosce M.
Marini ed H. Moore. Nel 1974 è tra i fondatori dell'A.A.A. (Associazione
Amatori d'Arte). Verso il 1978 conosce alcuni pittori della Nuova
Figurazione, tra questi: O. Martinelli, S. Luporini, G.Banchieri.
Collabora all'allestimento delle mostre del Premio Letterario Viareggio
(E. Greco, U. Attardi, R. Guttuso, A. Murer, ecc.).
Nel 1980 è tra i soci fondatori
dell'A.A.V. (Associazione Artisti Versiliesi) e ne sarà il
vicepresidente fino al 1993. Nel 1982 ottiene il comando dalla
S.B.A.A.A. presso il Museo di Palazzo Mansi a Lucca dove è responsabile
della Sezione didattica. Tiene corsi di pittura, scultura e grafica. Nel
1985 torna a insegnare. Da alcuni anni si dedica alla progettazione
grafica; l'ultimo lavoro è il logo per Agenda 21 dell'Assessorato
all'ambiente della Provincia di Lucca.
E' presente con una sua opera nel Piccolomuseo di Fighille dal 2016.
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Turle Sergio
Sergio Turle è di Romanengo, in provincia di
Cremona, ma abita da anni a Liscate (Milano). Da tempo si è dedicato
all'arte, cimentandosi nella pittura realistica. Dotato di talento naturale, ha affinato la propria tecnica attraverso
la frequentazione della Scuola d'Arte Pittorica di Cassano d'Adda,
trovando una propria strada nella figurazione ricca di colore e
contrasti cromatici. Turle ha partecipato, e partecipa tuttora, ad importanti concorsi
nazionali, riscuotendo notevoli successi di critica e di pubblico.
I suoi soggetti sono vari e in tutti sono presenti delle foglie, da
cui il suo nome, con cui è conosciuto in tutta la Martesana, di "Pittore
delle foglie". Tramite un incarico dell'associazione ACADA, il pittore
liscatese ha realizzato, fra il 2013 e il 2014, un gigantesco dipinto
raffigurante S.Sebastiano, S.Rocco e il suo cane, la Madonna con il
Bambino, che ora campeggia sulla parete della "Corte dei Sciuri" a
Vignate, in provincia di Milano, in sostituzione di precedenti opere
consimili ammalorate e riguardanti immagini a protezione della peste. Dal 2016 il Piccolomuseo di Fighille ospita una sua opera.
Cosi' scrive della sua arte Dario Lodi: L'artista vuole dare emozioni e per questo
rafforza i suoi soggetti dotandoli anche di quegli elementi naturali
come appunto, la foglia, che troviamo in ogni quadro. La sua pittura chiara, splendente e solare, dichiaratamente
figurativa è un'ammissione schietta di chi non si vergogna a muovere la
sua ricerca sulla storia delle immagini.... immagini che risultano
continuamenti piacevoli e non lontane da espressioni profonde che molta
parte dell'arte moderna dichiara di raggiungere con segni semplicistici.
Turle non vuole in fondo, che consentire una fruizione artistica a
favore dello sguardo. Poi ciascuno approfondisca. E lo farà, dopo
l'ammirazione del suo dipingere. I suoi ritratti fanno sognare, ogni
volto di donna porta o nei capelli o appoggiata in una parte del volto
un fiore, una rosa ad esempio o una foglia.
Ancora su Sergio Turle si esprime il maestro Felice Bossone: "C'è un episodio, prima marginale, poi colto nella sua pienezza di immagine autonoma, che nella pittura di Sergio Turle sta come una condensazione marmorea della vita. E' quello delle nature morte, di foglie, che, sul finire dell'estate, cominciano a comparire con insistenza e che oscillano tra composizioni e paesaggi (onirici). Dall'interesse di questo tema se n'era già avuta indicazione quando, sulla facciata di un palazzo settecentesco, era comparso un gruppo di foglie come a sintetizzare la loro intera esistenza fino all'ultimo respiro, come essenza della pietrificazione. Sergio Turle è un caso pittorico emblematico di come la cultura produce coltura e se a questa si aggiungono le potenzialità espressive del linguaggio delle immagini, si ottengono i due elementi che da sempre contraddistinguono l'opera d'arte, ossia la qualità formale e il substrato poetico. La proposta di questo artista, nelle nature morte come nella pittura di storia da lui rimessa in vigore, senza esitazione, è propriamente anacronistica. Ogni sua opera è una creazione poetica aperta a diverse letture: puoi lasciarti prendere dalla melodia immediata dei colori e delle forme o puoi cercare di cogliere il senso sottointeso dove si dispiegano le intuizioni della coscienza."
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