martedì 6 ottobre 2020

Col cervello a ruota libera (by Franco Ruinetti)

 

 

Col cervello a ruota libera.

 

Ho tanti anni e, in più, gli spiccioli di alcuni mesi. Non ho fretta di andare via, ma è tempo di cogitare finché sum. Fino ad ora non mi sono mai fermato, ho corso sempre col fiato in gola. Però non voglio seguire l'ordine del ragioniere, intendo andare libero nel guazzabuglio delle idee sentimenti emozioni, vagheggiare trastullandomi, ruzzare, saltare da palo in frasca, convinto che la mente, in natura, per quanto possibile dimenticando la scuola, non è incatenata alla logica e alla sintassi.

Mi ricompaiono, a intermittenza, certe riflessioni, insistenti come le zanzare in estate. Vorrei vedere la verità universale, assoluta, ma è sempre bendata. Essa sarà, forse, il buio infinito dove le stelle e tutto il resto scappano senza sapere dove? Le pupille del cielo sono come lacrime lucenti. Belle e tristi.

Pure la vita, bella e triste, corre cieca nel tempo. La vita! E' soltanto una vacanza o un piccolo intervallo dell'eternità. E noi navighiamo in essa ora a fatica, talvolta felici, schiavi d'amore.

Bisogna che mi ricordi dove ho messo il bollettino delle tasse, l'ufficio tributi è nella piazzetta. Per campare si deve pagare. Anche per morire. Con tante imposte, regole, leggi morali e civili la vita umana è diventata una penitenza. Era meglio se nascevo come il mio gatto, che trova sempre la tavola apparecchiata, non lavora per cacciare i topi, non fa le code agli sportelli. No! E' castrato. Basta. Mi conviene mettere la testa sotto l'ala, come le galline, però senza nascondermi nel sonno, saltare nel mondo della fantasia, dove la vita è più vera e bella. Ma quando verrò di là ad occhi chiusi procederò a tentoni? Perché quest'enorme segreto? Dopo le Colonne d'Ercole ci sarà la sorpresa? Oppure l'oceano aperto del niente?

In questa mattina serena, fresca e giovane, è passata, di fretta, una rondine. Ha solcato il cielo deserto. Gli scienziati hanno inventato motori, plastica, armi, veleni. La civiltà è vigliacca. Il monumento lo meriterebbe solo l'uomo anonimo che non offende il creato.

 

Mi sistemo meglio a parcheggiare in poltrona, chiudo gli occhi e c'è il buio con una trina di stelle. Vado a spigolare nel campo della mente, nel passato, nel futuro e anche nell'illusione del presente, che sguilla, non persiste. Incontro scorci della memoria, idee improvvise, motivi vari, sparsi, sciolti. Ma la vita è bene o male, un regalo o una condanna? E' speranza con la meta in fondo, inafferrabile, un passo sempre più avanti. E' desiderio, cioè mancanza, aspettativa di luce, promessa sospesa. Così brancoliamo ubriachi di appetiti, di bellezza, di gioia, privazioni. Poi il volo in terra finisce e dopo? E' possibile che ne cominci un altro dove l'anima leggera remiga con le ali verso un destino ignoto, prossimo e, pure lui, irraggiungibile.

Che fatica campare senza sapere da dove vengo e dove vado! Ho riempito il tempo con la mia esistenza e continuo ad ingombrarlo. E' fatica arrendersi all'ignoranza, la rassegnazione è una sconfitta.

Oltre il sipario degli occhi vedo la Delinda nella mattina fresca di maggio. E' un fiore da poco sbocciato. Ha una minigonna vertiginosa. Due gambe dove giovani e vecchi spalmano gli sguardi. L'indumento rosso è così scampolo che lei, pudibonda, ogni tanto lo deve stirare con ambo le mani. E' un aperitivo senza il pranzo.

Ma dai e ridai si ripresenta il dolore del mistero originale, da cui tutto deriva. Beati quelli che campano nel sonno della ragione, compresi animali e piante.

Ecco: si dipana il film di un episodio. Eravamo quasi ragazzi, avevamo ancora nella testa qualche lucciola e farfalla. Nella solitudine compagna ritorno a quella festa. Andreino, detto Polpetta dal nome del suo ristorante campagnolo, aveva spedito un invito agli amici convocandoli a merenda per il lieto evento gemellare. "Non si accettano regali, ma solo degli spiccioli per le salsicce sottolio", recitava il biglietto. Rivedo i fiocchi rosa, i fiocchi azzurri e un gran tavolo imbandito.

Disse: "Vi presento il lieto evento."

Ci condusse al porcile dove c'era la scrofa con dieci suinetti rosei attaccati ai capezzoli. Poi mangiammo e facemmo baldoria fino a quando giunse la notte a coprire il giorno.

Di nuovo: la vita è bene o male? Per chi crede sia un dono d'amore altro non può essere che un bene, anche se non sempre gradito. Chi invece non ha la fede fa l'altalena tra il piacere e la disperazione cosmica, vera o recitata.

Ma vedi adesso che mi capita in mente! Che sbarcai nel mondo a mia insaputa sotto questo cielo negli ultimi tempi del re e del duce. Nulla posso ricordare della mia alba. Poi ho saputo che il regno s'ingrandiva, diventava impero. Eia eia eia alalà!

Eccomi: in un angolo dell'anno 2020, non pensavo di arrivarci, mi trovo immerso in un gorgo di silenzio attonito rotto dai battiti lontani del cuore, che penso derivino dalla gravitazione universale, come le maree.

Vado a spigolare il più lontano possibile nel tempo. Ritorno bambino con mia madre giovane. La vita era 'bene'. Poi non più. Perché mio padre non prese la tessera del partito, così perse il lavoro e la famiglia fu un campo di battaglia. All'improvviso, notte e giorno esplodevano urli, minacce, parolacce. Piangevo sotto le coperte.

Dopo ho desiderato crescere in fretta per capire perché si vive, per essere contento come gli adulti mi apparivano.

Ed eccomi, ancora qua presente con qualche acciacco, carico di esperienza, di studio e una cosa ho imparato con certezza, che non ho capito niente.

Concludo: producendo questa scorribanda di parole ho vuotato la testa e sono leggero. Ora smetto di pensare e di scrivere; mi chiamano le consuete complicazioni. Il mio tempo, infatti, è infrenato come una grande matassa difficile da sciogliere in gomitoli.


Franco Ruinetti