NEL LETTO
Normalmente sono a letto dalle 23
alle 7. Non chiudo la serranda così ho l'universo nella cornice della finestra,
proprio come un gran quadro col vetro. Quando è spalancato il sereno e quando
c'è, vedo prepotente, sempre protagonista, la luna, talvolta a tutta
circonferenza, sennò in forma di falce. A questo astro, soprattutto i poeti,
hanno dato, a rimorchio, un cospicuo numero di aggettivi giusti e suggestivi.
Io, astronomo e poeta da guanciale, dico la mia: bugiarda, contagiosa, bella.
Mi spiego: vuole fare credere di
camminare per "i sempiterni calli" come una lumaca, di essere
prudente, ma non è vero, in realtà fugge a scavezzacollo. Al proposito, mi
viene la rima baciata 'passeggera menzognera'. E auguriamoci che trovi sempre
la strada libera perché nel caso di un incidente succederebbe l'apocalisse.
Inoltre: la gran lampada della notte
non ha luce propria come vorrebbe far credere. E' solo uno specchio che
raffredda e fa rimbalzare i raggi del sole.
Mi chiama, ha una forza segreta. E'
priva d'aria, d'acqua, di vita e il suo cielo è nero. Ma che ci sta a fare col
suo moto perpetuo a costo zero? Ormai sappiamo alcune cose. E' la calamita che
provoca le maree, ma ha influenze, non così tanto appariscenti, anche negli
umani. Illanguidisce gli innamorati. Talvolta la sua luminosità ipnotica evoca
in me il licantropo, ma non posso ululare sennò faccio schizzare dal sonno mia
moglie.
Però non c'è che dire: è soprattutto
bella e consolatrice. Chiede, pretende attenzione per distrarre dalle cure che
appesantiscono le giornate e che ci portiamo dietro. Non dice niente, ma nel
suo silenzio s'accende l'infinito dell'incantamento.
Con la luna nuova, che non si vede
padroneggiare sul trono del cielo, è tutta un'altra cosa. Faccio passeggiate
intersiderali tra luci a forma di margherite nell'immenso prato blu con pupille
vive che compaiono tra battiti di palpebre. Corro da una parte all'altra del
firmamento come niente fosse e vorrei conoscere, sapere, ma anche se fossi
farcito di studi quanto certi scienziati e astronomi, so che conoscerei solo
qualche pagina di un gran libro.
Alle 6, per buona parte dell'anno,
quando apro gli occhi, la luce ha già spento le stelle e il primo mattino,
salutato da qualche passerotto cittadino, ha l'aria trasparente, nuova. Voglio
pensare che sia come quella di quando il mondo era giovane, immacolato.
Il giorno sbadiglia nella finestra
che guarda verso l'oriente, ma non mi alzo. Ho ancora un'ora di rodaggio, nella
quale vado-vengo nella dimensione del dormiveglia. Spesso non capisco se
viaggio nel sogno o nella verità. E di quello che succede nella mia testa non
ricordo tutto, mi restano dei lampi. Mi sono rivisto bambino nel miracolo
sempre nuovo dell'alba, mentre giocavo con le scatole delle scarpe, che le
figuravo come autotreni. Per questa e altre apparizioni mi sono convinto che
nulla va perduto nella corsa degli anni, ma tutto si conserva nelle lontananze
del cielo. Poi una volta, dopo il tramonto delle stelle, ho rivisto l'amico
Lodovico, che, a diciotto anni, con la motocicletta, precipitò in una scarpata
e finì direttamente lassù, nel cielo del mattino. M'ha fatto piacere
rincontrarlo dopo tanto tempo e non m'importa se può essere stato soltanto un
fantasma del sonno.
Alle 7 suona la sveglia, questo
moderno gallo a batteria che, se non le do una botta in testa, non smette di
strepitare. Allora scendo dall'aurora e torno sulla terra dove sono contento di
sedermi a colazione in compagnia di moglie, figlio, gatto.
Il resto è prosa.
Franco Ruinetti