sabato 30 maggio 2020
venerdì 29 maggio 2020
giovedì 28 maggio 2020
mercoledì 27 maggio 2020
martedì 26 maggio 2020
Nel letto (by Franco Ruinetti)

NEL LETTO
Normalmente sono a letto dalle 23
alle 7. Non chiudo la serranda così ho l'universo nella cornice della finestra,
proprio come un gran quadro col vetro. Quando è spalancato il sereno e quando
c'è, vedo prepotente, sempre protagonista, la luna, talvolta a tutta
circonferenza, sennò in forma di falce. A questo astro, soprattutto i poeti,
hanno dato, a rimorchio, un cospicuo numero di aggettivi giusti e suggestivi.
Io, astronomo e poeta da guanciale, dico la mia: bugiarda, contagiosa, bella.
Mi spiego: vuole fare credere di
camminare per "i sempiterni calli" come una lumaca, di essere
prudente, ma non è vero, in realtà fugge a scavezzacollo. Al proposito, mi
viene la rima baciata 'passeggera menzognera'. E auguriamoci che trovi sempre
la strada libera perché nel caso di un incidente succederebbe l'apocalisse.
Inoltre: la gran lampada della notte
non ha luce propria come vorrebbe far credere. E' solo uno specchio che
raffredda e fa rimbalzare i raggi del sole.
Mi chiama, ha una forza segreta. E'
priva d'aria, d'acqua, di vita e il suo cielo è nero. Ma che ci sta a fare col
suo moto perpetuo a costo zero? Ormai sappiamo alcune cose. E' la calamita che
provoca le maree, ma ha influenze, non così tanto appariscenti, anche negli
umani. Illanguidisce gli innamorati. Talvolta la sua luminosità ipnotica evoca
in me il licantropo, ma non posso ululare sennò faccio schizzare dal sonno mia
moglie.
Però non c'è che dire: è soprattutto
bella e consolatrice. Chiede, pretende attenzione per distrarre dalle cure che
appesantiscono le giornate e che ci portiamo dietro. Non dice niente, ma nel
suo silenzio s'accende l'infinito dell'incantamento.
Con la luna nuova, che non si vede
padroneggiare sul trono del cielo, è tutta un'altra cosa. Faccio passeggiate
intersiderali tra luci a forma di margherite nell'immenso prato blu con pupille
vive che compaiono tra battiti di palpebre. Corro da una parte all'altra del
firmamento come niente fosse e vorrei conoscere, sapere, ma anche se fossi
farcito di studi quanto certi scienziati e astronomi, so che conoscerei solo
qualche pagina di un gran libro.
Alle 6, per buona parte dell'anno,
quando apro gli occhi, la luce ha già spento le stelle e il primo mattino,
salutato da qualche passerotto cittadino, ha l'aria trasparente, nuova. Voglio
pensare che sia come quella di quando il mondo era giovane, immacolato.
Il giorno sbadiglia nella finestra
che guarda verso l'oriente, ma non mi alzo. Ho ancora un'ora di rodaggio, nella
quale vado-vengo nella dimensione del dormiveglia. Spesso non capisco se
viaggio nel sogno o nella verità. E di quello che succede nella mia testa non
ricordo tutto, mi restano dei lampi. Mi sono rivisto bambino nel miracolo
sempre nuovo dell'alba, mentre giocavo con le scatole delle scarpe, che le
figuravo come autotreni. Per questa e altre apparizioni mi sono convinto che
nulla va perduto nella corsa degli anni, ma tutto si conserva nelle lontananze
del cielo. Poi una volta, dopo il tramonto delle stelle, ho rivisto l'amico
Lodovico, che, a diciotto anni, con la motocicletta, precipitò in una scarpata
e finì direttamente lassù, nel cielo del mattino. M'ha fatto piacere
rincontrarlo dopo tanto tempo e non m'importa se può essere stato soltanto un
fantasma del sonno.
Alle 7 suona la sveglia, questo
moderno gallo a batteria che, se non le do una botta in testa, non smette di
strepitare. Allora scendo dall'aurora e torno sulla terra dove sono contento di
sedermi a colazione in compagnia di moglie, figlio, gatto.
Il resto è prosa.
Franco Ruinetti
lunedì 25 maggio 2020
sabato 23 maggio 2020
martedì 19 maggio 2020
Pareti di casa mia (by Franco Ruinetti)

PARETI DI CASA MIA.
Ogni parete della mia casa è come la pagina aperta di un libro che parla di me, degli incontri, degli amici e della mia famiglia. In cucina ci sono appesi i calendari con le lunazioni, con i santi, con la durata dei giorni e c'è quello di Frate Indovino con la frutta di stagione, con i consigli assortiti. Un altro calendario è pieno di gatti di diverse razze che sono, da sempre, i capi di casa. In camera da letto balza agli occhi un dipinto su vetro. E' un tramonto struggente nella solitudine del bosco innevato di un naif slavo, che ebbi occasione d'incontrare diverse volte. Poi tra santi e madonne fatti ad olio, con l'acquarello o col carboncino, c'è capitata la litografia di un nudo di donna che il prete giudicò stonata quando passò a dare la benedizione pasquale.
Ogni parete della mia casa è come la pagina aperta di un libro che parla di me, degli incontri, degli amici e della mia famiglia. In cucina ci sono appesi i calendari con le lunazioni, con i santi, con la durata dei giorni e c'è quello di Frate Indovino con la frutta di stagione, con i consigli assortiti. Un altro calendario è pieno di gatti di diverse razze che sono, da sempre, i capi di casa. In camera da letto balza agli occhi un dipinto su vetro. E' un tramonto struggente nella solitudine del bosco innevato di un naif slavo, che ebbi occasione d'incontrare diverse volte. Poi tra santi e madonne fatti ad olio, con l'acquarello o col carboncino, c'è capitata la litografia di un nudo di donna che il prete giudicò stonata quando passò a dare la benedizione pasquale.
Non mi soffermo sui muri delle altre
stanze, che pur documentano motivi della mia storia, mentre indugio nel locale
che abbiamo sempre chiamato 'lo studio', che è un termine, almeno per me, solo
parzialmente appropriato perché io ho studiato durante tutta la vita, ma ad
avanza tempo, in quanto ho spesso dovuto fare cose più urgenti. L'impegno
libresco assoluto, sempre a mio parere, era per i privilegiati che disponevano
di un angolo tutto per loro, del silenzio, della volontà e non avevano i grilli
nella testa, che invece cantavano nella mia.
Nella suddetta stanza le pareti sono
coperte dai quadri e da vari, diversi, motivi.
Dato che mi sono interessato a pittori
e scultori per oltre quarant'anni, posseggo tante opere anche di autori
lontani. Gli intonaci risultano chiazzati, variopinti, ora i colori rimbalzano
squillanti, ora si muovono con tenui cadenze di luce. Molte le vignette, le
amenità di quel burlone, stramaturo, ma ancora ragazzo, Enzo Maneglia, il noto MAN, i
cui dipinti e disegni, le cui acrobazie mentali occupano un bello spazio. E'
sua una fanciulla in fiore, lieve come una farfalla. E' ancora sua un'anziana
donna contigua, distesa sulla sabbia, che indossa un ridicolo bikini. Sembra di
piombo. Si tratta della stessa modella riconsiderata dopo 50 anni. E', questa,
una figura, vien da dire, amarognola, che sveglia il sorriso a bocca stretta,
proprio dell'umorista di razza.
Qua e là s'affacciano alcuni miei ritratti eseguiti da diversi artisti. Non mi convincono. Penso che, con me, lo specchio sia più clemente.
C'è un dipinto che dovrò decidermi a
sostituire e stipare sopra la libreria. Propone una donna molto incinta, troppo.
Dentro una cornice a cassetta,
protette dal vetro, ho sistemato, in bella vista, due sponderuole, realizzate,
forse cent'anni fa, dal falegname Panicucci, che è rimasto negli annali del
villaggio, Fighille. E' ricordato perché lavorava recitando La Divina
Commedia o L'Orlando furioso e perché la sua bottega era un
punto di ritrovo più frequentato dell'osteria. Morì prima di invecchiare. Io
non l'ho conosciuto, mentre ho conversato più volte con sua moglie, donna di
taglia forte e che, sempre vestita di scuro, ha portato il lutto per
trent'anni. Era simpatica, originale. Una volta, parlando di corna, sentenziò:
"Perfino i topi sbagliano spesso
topa."
Sopra la porta si vede, dipinto, un
vaso di vetro che ha la vita dei riflessi. Sembra che offra dei fiori campestri
e sul piano del tavolo sono sparse delle viole. E' una bella esecuzione che
l'artista, ormai ingiustamente disperso nell'ombra, aveva realizzato su una
larga mattonella di ceramica, nella quale aveva praticato un foro per reggerla
e appenderla con un cordino. Io la sistemai in una robusta cornice giudicandola
un'opera d'arte, non un caciocavallo.
Tre quadri cosiddetti 'a giorno',
purtroppo aggiornabili, che sono le mie lapidi alla memoria, propongono
fotografie di numerose persone, una folla. Si tratta di amici e colleghi che
via via sono trasvolati nell'infinito. E non sono tutti. Tra loro nomino
Italiano che ha un'aria sospesa come se tirasse il fiato mentre si sporge dalla
finestra. E' stato un mio grande compagno di vita. Quando superai il concorso
per passare di grado mi regalò un elegante prosciutto con la cravatta.
Al centro di questo cimitero privato
si afferma possente il Colosso di Barletta, che, con la mano destra, alza la
Croce al cielo.
Franco Ruinetti
lunedì 18 maggio 2020
sabato 16 maggio 2020
Un'opera di Doriano Tosarelli entra nella collezione del Piccolomuseo di Fighille

La
stagione 2020 del Piccolomuseo di Fighille continua con una nuova importante acquisizione. Entra nella collezione della pinacoteca umbra un'opera di Doriano Tosarelli. Originario di Fratta Polesine ove vive e lavora, è presente sulla scena artistica dal 1970. Si afferma come uno degli artisti piu' stimati e conosciuti del Polesine. Le sue opere sono presenti in tutte le piu' importanti manifestazioni e fiere d'arte contemporanea in Italia e all'estero, in particolare negli Stati Uniti.
Sono innumerevoli le mostre, personali e collettive, allestite in Italia cosi' come la partecipazione ai piu' importanti concorsi d'arte nazionali. Tosarelli è anche fondatore e direttore artistico del Premio Fratta Polesine.
L'artista ha voluto donare al nostro museo l'opera di seguito riprodotta:
Sono innumerevoli le mostre, personali e collettive, allestite in Italia cosi' come la partecipazione ai piu' importanti concorsi d'arte nazionali. Tosarelli è anche fondatore e direttore artistico del Premio Fratta Polesine.
L'artista ha voluto donare al nostro museo l'opera di seguito riprodotta:
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l'opera donata al Piccolomuseo di Fighille |
L'opera donata da Doriano Tosarelli diventa cosi' la n.210 del catalogo generale del museo.
La sua è una pittura che potrebbe essere definita di "surrealismo cromatico" in cui la forza dell'emozione viene marcata dalle spatolate veloci che aprono l'opera. Cosi' parla della sua pittura Marta Lock: "la pittura unica di questo artista veneto, talmente veneto da non ritenere possibile non immortalare immagini delle città simbolo della sua regione, si muove a metà tra realtà e visione, dove la visione è comunque uno sguardo romantico su ciò che l’occhio osserva. I suoi paesaggi sembrano a volte luoghi sospesi nel tempo, in una dimensione onirica che lascia immaginare un mondo fantastico che si può trovare qui e ora tanto quanto dall’altra parte del mondo e in un’altra epoca, un mondo che induce alla riflessione proprio per quel suo essere calato tra le nuvole, nel rassicurante buio lunare."
Nei prossimi giorni seguiranno ulteriori approfondimenti.
venerdì 15 maggio 2020
mercoledì 13 maggio 2020
martedì 12 maggio 2020
Don Giuliano (by Franco Ruinetti)

DON GIULIANO
Era
benvoluto da tutti, don Giuliano e lui voleva bene a tutti, anche ai
più rossi, perfino quando li avevano scomunicati. Lo conobbi a
Pratieghi dove andavo una volta all'anno, a settembre, per cercare i
funghi, che altri raccoglievano mentre io non ne vedevo neanche uno,
ma, in compenso, nell'accogliente ristorante casereccio trovavo
sempre tagliatelle fatte con la sfoglia tirata a mano nella
spianatoia col matterello, condite con un sugo il cui sapore usciva
di casa con l'aroma dall'irresistibile richiamo. E poi trovavo i
crostini con maghetti e fegatini di pollo che, come quelli, li sapeva
fare solo la mia povera mamma. Li mangiavo con voglia e nostalgia.
Ma ho
deragliato e torno a don Giuliano. Che era un prete mingherlino
destinato a quella parrocchia tra i monti alla sorgente del Marecchia
da quando celebrò la prima Messa. Aveva il candore di un bambino. Lo
andavo a chiamare per offrirgli il pranzo e lui veniva, ma accettava
solo un goccio di vino annacquato. Parlava, seduto al mio fianco,
tenendomi la mano. E quello che diceva mi è restato a stampa nella
memoria.
Mi
raccontò che, all'età di sei anni, figlio unico, era rimasto orfano
di ambedue i genitori, che trascorse la fanciullezza, l'adolescenza,
la prima giovinezza nei seminari e in un convento. Gli si
illuminavano gli occhi quando ricordava sua madre come una lontana e
fuggevole apparizione della Madonna.
"Don
Giuliano, si è mai innamorato?"
Mi
strinse la mano. Ci pensò:
"Se
non vivessi d'amore non sarei un uomo, non sarei un prete. L'universo
intero, che è più grande di quanto lo possiamo pensare, non è un
mistero, è amore."
"Le
manca la famiglia?"
"Io
mi sento padre, fratello, nonno dei miei parrocchiani. Non mi manca,
anzi: la mia famiglia è numerosa. E si è allargata perché vado
anche nelle chiese viciniori, dove, purtroppo non c'è più il
prete."
Un
giorno mi portò a visitare la sua chiesa, che mi parve bella proprio
perché essenziale, francescana.
Poi ho
saputo che quella volta lo portarono di corsa all'ospedale di Arezzo.
Fu ricoverato in condizioni di salute preoccupanti.
Dopo
alcuni giorni di degenza insistette per tornare a Pratieghi, ma i
medici cercarono di dissuaderlo. Lui non si arrese, doveva celebrare
le funzioni del periodo pasquale. Allora firmò per essere dimesso
assumendosene la responsabilità. Quella firma credo che gli abbia
aperta la porta del paradiso, anche senza la bolla papale.
E'
stato sepolto nel cimitero locale, piccolo e ordinato giardino dei
morti. I parrocchiani lo hanno voluto nel centro in un'arca di marmo
a rilievo. Da lì può vedere la chiesa e benedire la sua grande
famiglia.
Io
sono tornato a Pratieghi dopo tre anni, solo per andare da lui perché
avevo l'impressione che, di tanto in tanto, mi chiamasse. Non per
altro motivo. Infatti, ormai, ho definitivamente rinunciato a cercare
i funghi e, dato che il medico mi ha prescritto una dieta severa, non
entro in quel ristorante dalla cucina antica, buona come l'aria e
l'acqua della montagna.
Don
Giuliano non aveva parenti consanguinei eppure, dopo tre anni dalla
morte, sul suo sepolcro, c'era un mazzo di fiori freschi.
Franco Ruinetti
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