
domenica 31 marzo 2019
sabato 30 marzo 2019
La primavera di Massolo
Massolo visto da Giuma |
..............finalmente esplode la primavera e salutiamo queste belle giornate con questi due lavori del maestro Mario Massolo che ha dedicato alle "fioriture" alcune delle sue piu' celebri opere:
venerdì 29 marzo 2019
La primavera di Fabrizio Filippi
mercoledì 27 marzo 2019
Gianfranco Giorni a Citerna - Una mostra da non perdere
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G.Giorni al lavoro su "La temperanza" di Fighille |
Un evento da non perdere per gli amanti dell'arte è la mostra personale "L'eleganza nella scultura" che il Comune di Citerna dedica all'opera di Gianfranco Giorni nel periodo 30 marzo / 9 giugno 2019. Questo sia per la grande valenza artistica dell'evento sia per il particolare legame affettivo che lega il nostro paese e la nostra associazione all'artista anghiarese. Ricordiamo infatti che l'opera "La temperanza" posta al centro della Piazza degli Artisti a Fighille fu realizzata proprio da Gianfranco Giorni nel 2015, arricchendo ulteriormente il già cospicuo patrimonio d'arte contemporanea del nostro paese.
La mostra avrà il proprio cuore presso la Sala degli Ammassi presso il palazzo Comunale per poi estendersi all'intero Centro Storico. Alla presentazione di sabato 30 marzo 2019 alle ore 17 interverrà anche il professor Attilio Brilli per una introduzione critica all'opera del maestro toscano.
l'artista al lavoro |
Chi è Gianfranco Giorni.
E' nato ad Anghiari, a Cafaggiolo in un podere in mezzo alla piana
bonificata dai CAMALDOLESI nei primi secoli dell’ anno mille. Fino dall’infanzia mostra particolare
sensibilità per le forme ed i colori, giocando con l’argilla dei campi e i
carboni spenti del grande focolare. La vista delle mura e del castello antico,
da quella particolare angolatura, suscitano una profonda suggestione che sarà
presente in tutta la sua attività futura di scultore.
Compie
studi ad indirizzo artistico all’ istituto d’arte di Sansepolcro e in seguito,
a causa di una grave malattia del padre, è costretto a interrompere gli studi.
Svolge per alcuni anni l’attività di intagliatore in legno. A seguito di
concorso a cattedra, nei primi anni ottanta viene chiamato ad insegnare
all’Istituto d’arte di Arezzo, quindi in quello di Anghiari e infine a
Sansepolcro.
Fin
da giovanissimo, si è dedicato a una continua e attenta ricerca nei vari
campi del linguaggio artistico, dalla pittura alla grafica alla scultura,
partecipa a numerose collettive e nel 1973 tiene la sua prima personale.
Da allora svolge una intensa attività di pittore e scultore.
Alcune
delle sue opere più importanti si trovano in spazi pubblici come:
-MINERVA in Piazza Risorgimento e nella sede centrale di Bancaetruria ad
Arezzo.
-GIARDINO DELL’ ARMONIA, porta in bronzo della sala
espositiva della Soprintendenza statale di Arezzo;
-L'IMPLORAZIONE, terracotta ingobbiata e oro, lunetta della porta eterna della
cappella delle volte nella basilica di S. Domenico a Siena;
-IL PRIGIONE in
bronzo, nel parco XXV Aprile a Sansepolcro;
-QUALI COLOMBE, bronzo e
oro, per il giardino della memoria, nell’ ex Campo di
concentramento in località Renicci di Anghiari
-SUONATRICE DI FLAUTO, bronzo, per il museo della Contrada del Liocorno a Siena;
-PROFILO DI CITTA’, refrattario dorato, sala Ottorino Goretti ,per l’Unione dei Comuni a Sansepolcro;
-SUONATRICE DI FLAUTO, bronzo, per il museo della Contrada del Liocorno a Siena;
-PROFILO DI CITTA’, refrattario dorato, sala Ottorino Goretti ,per l’Unione dei Comuni a Sansepolcro;
-STELE COMMEMORATIVA, cemento e bronzo, per il 40°
anniversario della liberazione nel Comune di Pieve Santo Stefano.
Giorni
ha eseguito inoltre multipli per istituzioni pubbliche e aziende private e realizzato
disegni e acquerelli per libri illustrati.
Dal 2010 CALLIOPE E L’ ALLORO è il trofeo ufficiale del premio letterario” P.E.N. club italiano”. La sua produzione artistica è apparsa su varie pubblicazioni e riviste specializzate.
Nel suo laboratorio “ACQUAVIOLA” Giorni modella e fonde sculture attorniato dai famigliari, amici scultori ed ex allievi.
Dal 2010 CALLIOPE E L’ ALLORO è il trofeo ufficiale del premio letterario” P.E.N. club italiano”. La sua produzione artistica è apparsa su varie pubblicazioni e riviste specializzate.
Nel suo laboratorio “ACQUAVIOLA” Giorni modella e fonde sculture attorniato dai famigliari, amici scultori ed ex allievi.
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l'artista al lavoro nel suo laboratorio |
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l'artista con Vittorio Sgarbi |
martedì 26 marzo 2019
Visti al museo (174) - Censini

Segnaliamo un importante appuntamento per l'artista Giuliano Censini, da
decenni protagonista al Premio Fighille e presente nel nostro piccolomuseo con due
opere.
Dal 23 marzo al 14 aprile 2019 esporrà presso la sua piu' recente produzione presso lo studio Cantini a Pontassieve nell'ambito della mostra personale intitolata "ITINERARI"
lunedì 25 marzo 2019
domenica 24 marzo 2019
venerdì 22 marzo 2019
giovedì 21 marzo 2019
I quadri parlano.. (di Franco Ruinetti)
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Ruinetti al piccolomuseo di Fighille....visto da Man |
Il PiccoloMuseo è un punto di riferimento dell'arte
militante perché raccoglie il fior fiore degli autori nazionali che si sfidano
nei concorsi. “Piccolo” non è più. Sarebbe l'ora di ribattezzarlo col nome di
“Museo del Pozzo”. Un pizzico di bizzarria non guasta nel campo dell'arte.
Io, questa istituzione, l'ho vissuta e la vivo quando
la ripenso.
Mi intrattengo con i quadri esposti, con i ricordi, con le foto dei
cataloghi. Rivedo gli amici Bardeggia e Rinaldini, passati altrove, che
continuano a destare emozioni con i colori ora altisonanti, ora velati, ora
sotterranei. L'uno stimava l'altro, ma non poteva inchinarsi, erano ambedue
primi, con linguaggi, stili diversi. L'arte e certi artisti vincono contro il
tempo, non ne rispettano i confini.
Vedo quel quadro di Lima Amissao, persona mite, dal
sorriso acceso di luce. Rappresenta uno scorcio realistico disperso in un
ultimo giorno dell'anno triste e piovoso. Mi parla a larghe note della
nostalgia, che batte dentro, per la sua Africa assolata, giovane, amara.
Vado avanti, senza seguire alcun ordine né alfabetico,
né di merito, a braccio, con immeritate dimenticanze.
Incontro un dipinto di Nannucci, anche questo
liberamente figurativo. Racconta la fine dell'estate. Lo sento, ci sono dentro.
M'illudo che la bella stagione tardi a tramontare, ma le rondini sono partite
per un'altra primavera. E io sarei andato con loro. Non importa dove.
Belli quei ciliegi biancovestiti di Mario Massolo, che
non per niente ha vinto ripetutamente il primo premio al concorso di Fighille.
Cadono copiosi, a pioggia, i loro fiori accarezzati dalla brezza, sull'erba
dolcemente per non far rumore. Belli nel raccoglimento intatto trascorso da una
preghiera recitata con la mente.
Nel museo, che sarebbe più appropriato dire
pinacoteca, la maggior parte dei quadri si può inserire nell'ambito del genere
'figurativo', che non è speculare, ma personalizzato dalla singolare impronta
di ciascun artista. Un olio su tela di Sangalli, suggestivo, propone alcune
case di Fighille e sullo sfondo il monte, immersi in una atmosfera e distesi su
scivolate azzurre stemperate nel celeste. Questo lavoro mi rammenta l'episodio
di Cecco Beppe quando chiese ad un artista perché aveva fatto il prato azzurro
e quello spiegò che lo vedeva così. L'imperatore rispose che allora non doveva
fare il pittore. Ma non aveva ragione, come non l'aveva chi, molto dopo, parlò
di arte degenerata.
A volte capita che mi balzi in mente insistente quel
rosso ora intenso come brace accesa, ora commisto ad una nuvola rada, scandito
nel quadro in riquadri, di Jeanne Dettori, dal titolo “Mirage 9”. Non ha
parole, è un cosiddetto astratto, rappresenta, per me, un ordito musicale. C'è
il tamburo dal suono denso, cupo, che ha risonanze nel petto, mentre di sopra
volano a distesa le note del clarinetto. C'è sangue e vita.
Mi si presentano le donne. Ovviamente quelle attaccate
ai muri, dei dipinti. Sono sovente protagoniste. La vista indugia sul disegno
di un nudo sfacciato, ma vestito di venustà e di indifferenza. E' di Gianni
Mastrantoni. Il titolo non ce l'ha perché non ha importanza.
Eccole, quelle di Gianni Gueggia, sono la quintessenza dell'eleganza
formale culminante sulle dita semiaperte, articolate delle mani, sui menti
aguzzi, sulle piccole bocche. Sono Veneri celesti intoccabili e
irraggiungibili.
Mentre le donne di Gianni Gueggia si avvertono
concrete, sembra di averle incontrate da qualche parte. Risultano interpretate
da un talento che non si sofferma sui dettagli. Mani grandi, teste tonde. I
colori sono di uno spartito vigoroso. Le bocche appaiono chiuse eppure ti
chiamano e sorridono, chiedono amicizia. Strane figure. Si vorrebbe conoscerle
meglio.
Singolari le vele di Luciano Filippi. Salgono oltre la
tela, lassù in alto, trasparenti sospiri del colore. Sono la poesia del mare e
del cielo. Mentre il sole non tramonta sui paesaggi di Secondo Vannini, che
cantano “Romagna mia” a piena voce.
I quadri parlano a tutti, in tutte le lingue, ad
alcuni di più, ad altri meno. Importante è saper vedere, che, come asseriva De
Goncourt, è il lavoro più lungo.
Mi passa davanti un lavoro di Giovanni Cagili. Lo
fermo per una pur breve conversazione. L'ispirazione nasce dal paese di
Anghiari, alto sulla collina e nella mente. Sembra volermi dire che la verità
oggettiva è più bella quando si arricchisce con gli apporti della fantasia.
L'avvento della fotografia mandò in crisi la pittura,
ma fu un bene, da allora molti artisti del pennello si sono allontanati più o
meno dai modelli o soggetti. A metà strada tra la rappresentazione classica e
la piena libertà inventiva c'è anche Franco Cartia con “Le grandi finestre sul
lago”. Sullo sfondo si affermano decisi
i profili di alcune costruzioni, mentre sulla ribalta del primo piano insistono
motivi multiformi illeggibili. L'armonia cromatica unisce saldamente il tutto.
Ma cosa mi racconta questo lavoro? Mi suggerisce che è bello vivere, è bello il
mondo anche se, in gran parte, siamo immersi nell'inconoscibile.
E c'è Enzo Maneglia con i suoi “scatoloni”, le
vignette, le caricature, che ha sempre pronto lo scatto dell'umorista di razza.
Devo dire poco di lui perché temo, come i suoi politici, cardinali e altri
personaggi-pupazzi, d'essere preso per il naso e finire in un cassonetto per
venire smaltito.

Franco Ruinetti
mercoledì 20 marzo 2019
Visti al museo (173) - D'Ambrosi

Fra
i protagonisti dell'importante mostra collettiva "ARTeSPORT" che si svolgerà a Castel d'Ario (Mantova) presso la Casa Museo Sartori (dal 17 marzo al 14 aprile 2019) si segnala la presenza dell'artista Diego D'Ambrosi presente nella collezione pubblica del Piccolomuseo di Fighille.
Le sessantasei opere d’arte,
raccolte in questa significativa rassegna dedicata allo “Sport”, sono
state realizzate a partire dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso
fino ai nostri giorni, dagli artisti italiani: Baglieri Gino,
Baldassin Cesare, Bedeschi Nevio, Benghi Claudio, Bianco Lino, Bongini
Alberto, Businelli Giancarlo, Calabrò Vico, Campanella Antonia, Capraro
Sabina, Castagna Angelo, Castellani Claudio, Cocchi Pierluigi, Colacitti
Pasqualino, Costa Piero, D’Ambrosi Diego, Davanzo Walter, Della Valle
Marcello, De Micheli Gioxe, Denti Giuseppe, Desiderati Luigi, Dugo
Franco, Faccioli Giovanni, Ferraris Giancarlo, Fonsati Rodolfo,
Frisinghelli Maurizio, Galbusera Renato, Garuti Giordano, Gravina
Aurelio, Guala Imer, Lo Presti Giovanni, Luchini Riccardo, Macaluso
Elisa, Mafino Beniamino, Martino Maurizio, Masserini Patrizia, Merik
Milanese Eugenio Enrico, Miano Antonio, Molinari Mauro, Morra Rosario,
Musi Roberta, Mutto Alessandro, Nastasio Alessandro, Nigiani Impero,
Orlandini Fabrizio, Paggiaro Vilfrido, Pauletto Mario, Pieroni Mariano,
Piovosi Oscar, Pirondini Antea, Previtali Carlo, Prinetti Silvana,
Romani Maurizio, Romilio Nicola, Rossato Kiara, Sauvage Max, Scano
Giorgio, Scotto Aniello, Settembrini Marisa, Setti Maurizio, Togo,
Valentinuzzi Diego, Vasconi Franco, Venditti Alberto, Zangrandi
Domenico, Zoli Carlo.
martedì 19 marzo 2019
Primo amore (by Franco Ruinetti)
PRIMO AMORE
Il mondo corre veloce e gli anni hanno sempre più fretta. Io no.
Allora mi siedo, affondo in una vecchia poltrona in un angolo della casa che mi
pare dimenticato, nella penombra, per fermare il volgere del tempo padrone
della vita e non della morte. Vorrei sgombrare la mente, fare pulizia, ma è
impresa ardua, faccio lunghi respiri, chiudo gli occhi, resto fermo, vorrei
diventare insensibile, come un mobile in soffitta. Ben presto m'arrivano
pensieri e idee da ogni latitudine. Mi vedo sotto le coperte, quando aspettavo
la befana, poi precipito a quando busserò alla porta dell'infinito, che si
aprirà da sola, senza le cellule fotoelettriche. Le immagini arrivano a galla,
si fanno largo a gomitate, sfollano, tornano di nuovo. Quella della Rosanna si
afferma, mentre le altre sfumano. Mi ritrovo al tempo della scuola media,
addirittura a quando frequentavo la prima classe. La ragazza aveva le labbra
rosse, come un bel fiore e gli occhi neri, ma quelli allora non mi dicevano
niente. Spesso, alla fine delle lezioni, la accompagnavo a casa e, al suo
fianco, mi sentivo più grande. Si parlava delle interrogazioni e dei compiti.
Ero contento come quando la mia mamma faceva le patate fritte e mi fregavo le
mani. Però era un'altra cosa: molto meglio. Allora non mi rendevo conto,
spuntava l'alba di una favola, di un giorno che non avrei vissuto. Era un
lunedì. Nel pomeriggio della domenica appena trascorsa avevo visto al cinema il
lungo bacio del protagonista alla sua amata. La scena mi aveva colpito: quello
ero io. Così, accompagnandola, le dissi:
“Ti devo dare una cosa.”
“Che cosa?”
Superato il portone di casa, che era un grande
palazzo, raccolsi tutto il coraggio e:
“Voglio darti un bacio.”
Mi guardò con quelle pupille nero china:
“Perché?”
“Ti amo, lo so da ieri.”
Glielo detti, le dissi 'Grazie', poi scappai. Fu un'esecuzione
disordinata, quel bacio non poteva essere professionale e, come la prima
sigaretta, non mi piacque. In seguito avevo voglia di rivederla, ma mi mancava
l'ardire perché ero fuggito senza dirle niente, avevo fatto una figura
meschina. Poi gli anni passarono in fretta, travolti dal
lavoro e dagli altri impegni, in primis quello familiare. Talvolta la
ricordavo, mi veniva la voglia di sapere come il tempo si fosse comportato con
lei, che certamente non avrà dimenticato quel bacio, primizia incosciente e
acerba. Quando mi sistemo più comodo nella poltrona, riemergo al presente e i
quadri sulla parete di fronte mi parlano di amici cari, perduti: Leporesi,
Rinaldini, Bardeggia, che continueranno a dipingere anche lassù, con i colori
dell'arcobaleno. Sono di nuovo errabondo, veloce come i lampi, mi ritrovo qua e
là, nelle lontananze estreme. Vado e vengo. Saltano all'attenzione avvenimenti
che non vorrei rivedere. Erano dettati dalle lusinghe del demonio. Schivo tali
motivi infelici. Il fluire della coscienza porta folate di foglie secche, Joyce
mi ronza nelle orecchie, fa sgambetti alla sintassi e alla logica. Ecco: mi
riappare il manifesto funebre con la sua fotografia. Le labbra non sono più quelle
di allora, ma rimango colpito dagli occhi che ora mi guardano dentro. Quel
bacio incerto è ancora in boccio: amore dolce limpido silente. E mi sono fatto
la convinzione, se è vero che nulla va perduto, che lei è là ad aspettarmi
dietro la porta del mondo nuovo, dove finisce la materia e il tempo non corre
più. Le sue membra sono solo luce, con i lampi delle pupille. Mi viene incontro
mentre porge la mano per accompagnarmi. Chissà dove.
Franco Ruinetti
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