mercoledì 24 gennaio 2018

La morte di Mario Baragli

E' morto a Sansepolcro l'artista Mario Baragli, figura di spicco e punto di riferimento per l'arte in Valtiberina. Gli rendiamo omaggio riproponendo questo testo critico realizzato qualche anno fa da Franco Ruinetti.
 

Non c'è pittura senza il disegno” scrisse Annigoni nel suo Diario  e questa verità, anzi questo assioma si evidenzia nelle opere pittoriche di Mario Baragli, il cui segno è attento, dice tutto della realtà che rappresenta ed interpreta senza alcun cedimento al calligrafismo. Si svolge fluido, spontaneo, facile come il respirare. E' sempre rispettoso del soggetto perché l'autore ha una cultura saldamente radicata nella classicità, non avverte l'urgenza di procedere oltre l'apparire e la tradizione. 
Il genere, se vogliamo definirlo, cosa tra l'altro non necessaria, è, a pieno titolo,  'figurativo',  però ogni classificazione risulta limitativa, d'altronde, in diverse sezioni dei lavori perfino l'astratto viene alla mente, come ad esempio guardando le articolazioni dei rami spogliati dall'inverno (Quercia a Montevicchi, 2005) oppure soffermandoci sulle ombre frastagliate e distese in uno specchio d'acqua (Riflessi sul Tevere, 1997) che sembra nascondano memorie smarrite e ricordano la casualità di Pollok, la dinamica gestuale di Vedova.

Riflessi dul Tevere  - 1997 - cm 36x36
Il disegno, rapido, coglie la prima luce dell'ispirazione e resta la base del dipinto; è la traccia di un embrione generalmente coperta dal colore, ma che un occhio esercitato riconosce nelle proporzioni, nell'equilibrio della composizione. L'intera produzione artistica di Baragli è la riprova di una appropriata, felice agilità disegnativa.

Baragli dipinge dal vero. I paesaggi, frequenti, sono realizzati o almeno impostati all'aria aperta, sul posto. Molti gli acquerelli. Per essi ha conseguito premi e riconoscimenti anche all'estero. Certe declinazioni della luce, trasparenze e velature parlano di sensibilità e talento rari, che invitano a restare. Le vedute per le quali si avvale di questa tecnica sono  eteree, quasi levitanti, mentre gli scorci eseguiti con il linguaggio dell'olio hanno una maggiore concretezza e tuttavia sono ugualmente interessanti. Di norma le cromie  non salgono alle vertigini degli acuti ed è pur bello perdersi nelle mescolanze e nelle loro dissolvenze.

Si può dire che i motivi rappresentati sono  familiari, appartengono all'esperienza comune delle genti del luogo. I dipinti parlano dei panorami che si stendono sulla vallata, della cittadina di Sansepolcro sotto un manto di neve, delle fiere di mezza quaresima e così via.

La pratica di pitturare all'aperto evoca il grande capitolo dell'impressionismo, ma con esso il Nostro ha in comune solo la fedeltà al vero e l'esigenza di andare fuori, lasciare i muri di casa. Quel movimento di fine '800, che ha prodotto una straordinaria rivoluzione culturale è una festa smagliante di colori (Jean Cassou). Gli acquerelli e gli oli di Baragli, invece, non fanno chiasso. Ogni suo paesaggio è uno stato d'animo. Egli è un intimista.

I paesaggi, le tante nature morte, che sembrano riposte nei segreti della solitudine, conducono nelle alture del silenzio. E sul greto del torrente, come nell'oblio di una mulattiera, in un girotondo di bambini, sulle brocche di rame o di terraglia, sui vetri sparsi di un fiasco rotto si avverte qualcosa di magico. Che è poesia.

Nevicata - 1985 - cm 34x25
Nei rami nudi e tortuosi di una pianta e nei grovigli del sottobosco (Quercia a Santarsa, 1988)  insiste un fascino, si direbbe arcano della realtà. Motivi come questi potrebbero facilmente indurre a considerare la natura sofferente. Invero l'intonazione generale non è disperante. La bellezza lega alla vita. Si ha l'impressione che l'arte si rivolga al tempo perché produca una sosta, nella quale fermare e rappresentare l'emozione. Ciascuno scorcio e panorama è intensamente vissuto. Di essi restano sulle tele i ricordi, lembi del passato, con l'alone della nostalgia. 

Quercia a Montevicchi, Gennaio - 2005 - cm 37x37
Mario Baragli è un conversatore che apprezza la compagnia. E' un cultore della parola, il suo dire è  rappresentativo,  conciso, piacevole senza perdersi nei rivoli, però ama anche restare da solo, nel suo studio, fucina dell'arte oppure sotto i cieli delle stagioni.

Riconsideriamo le cosiddette nature morte. Sono tante e offrono combinazioni, composizioni, soggetti diversi e di varia natura. Ogni quadro pare presenti un angolo della casa, forse della soffitta, dove sostare immersi nella luce morbida, accesa in qualche accento sulle rotondità della frutta o dei metalli, che brilla brevemente quando incontra le superfici curve di bicchieri o bottiglie di vetro.

Lepre e beccacce - 1998 - cm 60x70
Nel settore delle nature morte si annoverano i molti dipinti sulla cacciagione. Ecco Lepre e beccacce (1998) appesi per le zampe ad un sostegno, Starne (1987), Germani reali (1992) e molti altri volatili. Di certo chi è avverso alla caccia potrà storcere il naso, ma al proposito è giusto rammentare il Bove squartato di Rembrandt, “Così ingrato come soggetto, così ammirevole come pittura” (Marangoni). Quegli sfondi neutri, dai colori aeriformi commisti, inducono ad orientare l'attenzione sugli argomenti protagonisti, sugli spenti animali dai piumaggi quali vesti fatte con suggestive armonie cromatiche.

Quercia a Santarsa - 1988 - cm 36x36
Infine riconsideriamo i paesaggi e tra essi quelli delle nevicate. Baragli con tali opere rivive e sa farci rivivere intatti gli stupori di quando eravamo fanciulli. Il suo bianco è un silenzio immenso, tensione verso la purezza, luce incantata di un mondo surreale, con l'orizzonte vicino, indecifrabile, come se nascondesse il dopo.

Note sull'artista:
Mario Baragli nasce a Sansepolcro (Arezzo) il 25 febbraio 1919. Muore nel gennaio 2018.
Un anno dopo aver conseguito la maturità classica, si arruola nell'esercito. E' il 30 agosto 1919. Di lì a un giorno scoppia la seconda guerra mondiale che lo vedrà impegnato in prima linea come tenente del 183° Reggimento Paracadutisti “Nembo”, poi Gruppo Combattimento “Folgore”. Quando nel 1945 ottiene il congedo, ha già conseguito la laurea in giurisprudenza che gli permette di esercitare fin da subito la professione di avvocato. Durante i suoi 50 anni di attività legale, Baragli si impegna attivamente anche in politica: ricopre l'incarico di Sindaco di Sansepolcro dal 1946 al 1950 e quello di Consigliere provinciale per quattro legislature. Fin da giovanissimo si dedica alla pittura, allestendo la sua prima mostra nel 1945. Da allora le sue opere sono state esposte in numerose esibizioni, in Italia e all'estero. In particolare si ricorda la sua partecipazione nel 1993, unico artista italiano, all'annuale “Summer Open Exibition” di Londra, organizzata dalla Royal Watercolours Society, presieduta dalla Regina d'Inghilterra.